Sunday, July 27, 2008

SOMMACAMPAGNA. Si cerca alla pieve la dea Leituria

SOMMACAMPAGNA. Si cerca alla pieve la dea Leituria
Lorenzo Quaini
Sabato 26 Luglio 2008 L'ARENA

Studi su una scritta per decifrarne il significato

L’archeologo Vandelli ipotizza che la lapide sia dedicata alla Madonna del latte

Il presidente dell’archeoclub di Verona, Giorgio Vandelli, ha visitato la millenaria pieve di sant’Andrea al cimitero. «Sono venuto a rivedere e riammirare una lapide (o ara) latina del 38 a.C. che riporta una dedica alla dea Leituria, dea misteriosa perchè mai citata altrove. È ritenuta una dea retica (dei popoli Reti) e, oppure, Diana. Sin dagli anni Novanta, l’archeoclub Italia aveva cominciato ad esaminare accuratamente la suggestiva pieve. Alcuni soci guidati da me e da Alberto Leoni, presidente dell’archeoclub di Sommacampagna, avevano notato che negli antichi superstiti affreschi c’era un’anomala concentrazione di Madonne con bambino: ben sei di cui due allattanti. Parere unanime fu che Leituria non fosse Diana ma la versione cristiana dell’antica dea madre pagana. Credo che le due Madonne del latte debbano avere un significato più specifico. Forse il nome Leituria aveva un significato da decifrare».
Recentemente Vandelli ha ipotizzato che non fosse una dea retica e nemmeno veneta, ma che Leituria fosse la trascrizione latina di un teonimo gallo-cenomane degli abitanti in zona. Ha ipotizzato anche che tracce della loro lingua siano passate nel francese attuale. «Con queste premesse», ha proseguito Vandelli, «la soluzione è stata istantanea. Leit è il lait (leggere "le") francese; tur è il tour (leggere "tur"). Completando risulterebbe dea (madre) dispensatrice del latte. La perdurante ed atavica devozione delle madri ha trasformato Leituria nella cristiana Madonna del latte. Ma una Madonna a seno scoperto spesso non è stata ritenuta decorosa e non è entrata in chiesa. Però la devozione popolare ha provveduto in proprio erigendo edicole, capitelli o semplici pitture murali. Esemplare è la Madonna del latte di Bardolino. Nella zona del lago quasi ogni paese ha una Madonna del latte».
Vandelli ha iniziato un censimento per verificare se in Italia le più antiche immagini di Madonna del latte siano maggiormente diffuse in regioni già galliche. Per il Friuli, zona dei galli carnuti (ora Carnia) Vandelli segnala che il maggior santuario, quello della Madonna di Castelmonte, ha una Madonna del latte scolpita sulla facciata. Vandelli chiede collaborazione per avere al suo numero (0457551528) segnalazioni utili per la ricerca.

Wednesday, July 23, 2008

La vita ci appartiene!

Il dibattito vita/morte, testamento biologico, accanimento terapeutico e eutania diviene ogni giorno sempre più attuale.
Abbiamo sempre pensato che la vita appartenga alle persone, e che ogni persona possa disporre liberamente della sua esistenza. Le religioni monoteistiche, oltre ad aver inventato un dio creatore, follemente sostengono che la vita appartine al loro inventato dio. Noi non siamo dei burattini in loro mano. Per questo motivo, e per seguire il dibattito su a chi appartenga la vita è nato il blo:
http://lavitaciappartiene.blogspot.com
Il blog informerà su quanto viene scritto su questo tema.

Sunday, July 20, 2008

Ginevra. Scolpire il passato

Corriere della Sera 20.7.08
Ginevra. Scolpire il passato
di Andrea Genovese

Pietra, legno, ceramica, metalli preziosi, marmo. Dal neolitico ai primi secoli della nostra era, dalle caverne ai palazzi mesopotamici, dalle steppe scitiche agli altipiani iraniani, dall'Egitto al Vietnam, dalla raffinata civiltà villanoviana a quella etrusca e romana, nella sua lunga marcia verso l'al di là o il nulla eterno, l'uomo ha modellato la materia bruta elevandola a simbolo, testimonianza, creazione (cosciente o meno) artistica. La collezione d'opere antiche Barbier- Mueller è nota in tutto il mondo; con i 250 capolavori, moltissimi mai esposti, ci si interroga sulle intenzioni secolari o religiose che li hanno ispirati. Quale Picasso ha scolpito, durante il terzo millennio a.c., in Sardegna la testa di Ozieri, nelle Cicladi la figurina in forma di violino?
Si resta di marmo.
IL PROFANO E IL DIVINO Ginevra, Musée d'art et d'histoire, sino al 31 luglio. Tel. +41/224182600 Testa romana del I sec. a. C.

