Ad Alessandria c'era una donna di nome Ipazia, figlia del filosofo Teone, che raggiunse risultati tali in campo letterario e scientifico da superare di gran lunga tutti i filosofi del suo tempo. Succeduta alla scuola di Platone e Plotino, spiegava i principi della filosofia ai suoi uditori, molti dei quali venivano da lontano per ricevere le sue istruzioni. Grazie alla disinvoltura e alla disinvoltura che aveva acquisito grazie alla coltivazione della sua mente, non di rado si presentava in pubblico alla presenza dei magistrati. Né si sentiva in imbarazzo nel presentarsi a un'assemblea di uomini. Tutti gli uomini, infatti, a causa della sua straordinaria dignità e virtù, la ammiravano di più. Tuttavia, anche lei fu vittima della gelosia politica che regnava a quel tempo. Infatti, poiché aveva frequenti colloqui con Oreste, tra la popolazione cristiana si diffuse la calunnia che fosse lei a impedire che Oreste si riconciliasse con il vescovo. Alcuni di loro, quindi, spinti da uno zelo feroce e bigotto, il cui capofila era un lettore di nome Pietro, la bloccarono mentre tornava a casa e, trascinandola via dalla carrozza, la portarono nella chiesa di Cesareo, dove la spogliarono completamente e poi la uccisero con le tegole. Dopo aver fatto a pezzi il suo corpo, portarono le sue membra maciullate in un luogo chiamato Cinaron e lì le bruciarono. Questa vicenda portò il minimo biasimo non solo a Cirillo, ma anche a tutta la Chiesa alessandrina. E di certo nulla può essere più lontano dallo spirito del cristianesimo del permettere massacri, combattimenti e operazioni di questo tipo. Ciò avvenne nel mese di marzo, durante la Quaresima, nel quarto anno di episcopato di Cirillo, sotto il decimo consolato di Onorio e il sesto di Teodosio [415 d.C.]".
Storia ecclesiastica (VII.15)