Wednesday, May 13, 2020

la festa di Venere

Semper ad Aeneidos, placido, pulcherrima, vultu,
Respice: totque tuas, diva, tuere nuros.

Mostra un volto sereno sempre agli Eneidi (Romani), o la più bella fra le dee: e proteggi le spose dei tuoi molti nepoti.

Ovidio, i Fasti

Tuesday, May 12, 2020

opinione di Giuliano sui cristiani


opinione di Giuliano sui cristiani

Imperatore Giuliano definito dai cristiani l’Apostata

Quanto agli empi venuti di Galilea, quasi un morbo che inietta la vita, essi che rifiutano di invocare gli Dei, sappi che sono sottoposti alla tribù dei demoni perversi. Questi demoni gettano la maggior parte di questi atei in un accesso di delirio che gli fa desiderare di morire, dandogli l’idea che si involeranno verso il cielo dopo essersi tolta violentemente la vita. Ve ne sono alcuni che abbandonano le città per cercare i deserti, benchè, per sua natura, l’uomo sia un animale socievole e civile. Ma i demoni perversi ai quali essi sono legati li spingono a tale misantropia. Già, in gran numero, hanno immaginato di caricarsi di catene e di gogne: tanto li possiede da ogni parte lo spirito maligno al quale essi si sono volontariamente dati disertando il culto degli Dei immortali e salvifici.

Wednesday, May 06, 2020

Inno egiziano al Nilo


Inno egiziano al Nilo

Salute a te, o Nilo che sei uscito dalla terra,
che sei venuto per far vivere l'Egitto!
Occulto di natura, oscuro di giorno, lodato dai suoi seguaci:
è lui che irriga i campi, che è creato da Ra per far vivere tutto il bestiame;
che disseta il deserto, lontano dall'acqua [...].
Se è pigro [...] tutti sono poveri [...] e periscono milioni di uomini.
Se è crudele, tutta la terra inorridisce, grandi e piccoli gridano.
Sono ricompensati gli uomini quando si avvicina: Khnum lo ha creato.
Quando comincia ad alzare, il paese è in giubilo, tutti sono in gioia [...].
Portatore di nutrimento, ricco di alimenti, creatore di ogni cosa buona,
signore di riverenza, dal dolce odore, benigno quando viene;
è lui che fa nascere le erbe per il bestiame e dà vittime ad ogni dio [...].

da Letteratura e poesia dell'antico Egitto, a cura di E. Bresciani, Torino, 1969

Thursday, April 30, 2020

WALTER FRIEDRICH OTTO

http://www.abcschio.it/imago/trasversale/mito/otto.htm

WALTER FRIEDRICH OTTO

Walter F. Otto nasce nel 1874 e muore nel 1958.E'un insigne filologo classico e storico delle religioni.Docente nelle Università di Konigsberg e di Tubinga,divenne molto noto in Germania negli anni 20 e 30 grazie ai suoi studi su "Gli dei della Grecia"e su"Dioniso".Amico di Martin Heidegger,al quale fu legato dalla comune passione per Holderlin e maestrodi kenényi,dopo la seconda guerra mondiale approfondì la sua riflessione sull'essenza del mito in numerose conferenze e interventi pubblici.Esso è quindi uno storico della religione e contro il positivismo rivaluta il valore religioso della mitologia antica e la struttura organica della religione greca.
(Nel 1929 compone"Gli dei della Grecia").