Saturday, July 19, 2008

ISRAELE: CONSIGLI ALLE RAGAZZE, NIENTE RAPPORTI CON I BEDUINI

ISRAELE: CONSIGLI ALLE RAGAZZE, NIENTE RAPPORTI CON I BEDUINI

(ASCA-AFP) - Gerusalemme, 1 lug - Alle studentesse di una cittadina del sud di Israele e' stato detto di non avere rapporti con i beduini. E' successo in una scuola di Kiryat Gat, citta' alle porte del deserto Negev.

Tuttavia, l'uomo che ha ideato il programma di educazione sessuale e che ha fatto vedere alle ragazze un video esplicativo chiamato ''Dormire con il nemico'', ha insistito che non c'e' nulla di razzista nelle sue intenzioni.

''Io lo paragono ad una gita al mare. Se c'e' la bandiera nera che indica pericolo e divieto di balneazione non ci si deve tuffare. Con i beduini e' lo stesso, sono pericolosi'', ha detto all'Afp Chaim Shalom, un operatore sociale al lavoro in una scuola pubblica di Kiryat Gat.

Il programma e' sovvenzionato dall'amministrazione comunale e dalla polizia della citta'.

''Se i beduini che escono con le ragazze le volessero sposare non avrei nulla da ridire, ma non e' questo il caso.

I beduini le abbandonano una volta che le ragazze sono rimaste incinte. Inoltre, ci sono diversi casi di stupro e due donne sono state bruciate ed uccise - ha proseguito Shalom - Ricoprono le ragazze di regali. Gioielli, cellulari, vestiti. Ma non e' tutto oro quello che luccica''.

Anche nella tradizione islamica, i beduini non hanno una buona fama. Troppo attaccati ai propri valori ed al nomadismo, i beduini sono tacciati di essere dei musulmani ''tiepidi'' che tornerebbero al paganesimo alla prima occasione. (Piu'Europa).

reds

Friday, July 18, 2008

L’arma dei Masai contro l´Aids il mistero delle erbe magiche

La Repubblica 18.7.08
L’arma dei Masai contro l´Aids il mistero delle erbe magiche
di Alessandra Viola

In uno sperduto villaggio della Tanzania alcuni guaritori curano con foglie e radici E qualcuno giura di aver sconfitto anche il cancro. Adesso l´Italia studia quelle piante
Sotto esame 41 germogli e cortecce conservati da cinque "stregoni"
Il ministero degli Esteri ha allestito un laboratorio con l´aiuto del governo e l’università locale

