La Repubblica 16.9.09
Così la musica vinse la sfida con la parola
I neurologi: fu la prima forma di linguaggio
"I segreti della comunicazione svelati da un´area del cervello e dal Boléro di Ravel"
di Carlo Brambilla
MILANO - Il linguaggio verbale, fatto di parole e il linguaggio musicale, fatto di suoni, hanno un antenato comune, il "musilinguaggio". I primi uomini avrebbero comunicato tra loro le emozioni con versi musicali. Solo successivamente le due forme di espressione si sarebbero evolute, separandosi e sviluppando diverse e autonome sintassi. Di questa tesi affascinante e più in generale del rapporto tra pensiero musicale, emozioni, cervello e linguaggio, alla luce delle più recenti scoperte nel campo delle neuroscienze, discuteranno oggi neurologi, neurochirurghi, psicologi e musicologi, all´interno di una giornata di studi che si apre all´Università Bocconi di Milano, in collaborazione l´istituto Neurologico Carlo Besta, nell´ambito del festival Mito, Settembre-musica.
Spiega Giuliano Avanzini, neurologo del Besta, docente di neurofisiologia, tra i principali relatori del convegno: «Esistono strumenti musicali a fiato, dei flauti, che risalgono a più di 45 mila anni fa, quando il linguaggio verbale doveva essere estremamente limitato. L´ipotesi che il nostro linguaggio derivi in qualche modo da un linguaggio musicale precedente o che entrambi abbiano un antenato comune mi sembra particolarmente interessante. Le ultime scoperte nel campo delle neuroscienze sembrano avvalorare l´ipotesi. Le due forme di espressione hanno il loro centro privilegiato nella medesima area cerebrale, la cosiddetta area di Broca (dal nome del neurologo francese che l´ha scoperta) poco dietro la fronte. Un´area di convergenza che presenta un elevato numero di neuroni a specchio, particolari cellule cerebrali importantissime per la comprensione dei meccanismi di apprendimento».
Pur avendo un´origine comune musica e linguaggio verbale hanno finito per differenziarsi e seguire percorsi autonomi. Un caso emblematico, che verrà discusso oggi, è quello del grande musicista Maurice Ravel. E della sua grave malattia neurologica, descritta con precisione dai medici curanti, che lo portò alla perdita della parola, ma gli consentì di comporre ugualmente il suo massimo capolavoro, il celebre Bolero. Racconta Giovanni Broggi, neurochirurgo del Besta: «Ravel era gravemente ammalato. Venne anche operato perché si sospettò avesse un tumore al cervello. Ma si trattava di una malattia degenerativa, forse una encefalite. Proprio mentre aveva difficoltà nella parola scrisse il Bolero. Una musica straordinaria, ripetitiva, nella quale un´interpretazione psicoanalitica ha voluto leggere la configurazione musicale di un atto erotico. La prima volta che venne eseguito una dama svenne e Ravel commentò che quella donna aveva veramente capito la sua musica. Ma il neurologo che lo seguiva aveva annotato che nello stesso momento il paziente non riusciva a riconoscere molti accordi musicali. Possibile che abbia composto il suo capolavoro come lo ha composto proprio perché aveva una sensazione distorta della musica»?
Linguaggio verbale e linguaggio musicale. Aree cerebrali in parte sovrapposte, ma in parte autonome. Una caratteristica che viene sempre maggiormente sfruttata nei procedimenti di riabilitazione nei soggetti che hanno perso la parola. È una delle frontiere della musicoterapia che utilizza proprio la musica come strumento di comunicazione non verbale. La musica dà infatti alla persona malata la possibilità di esprimere le proprie emozioni e di comunicare i propri sentimenti. Ottimi risultati si ottengono, per esempio, con i pazienti affetti da autismo, ma anche con i malati di morbo di Alzheimer, demenza, disturbi dell´umore e del comportamento alimentare.
Così la musica vinse la sfida con la parola
I neurologi: fu la prima forma di linguaggio
"I segreti della comunicazione svelati da un´area del cervello e dal Boléro di Ravel"
di Carlo Brambilla
MILANO - Il linguaggio verbale, fatto di parole e il linguaggio musicale, fatto di suoni, hanno un antenato comune, il "musilinguaggio". I primi uomini avrebbero comunicato tra loro le emozioni con versi musicali. Solo successivamente le due forme di espressione si sarebbero evolute, separandosi e sviluppando diverse e autonome sintassi. Di questa tesi affascinante e più in generale del rapporto tra pensiero musicale, emozioni, cervello e linguaggio, alla luce delle più recenti scoperte nel campo delle neuroscienze, discuteranno oggi neurologi, neurochirurghi, psicologi e musicologi, all´interno di una giornata di studi che si apre all´Università Bocconi di Milano, in collaborazione l´istituto Neurologico Carlo Besta, nell´ambito del festival Mito, Settembre-musica.
Spiega Giuliano Avanzini, neurologo del Besta, docente di neurofisiologia, tra i principali relatori del convegno: «Esistono strumenti musicali a fiato, dei flauti, che risalgono a più di 45 mila anni fa, quando il linguaggio verbale doveva essere estremamente limitato. L´ipotesi che il nostro linguaggio derivi in qualche modo da un linguaggio musicale precedente o che entrambi abbiano un antenato comune mi sembra particolarmente interessante. Le ultime scoperte nel campo delle neuroscienze sembrano avvalorare l´ipotesi. Le due forme di espressione hanno il loro centro privilegiato nella medesima area cerebrale, la cosiddetta area di Broca (dal nome del neurologo francese che l´ha scoperta) poco dietro la fronte. Un´area di convergenza che presenta un elevato numero di neuroni a specchio, particolari cellule cerebrali importantissime per la comprensione dei meccanismi di apprendimento».
Pur avendo un´origine comune musica e linguaggio verbale hanno finito per differenziarsi e seguire percorsi autonomi. Un caso emblematico, che verrà discusso oggi, è quello del grande musicista Maurice Ravel. E della sua grave malattia neurologica, descritta con precisione dai medici curanti, che lo portò alla perdita della parola, ma gli consentì di comporre ugualmente il suo massimo capolavoro, il celebre Bolero. Racconta Giovanni Broggi, neurochirurgo del Besta: «Ravel era gravemente ammalato. Venne anche operato perché si sospettò avesse un tumore al cervello. Ma si trattava di una malattia degenerativa, forse una encefalite. Proprio mentre aveva difficoltà nella parola scrisse il Bolero. Una musica straordinaria, ripetitiva, nella quale un´interpretazione psicoanalitica ha voluto leggere la configurazione musicale di un atto erotico. La prima volta che venne eseguito una dama svenne e Ravel commentò che quella donna aveva veramente capito la sua musica. Ma il neurologo che lo seguiva aveva annotato che nello stesso momento il paziente non riusciva a riconoscere molti accordi musicali. Possibile che abbia composto il suo capolavoro come lo ha composto proprio perché aveva una sensazione distorta della musica»?
Linguaggio verbale e linguaggio musicale. Aree cerebrali in parte sovrapposte, ma in parte autonome. Una caratteristica che viene sempre maggiormente sfruttata nei procedimenti di riabilitazione nei soggetti che hanno perso la parola. È una delle frontiere della musicoterapia che utilizza proprio la musica come strumento di comunicazione non verbale. La musica dà infatti alla persona malata la possibilità di esprimere le proprie emozioni e di comunicare i propri sentimenti. Ottimi risultati si ottengono, per esempio, con i pazienti affetti da autismo, ma anche con i malati di morbo di Alzheimer, demenza, disturbi dell´umore e del comportamento alimentare.