W.F.Otto conduce una ricerca sul significato originario del mito e l'ambito di questa indagine e' il rapporto tra l'uomo e il mito stesso;Il filosofo rifiuta di considerare il mito ricorrendo a categorie apparentemente moderne e concretizza questo rifiuto contro le posizioni "neo-illuministe"alla Cassirer o di Lévy-Bruhl:respinge la pretesa evoluzionistica secondo la quale esistono due tipi di logica.Quella primitiva e perciò non ancora in grado di "organizzare"correttamente il mondo,ma solo di offrirne una visione mitica,e quella razionale che rifiuta la soggettività e i miti come espressione di una presunta interiorità e con finalità specifiche.Ne"Il mito e la parola" Otto sostiene che le epoche che ritennero "poesia"il mito genuino non gli hanno reso ragione,ma almeno hanno posseduto una sensibilità piu' viva dei moderni teorici che hanno creduto di conprendere il fenomeno correttamente facendolo rientrare fra le categorie della logica inventandosi una logica primitiva.L'interpretazione del mito come poesia è più esatta perchè la poesia può metterci sulla strada giusta,ma va respinta l'opinione che il mito sia una mentalità.Nella grande poesia è come se il poeta,nell'attimo dell'ispirazione,fosse più vicino degli altri uomini all'essere delle altre cose:quindi la sua parola può afferrare in profondità.E' come se non fosse egli a pronunciare quella parola,ma l'essere stesso delle cose.In particolare gli antichi Greci consideravano la ben nota invocazione alle Muse molto seriamente:l'uomo è solo un mediatore,è la divinità a cantare.Il canto era per i Greci una creazione della forza,divina stessa.
"Mito" per Otto é la parola vera proveniente da un'autorità,non suscettibile di essere messa in discussione.L'autorità che si manifesta è il divino del quale il mito è2forma" del suo manifestarsi.Per Otto il mito non è dell'uomo ma degli dei e il divino è una presenza,non il contenuto di una interiorità umana.Otto infatti é legato al mito greco,tanto da definirsi"politeista"e critica il cristianesimo.
Nel 1962 furono pubblicati due volumi di scritti di Otto e fu deciso di raccogliere in un volume gli scritti"scientifici"(riguardavano in senso stretto la storia delle religioni e la filologia) e nel secondo quelli "non scientifici"
(volontà di Otto di fondare una filosofia generale del mito).Il"mito e la parola"(1952-53)é il saggio conclusivo del primo volume in cui Otto rivolge il pensiero all'ESSENZA del mito prima di poter compiere qualsiasi "indagine scientifica".Otto si chiede cosa il mito in effetti sia.Le attuali ricerche danno a "mitico" un significato di antiquato,sorpassato,inattuale e quindi superato e contraddetto dalla scienza moderna.Vengono cosi' chiamate "mitiche" esperienze che hanno dimostrato di essere erronee(ad es.il sole che ruota attorno alla terra).Il mito sarebbe dunque un modo per esprimere ciò che non è degno di fede e che noi dovremmo smascherare ed eliminare).
Le interpretazioni moderne del problema mito sono affette dal medesimo pregiudizio:il mito sarebbe una "mentalità" superabile e sostituibile da una piu' adeguata,oppure dovrebbe vedere riconosciuti i propri diritti,anche se possiede svantaggi rispetto alla nostra mentalità.La concezione più diffusa vede la mentalità dell'umanità preistorica alla ricerca della verità,opposta a noi che godiamo di una mentalità più adeguata rispetto alla quale la verità mitica é un errore.Ritenere il mito una "mentalità" dimostra solo quanto ci siamo allontanati dal mito.
MITOS E LOGOS
Sono parole greche.Nella lingua greca più tarda "mito" significa una narrazione meravigliosa,che può essere molto profonda,ma non può pretendere di essere considerata vera alla lettera(ad esempio le "favole"di Esopo fanno molto riflettere ma non sono vere).Originariamente però "mitos"significa"parola".Anche"logos"significa "parola",ma in un'accezione diversa:"mitos"sviluppa il significato di favoloso,inventato,non vero,mentre "logos"