NGARENANYKI (TANZANIA) Sembra un cellulare che trilla lontanissimo. Un suono familiare, eppure talmente incongruo nel cuore della Tanzania e di questa savana gialla e polverosa in cui rumoreggiano solo le capre, che pensi di essere colto da un´allucinazione. Intorno alla capanna alcuni ciuffi d´erba secca si piegano silenziosi nel vento caldo, e nell´aia persino i bambini sono ammutoliti dal tormento delle mosche. Eppure avvicinandoti all´abitazione giureresti che sia proprio un telefonino che squilla, anche se il suono artificiale si diffonde malamente nella stanza col pavimento di terra battuta in cui Elias sta ricevendo i suoi pazienti, seduto dietro a un tavolo ingombro di barattolini di plastica.
È venerdì, giornata di visita, e la stanza è stipata di gente. Sono donne, uomini, bambini, arrivati a piedi anche da molto lontano, malgrado tutti siano malati. Arusha, la terza città della Tanzania, poco più che qualche sbaffo d´asfalto costeggiato da edifici di cemento e pochi alberi, dista in auto oltre due ore. Ma qualcuno è arrivato anche da lì, come una donna con il suo bambino, entrambi sieropositivi. La fama di Elias, il guaritore più noto del villaggio di Ngarenanyki, uno dei traditional doctors che a partire dal 2002 sono stati ufficialmente riconosciuti dal governo della Tanzania e ammessi ad esercitare la loro professione alla luce del sole, è giunta fino in città. «Posso curare la malaria, il diabete, l´asma, il cancro e anche l´Aids», assicura in un dialetto swahili questo masai alto e dinoccolato. Vestito di stoffe colorate, le orecchie bucate e le guance scavate da due grandi cerchi che indicano la sua appartenenza alla tribù dei pastori, non ha esattamente l´aspetto di uno specialista dal quale andresti a farti curare il cancro, e forse nemmeno un raffreddore. Eppure ogni settimana decine di persone vanno a trovarlo per chiedergli aiuto, e tra loro anche alcuni occidentali.
Una terapia per il cancro e l´Aids a base di foglie, cortecce e radici? Tutto è talmente inconcepibile che quando Ze-Elias, come lo chiamano qui, estrae un cellulare ultrapiatto di ultima generazione, in realtà ci si stupisce appena. È la Tanzania: un paese in cui modernità e tradizione convivono nel rispetto reciproco, in cui 120 diverse tribù e una decina di religioni danno luogo a una pacifica repubblica presidenziale e in cui guaritori tradizionali e medicina moderna collaborano per migliorare il servizio sanitario nazionale, scambiandosi i pazienti per diagnosi e terapie. «Devo andare», si scusa Elias finita la telefonata, indicando un punto lontano, dietro al monte Meru. Oltre il suo dito, a una distanza moltiplicata da buche e fango, sassi e torrenti da passare al guado, avvolto da una foresta tropicale fresca e verdissima, c´è il villaggio di Ngongongare. Lì la cooperazione italiana ha costruito e attrezzato un laboratorio di ricerca, con tanto di stanze per i ricercatori e collegamenti wi-fi, coinvolgendo la comunità locale, le università e il governo della Tanzania. Obiettivo: catalogare e salvaguardare le piante usate dai guaritori tradizionali creando una piccola attività commerciale, un vivaio gestito dalle donne del villaggio in cui coltivare e vendere le piante che oggi i guaritori raccolgono in natura, percorrendo anche centinaia di chilometri. Elias è uno dei cinque esperti selezionati dal progetto finanziato dal nostro ministero degli Esteri e portato avanti congiuntamente da Cins (Cooperazione Italiana Nord Sud) e Aaf (Associazione Africa Futura). Insieme a lui ci sono Leizar, un altro masai, e tre donne: Mama Mathilia, Mama Lucy e Mama Fatume, nota agli ospedali di mezza Tanzania per la sua ricetta delle 41 piante capace, dicono, di curare l´Aids.
Nei verdi germogli del vivaio di Ngongongare infatti c´è molto più che un piccolo business di villaggio: c´è la potenziale soluzione dell´Africa ai suoi più gravi problemi. Perché i rimedi capaci di curare l´Aids o il cancro, se esistono, valgono cifre inestimabili. «Prima di vedere i test ero molto dubbioso sulle capacità di questi medici tradizionali e pensavo che le guarigioni fossero dovute a suggestione - afferma Josih Tayali medico e docente dell´università di Arusha coinvolto nel progetto - ma mi sono dovuto ricredere sia sulle loro capacità diagnostiche che su quelle curative: scelgono piante che contengono gli stessi principi attivi utilizzati in farmacologia, e anzi ne usano direi più di quanti ne conosciamo. Molti guaritori sono analfabeti, ma hanno nozioni approfondite di anatomia e fisiologia: conoscono gli organi e il loro funzionamento e sono in grado di diagnosticare anche malattie complesse, tra cui alcune forme di cancro. Ormai persino gli ospedali consigliano ai pazienti terminali di rivolgersi ai guaritori. È una pratica non ufficiale, ma molto diffusa».
Tayali sta studiando il caso di due sieropositivi che si sono rivolti a Mama Fatume poco dopo essersi ammalati di Aids. In 3 mesi il virus è regredito, il CD4 (un indicatore delle difese immunitarie) è salito da 400 a 750 e le persone stanno di nuovo bene. E se le 41 piante di Fatume (o le due di Elias, gli unici guaritori che si dicono in grado di curare l´Aids, mentre gli altri lamentano di non aver trovato la cura adatta) fossero davvero capaci di produrre dei risultati? «Se muoio porto la mia conoscenza con me - dice Mama Fatume - ma se la divulgo perdo il mio lavoro. Non so decidere cosa fare. Per ora ho scelto una via di mezzo: non ho consegnato le mie piante all´università di Dar Es Salaam, che me le chiede da molto tempo per analizzarle. Però le ho date agli italiani, che hanno firmato delle carte in cui dicono che se dalle mie piante si può ricavare una medicina io avrò molti soldi, nessuno potrà rubare la mia ricetta e potrò anche continuare a lavorare».
«Le 41 piante di Fatume ora sono in Italia - dice Paola Murri, coordinatrice del progetto - ma il nostro coinvolgimento non prevedeva fondi per questo tipo di analisi. Si cerca quindi una struttura che effettui gratuitamente i rilievi (lo hanno già fatto per altre piante il Cnr, l´università di Firenze e quella di Pavia, ndr), per poi lasciare in ogni caso al governo della Tanzania i benefici di ogni scoperta».
Per il progetto sono stati spesi oltre due milioni di euro. Fino a qualche tempo fa l´Occidente ricco, con una cifra del genere, finanziava una parte del suo senso di colpa, ma oggi le cose sono cambiate. Oggi, i risultati economici di una ricerca scientifica possono diventare un´opportunità per tutti.