designa la chiarezza e la profondità della conoscenza.
In Omero"logos"assume un concetto di "scelta",quindi "ponderare,aver riguardo.In seguito serve a indicare ciò che é razionale,sensato,,consequenziale."Mitos"invece ha un significato oggettivo:è il reale,l'effettivo,è la "storia" nel senso dell'accaduto,la parola che dà notizie oggettive.Dunque il greco antico ha a disposizione una serie di denominazioni per "parola":
-EPOS=VOX:é la "parola"come sonorità vocale.
-LOGOS="parola"nel senso di ciò che è pensato,ragionevole.
-MITOS="parola come testimonianza di ciò che fu,è e sarà.E' la parola nel senso di ciò che è dato come un fatto,si è rivelato,è consacrato.
Il mito vero e proprio è l'esperienza originaria rivelatasi,grazie alla quale è possibile anche il pensare razionale.Per questo il mito non è svanito completamente neppure in noi,resta inconscio,non emerge rivelandosi e lo abbiamo respinto nell'inconscio con il pensiero razionale.Perchè l'uomo della civilizzazione,nel corso del suo sviluppo,perde sempre più il mito?La dottrina universale sostiene cheil motivo vada ricercato in un progresso spirituale che da inesperienza,mancanza di chiarezza iniziale,conduce infine ad un sapere certo,alla chiarezza.Ma il mito non è divenuto estraneo all'uomo perchè questi,per qualche motivo oscuro,ha cominciato a pensare e osservare più acutamente,sviluppando sempte più le proprie capacità di pensiero e di osservazione.
iò è accaduto perchè l'uomo non incontra più l'essere delle cose,la realtà nel vero senso della parola,quella che si annuncia solo nella natura originaria.'intera civilizzazione è un rifiuto della natura originaria.L'uomo in tutto ciò di cui fa esperienza e che compie vuole ancora e sempre incontrare se stesso,la propria razionalità, inventività(vedi tecnica,scienza...)E' dunque insensato voler in qualche modo avvicinare il mito al nostro modo di pensare e vivere,ogni moderno tentativo di "interpretarlo"è un equivoco.
RAPPORTO FRA MITO E CULTO
Ovunque il culto fa riferimento ad un mito,gli è inseparabilmente connesso.Il culto è specifico comportamentop fisico e spirituale con cui l'uomo risponde immediatamente al mito e va dal semplice congiungere le mani alla rappresentazione drammatica dell'evento originario.La verità del mito si rivela attraverso 3 livelli:
PRIMO LIVELLO:si imprime plasticamente nell'uomo stesso,nella sua corporeità(levare le mani al cielo mentre si è rivolti verso l'alto,inginocchiarsi,intrecciare e congiungere devotamente le mani)Anche nelle danze l'uomo rivela la forma del divino essere universale.
SECONDO LIVELLO:il mito diventa creativo grazie all'agire dell'uomo che erige una colonna,un tempio rite nuti sacri perchè la presenza del divino è divenuta forma in essi.
TERZO LIVELLO:il mito si fa parola,ma non attraverso il linguaggio perchè le parole non sarebbero altro che un velo,una falsificazione. Il linguaggio è esso stesso la verità del mito,è il mito("mitos":il vero in forma di parola). L'essere si autorivela attraverso i suoni,la musica ad esempio con le preghiere,gli inni,le narrazioni etc.
Il mito non può esistere senza il culto ed è dinamico,deve cioè rivelarsi nel comportamento,nell'azione e nella parola.Come avviene che la verità del mito si riveli nella forma del comportamento dell'azione e della parola?
La"rivelazione"è un'apertura che proviene dall'alto,che va dal sovraumano all'umano e che l'uomo deve accettare dall'autorità che la impartisce.Il mito non è il prodotto di una riflessione perchè la verità che esso contiene non è resa accessibile da un ragionamento,la verità può rivelarsi soltanto da sè.
I Greci infatti erano convinti che l'uomo,nel suo canto e nel suo dire,non è in realtà l'attore, ma é una divinità,la musa,a cantare,mentre egli si limita a ripeterne il canto.Le muse sono quel miracolo divino per cui l'essere pronuncia se stesso.La musica è il suono,l'armonia,il ritmo che soltanto la perfezione delle muse ha prodotto nel mondo.

Thursday, April 23, 2020

Il dio sconosciuto



Molti di noi, purtroppo, conoscono un libro schifoso chiamato bibbia, alcuni sanno di che in uno dei suoi comizi che l’essere immondo chiamato Paolo di Tarso ha vomitato le seguenti astruse parole:

“Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dei. 23 Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio. “

è connaturato ai cristiani mentire e falsificare, sul tema, grazie ad piccola nota trovata su un dizionario di mitologia, ho trovato del materiale interessante.

Dalla “enciclopedia delle regioni” diretta da Mircea Eliade, volume 11:
Il famoso filologo Eduard Norden (1913) tentò di dimostrare che la nozione di agnotos theos era di fatto estranea e addirittura contraria allo spirito del mondo greco di età classica. L’espressione, infatti, appare soltanto alla fine del periodo classico e solamente in testi in cui risulta evidente l’influenza orientale: scritti ebraici, gnostici, neoplatonici e cristiani. Questa espressione, inoltre, implicherebbe un atteggiamento di “rinuncia all’indagine”, che mal si accorderebbe con o spirito dalla speculazione greca.

Monday, April 20, 2020

Scultore cerca con cura


Theodore Faullin de Banville
Da le stalattiti

Scultore, cerca con cura,
Mentre l’estasi attendi,
Marmo senza difetto per farne un bel vaso;
Cerca a lungo la forma e non per rintracciare
Amori misteriosi o divine battaglie.
Non Eracle che vince il mostro di Nemea,
Né Ciprigna che nacque sopra il mare olezzante;
Né Titani sconfitti dopo la ribellione,
Né il ridente Bacco
Che aggioga leoni
Con un morso di pampini e di viti;
Non Leda che giochi fra lo stormo dei cigni
All’ombra di lauri in fiore, non Artemide
Sorpresa fra le acque candida come il giglio.
Che intorno al vaso puro, troppo bello
Per la Baccante,
Fiorisca la verbena con le foglie di acanto,
E più in basso
Delle vergini avanzino lentamente due a due,
Passo sicuro e seducente,
Braccia lungo le loro tuniche distese
E i capelli intrecciati sopra le testoline.

Febbraio 1846.

Sunday, April 19, 2020

La menzogna del Cristianesimo...

Mito della Rapida Diffusione del Cristianesimo -
"le Comuni Origini Cristiane dell'Europa"!
dal libro "The Christ Conspiracy" di Acharya s Si ritiene comunemente che il Cristianesimo si sia diffuso perché era una grande idea disperatamente necessaria in un mondo senza speranza nè fede.

Veramente, il mito dice che il Cristianesimo era una idea talmente grande che prese il via come un fuoco greco in un mondo perduto privo di illuminazione spirituale e implorante "come una voce nel deserto".
Si ritiene inoltre che il Cristianesimo si diffuse a causa del martirio dei sui aderenti, che, come si sostiene, fecero tanta impressione a numerosi tra i primi padri della Chiesa che essi abbandonarono le loro radici Pagane per aderire alla "vera fede". In realtà, il Cristianesimo non era un concetto nuovo e sorprendente, e non è corretta l'impressione data in questa storia riguardo al mondo antico, poiché le antiche culture possedevano ogni piccolo aspetto di saggezza, rettitudine e praticamente ogni altra cosa trovata nel Cristianesimo.


In aggiunta, secondo il noto storico Gibbon, come riferito da Taylor, per la metà del 3° secolo, a Roma – il centro del Cristianesimo - c'erano solo "'un vescovo, quarantasei presbiteri, quattordici diaconi, quarantadue accoliti, e cinquanta lettori, esorcisti e ostiari. Noi possiamo azzardarci, (conclude il grande storico) a stimare i Cristiani in Roma, a circa cinquanta mila, quando il numero totale degli abitanti non possono essere stimati meno di un milione…' Non si dovrebbe mai dimenticare che, per quanto la propagazione del vangelo sia stata miracolosamente rapida come ci viene detto qualche volta, fu predicata in Inghilterra per la prima volta da Austino, il monaco, su commissione di Papa Gregorio, verso la fine del settimo secolo. Cosicché si potrebbe calcolare che la buona novella della salvezza, per andare dalla supposta scena dell'azione fino a questo paese favorito, abbia viaggiato alla media di quasi un pollice in una quindicina di giorni".16 E come dice Robin Lane Fox: … negli anni 240, Origene, l'intellettuale Cristiano, ammise che i Cristiani erano solo una piccola frazione degli abitanti del mondo … Se i Cristiani fossero stati veramente così numerosi, potremmo anche attenderci qualche evidenza di posti di incontro che potessero contenere così tanti credenti. A questa data, non c'erano costruzioni di chiese su terreno pubblico…


Se viene incluso il resto dell'impero, si stima che per la metà del terzo secolo i Cristiani costituivano forse il due per cento della popolazione totale.