Saturday, July 12, 2008

CIPRO:SCOPERTA ANTICA TAVOLETTA CON MALEDIZIONE SESSUALE

La repubblica, 11 luglio 2008
CIPRO:SCOPERTA ANTICA TAVOLETTA CON MALEDIZIONE SESSUALE

Una tavoletta in piombo con una maledizione a sfondo sessuale e' stata scoperta dagli archeologi nel sito del Regno di Amathus, sulla costa meridionale di Cipro. Secondo il capo della Scuola archeologica di Atene, il francese Pierre Aubert, il reperto, risalente al settimo secolo dopo Cristo, dimostra che quando l'isola era gia' stata convertita al cristianesimo sopravvivevano pratiche di stregoneria e sciamaneria dell'era pagana.

Friday, July 11, 2008

BOLOGNA - Amico Aspertini - Riaffiorano gli affreschi degli dei

BOLOGNA - Amico Aspertini - Riaffiorano gli affreschi degli dei
PAOLA NALDI
VENERDÌ, 11 LUGLIO 2008 LA REPUBBLICA Bologna

Da una stanza di Rocca Isolani a Minerbio dopo quattro secoli tornano alla luce figure allegoriche, ancora da interpretare, del grande pittore

Gli storici dell´arte lo sapevano e in particolare Daniela Scaglietti Kelescian fin dai suoi primi studi giovanili ci credeva: dietro a quello strato di intonaco nella stanza della Rocca Isolani di Minerbio ci dovevano essere altre tracce del genio di Amico Aspertini, l´artista che operò tra ‘400 e ‘500 a cui sarà dedicata la prima grande mostra monografica il prossimo settembre in Pinacoteca, promossa da Comune di Bologna e Soprintendenza. Ed eccoli quindi gli affreschi, tornati alla luce dopo quattro secoli di buio, riscoperti grazie a lavori di restauro, avviati proprio in occasione dell´evento. Un´intera stanza decorata con toni monocromi di figure allegoriche, disposte su un doppio piano di altezza: in basso un gruppo appoggiato a tavoli, da cui pendono lenzuola o forse tovaglie; sopra, incuneate nelle lunette, altri personaggi rilassati, quasi fossero addormentati.
Andrea Emiliani, curatore della mostra insieme a Daniela Scaglietti, nel presentare la scoperta lo ha sottolineato: «la storia dell´arte con questa esposizione crescerà e gli affreschi e i dipinti di Aspertini si preparano a raccontarci delle cose nuove». A testimonianza della volontà di costruire non un evento clamoroso ma effimero quanto piuttosto una mostra che lasci traccia nella memoria e nel territorio. I lavori di restauro sono partiti lo scorso autunno con saggi di indagine, iniziati proprio in corrispondenza del volto di una delle figure più importanti, «Bacco», con la brocca in mano, una delle poche riconoscibili iconograficamente. Per il resto capire chi sono e cosa fanno questi personaggi rimane un mistero. La stanza si chiama «di Marte» perchè nel soffitto, visibile da sempre nella sua bellezza, compare appunto il dio-guerriero. Ma quale storia raccontino le nuove figure ancora non si sa: oltre a Bacco compare la figura della «purezza» con a fianco un unicorno; altri uomini sono armati; altri personaggi invece sono ancora anonimi.
Un piccolo-grande enigma della storia dell´arte che si spera risolvere in tempo utile per l´inaugurazione della mostra perchè il percorso espositivo, oltre alle stanze della Pinacoteca, avrà appendici appunto a Minerbio e in altre località della provincia e fuori regione. Ma le decorazioni ritrovate hanno un´altra particolarità: sono l´unico esempio rimasto degli affreschi che l´artista eseguì sulle facciate di molte dimore nobili bolognesi: «Aspertini aveva grande fama di frescante tra le famiglie bolognesi per le quali decorava con grande velocità e destrezza le facciate esterne - commenta appunto Daniela Scaglietti - probabilmente ancora con queste figure incombenti, di grande impatto che si richiamano agli esempi di Giulio Romano a Mantova». E in effetti entrando nella piccola stanza a Minerbio si prova una sensazione quasi di oppressione. Un gusto, «quasi una follia», che probabilmente ad un certo punto di piace più e per questo gli affreschi sono stati coperti o sono stati distrutti.
I restauri, condotti da Adele Pompili, sono stati realizzati grazie al contributo di aziende del territorio (Credibo, Coprob, Rfm, Viabizzuno) e all´impegno del Comune di Minerbio e dei proprietari Gualtiero e Francesco Cavazza Isolani.