Ancora, come notato, ci furono di fatto pochi martiri, e i primi falsificatori del Cristianesimo furono impressionati non da tali presunti martirii ma dalla posizione di potere che essi avrebbero guadagnato dalla loro "conversione". In realtà, il Cristianesimo non si diffuse perché era una grande idea o perché era sotto la guida dell'"Agnello di Dio" risorto. Se fosse stato così, egli dovrebbe essere tenuto responsabile, perché il Cristianesimo fu promulgato con la spada, con una scia sanguinosa lunga migliaia di miglia, durante un'era chiamata da non pochi "l'era della vergogna".


Come così tanto altro sul Cristianesimo, le affermazioni della sua rapida divulgazione sono largamente mitiche. In realtà, in alcune località ci vollero molte centinaia di anni impregnati di sangue prima che i suoi oppositori e la loro discendenza fossero stati sufficientemente massacrati in modo che il Cristianesimo potesse usurpare l'ideologia regnante. Gli Europei Pagani ed altri lottarono contro questo coi denti e con le unghie, in uno sforzo epico ed eroico per conservare le proprie culture ed autonomia, di fronte ad una strage da parte di quelli che i Pagani vedevano come "idioti" e "bigotti". Come dice Walker: Gli storici Cristiani danno spesso l'impressione che i barbari dell'Europa abbiano accolto con gioia la nuova fede, che portava una speranza di immortalità ed un'etica più amorevole. L'impressione è falsa. La gente non abbandonò volentieri la fede dei propri antenati, che considerava essenziale al retto funzionamento dei cicli terrestri. Essi avevano la propria speranza di immortalità e la propria etica, in molti aspetti un'etica più benevola di quella del Cristianesimo, che fu imposta su di loro con la forza.
Giustiniano ottenne 70.000 conversioni in Asia Minore con metodi che erano tanto crudeli che le popolazioni soggette in seguito adottarono l'Islam per liberarsi dai rigori del governo Cristiano. Come regola, la popolazione pagana resistette al Cristianesimo più a lungo che poté, anche dopo che i loro governanti erano passati alla nuova fede per i suoi compensi materiali …. Alcune parole per la loro derivazione rivelano un pò della resistenza incontrata dai missionari. I Savoiardi pagani chiamavano "idioti" i Cristiani, quindi cretino, "idiota", discese da Crétian, "Cristiano". I pagani Germanici coniarono la parola bigot, da bei Gott, una espressione usata costantemente dai monaci.


Il Cristianesimo fu avversato con tanto fervore ovunque esso invase, poiché nazione dopo nazione morì sotto la spada nel respingerlo, perché le sue dottrine e i suoi proponenti erano ripugnanti e blasfemi. Come riferisce Walker: Radbod, re dei Frigi, rifiutò di abbandonare la propria fede quando un missionario lo informò che Valhala era lo stesso che l'inferno dei Cristiani.


Radbod voleva sapere dove fossero i suoi antenati se non c'era il Valhala? Gli fu detto che bruciavano all'inferno perché erano infedeli. "Prete malvagio" urlò Radbod. "Come osi dire che i miei antenati sono andati all'inferno – io preferirei – si, giuro per il loro dio, il grande Woden – io mi unirei mille volte a questi eroi nel loro inferno, piuttosto che essere con te nel tuo paradiso di sacerdoti!"


Alcuni dei "barbari" che resistettero contro il Cristianesimo erano di fatto assai più avanzati di quelli che seguivano quella che i Pagani consideravano una ideologia volgare. Per esempio, "Sui Feniani Irlandesi, la cui regola era di non insultare mai le donne, fu detto che erano andati all'inferno per aver negato le dottrine anti-femministe Cristiane".


Quando la "grande idea", minacce dell'inferno ed altro dolce parlare fallì nell'impressionare i Pagani, i cospiratori Cristiani cominciarono a stringere le viti stabilendo leggi che mettevano al bando sacerdoti Pagani, feste e "superstizioni". Fu impedito ai Pagani di essere guardie o di tenere carica civile o militare. Le loro proprietà e templi furono distrutti o confiscati, e la gente che praticava "l'idolatria" o i sacrifici fu messa a morte. Come dice Charles Waite in History of the Christian Religion to the Year Two Hundred: Sotto Costantino ed i suoi figli, erano stati promulgati dei mandati contro gli eretici, specialmente contro i Donatisti, i quali furono visitati con la punizione più rigorosa… I decreti per l'estirpazione dell' paganesimo furono anche più severi. Girolamo e Leone il Grande erano in favore della pena di morte.


Sotto il "grande Cristiano" Costantino, "i seguaci di Mitra furono braccati con tanta pertinacia che nessuno osava neppure guardare al sole, e i contadini ed i marinai non osavano osservare le stelle per paura di venire accusati di eresia". E dove il fuoco dell'inferno, leggi repressive e corruzione non avevano funzionato, fu usata la forza. I leader che erano tolleranti verso religioni diverse dal Cristianesimo, come l'Imperatore Giuliano, furono uccisi. In Bible Myths and Their Parallels in Other Religions, Doane riferisce come in realtà questa "grande fede" fu propagata con i metodi più atroci: In Asia Minore la gente era perseguitata su ordini di Costanzo [Imperatore Cristiano].. "I riti del battesimo furono conferiti a donne e bambini, che, a tale scopo erano stati strappati dalle braccia dei loro amici e genitori; le bocche di quelli che facevano la comunione furono tenute aperte con uno strumento di legno, mentre il pane consacrato veniva forzato giù dentro la loro gola; i seni di tenere vergini o furono bruciati da conchiglie a forma di uovo rosse incandescenti o compresse in modo inumano tra tavole taglienti e pesanti". … Le persecuzioni nel nome di Gesù Cristo furono inflitte sugli infedeli in quasi ogni parte dell'allora mondo conosciuto. Fu sfoderata la spada Cristiana anche tra i Norvegesi.
Essi si aggrapparono tenacemente alla fede dei loro antenati, e numerosi di loro morirono, veri martiri per la loro fede, dopo aver sofferto i più crudeli tormenti da parte dei loro persecutori. Fu per mera costrizione che i Norvegesi abbracciarono il Cristianesimo. Il regno di Olaf Tryggvason, un Cristiano re di Norvegia, fu di fatto dedicato interamente alla propagazione della nuova fede, con i mezzi più rivoltanti per l'umanità…coloro che rifiutavano furono torturati a morte con ferocia demoniaca, e le loro proprietà furono confiscate. Queste sono alcune delle ragioni "per cui il Cristianesimo prosperò".


La scusa standard per questo comportamento spregevole è stata che i proponenti Cristiani avevano il diritto di purificare la terra dal "male" e di convertire l'"infedele" alla "vera fede". Lungo un periodo di oltre un millennio, la Chiesa avrebbe portato a sostenere i metodi di tortura più orrendi mai escogitati in questa "purificazione" e "conversione" alla religione del "Principe della Pace", uccidendo alla fine decine di milioni in tutto il mondo.


Questi i metodi di "conversione" da parte dei Cattolici contro uomini, donne e bambini, tanto Cristiani che Pagani, inclusi roghi, impiccagioni e torture di tutti i tipi, usando gli strumenti descritti in Quarto Maccabei. Alle donne e le ragazze furono conficcati su per le loro vagine attizzatoi roventi ed oggetti appuntiti, spesso dopo che i sacerdoti le avevano stuprate. Agli uomini e ai ragazzi vennero schiacciati o strappati o tagliati via i loro peni e testicoli. Ad ambedue i generi e a tutte le età fu strappata via la pelle con tenaglie roventi e furono strappate le loro lingue, e vennero sottoposti a un macchinario diabolico destinato per le parti più delicate del corpo, come ginocchia, caviglie, gomiti e le punta delle dita, che furono tutte schiacciate. Le loro gambe e braccia furono spezzate con mazze, e, se ci fosse rimasto qualcosa di loro, essi vennero impiccati o arsi vivi. Non sarebbe stato possibile immaginare niente di peggio, e da questo male assoluto venne la "rapida" diffusione del Cristianesimo.


Fino ad ora questo deplorevole retaggio e crimine contro l'umanità, non è stato ancora vendicato e il suo principale colpevole rimane impunito. Non solo resta intatto ma inspiegabilmente riceve il supporto imperituro e sconsiderato di centinaia di milioni, inclusi gli istruiti, come dottori, avvocati, scienziati, ecc. Questa condiscendenza è il risultato dei secoli di distruzione e degradazione delle culture dei loro antenati, che li ha demoralizzati e che ha strappato loro la loro spiritualità ed eredità.
Nell'annichilare queste culture, i cospiratori Cristiani distrussero anche innumerevoli libri e molta conoscenza, apprezzando la susseguente mancanza di letteratura ed ignoranza, che aiutarono a permettere la divulgazione del Cristianesimo. Wheeles racconta lo stato del mondo sotto il dominio Cristiano: Con il declino e la caduta dell'Impero Romano, la religione Cristiana si diffuse e crebbe tra i Barbari distruttori di Roma. Il Medio Evo diffuse contemporaneamente la propria coltre funebre intellettuale sull'Europa. Oltre ai monaci e sacerdoti raramente qualcuno sapeva leggere. Carlo Magno imparò a tenere in mano la penna solo fino a riuscire a scarabocchiare la sua firma. I baroni che ottennero la Magna Carta da John Lackland con la forza, firmarono con i loro marchi e i loro sigilli. I peggiori criminali, nel caso che fossero dotati della rara e magica virtù del saper come leggere anche malamente, beneficiarono del "beneficio del clero" (cioè, della cultura clericale), e sfuggivano immuni o con punizioni fortemente mitigate. Non c'erano libri salvo manoscritti dolorosamente compilati, che valevano il riscatto dei principi, e totalmente inaccessibili salvo che dai molto ricchi e dalla Chiesa; finché intorno al 1450 non ci fu il primo libro stampato conosciuto in Europa. La Bibbia esisteva solo in Ebraico, Greco e Latino, e le masse ignoranti erano totalmente all'oscuro sul suo contenuto salvo quanto udivano dai sacerdoti, che dicevano loro che dovevano credere ad essa o venire torturati ed uccisi in vita e condannati per sempre nei fuochi dell'inferno dopo la morte. Non meraviglia che la fede sia fiorita in condizioni così eccezionalmente favorevoli.


Tale è la storia disgraziata della religione del "mite Principe della Pace". Tuttavia, oggi ci sono quelli che non solo sostengono il suo edificio mostruoso, costruito sul sangue e le ossa carbonizzate di decine di milioni, come anche sulla morte del sapere nel mondo Occidentale, ma, incredibilmente, desiderano che esso venga riportato alla sua piena "gloria", con tutte le opere sanguinarie, bruciatura delle streghe, persecuzione, annichilazione dei non credenti e tutto il resto. Il fatto è che troppi traumi e spargimenti di sangue sono stati causati nei millenni strettamente sulle basi di fede non fondata e eccessiva illogicità, ed è stata persa troppa conoscenza e saggezza, tanto che la storia umana è stata piena di ignoranza ed incomprensione. E' per queste ragioni, tra le altre, incluso il ripristino dell'umanità, che noi speriamo che la cospirazione oppressiva e sfruttatrice dietro alla religione in generale e al Cristianesimo in particolare, sarà resa manifesta. Come si dice, quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo, e gli umani come specie sono inclini all'amnesia. Pertanto è imperativo che questi argomenti fondamentali della ideologia e dottrina religiosa vengano indagati completamente e non lasciati alla fede cieca.




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Friday, April 17, 2020

Pan


Pan
Le conte de Lisle
Da Liriche antiche

Pan d’Arcadia, piedi caprini, fronte armata
Di due corni, chiassoso e dai pastori amato,
Che empie verdi canne di amoroso respiro.
Da quando l’alba indora e montagna e pianura,
Vagabondo compiace ai giuochi e ai danzanti cori
Delle Ninfe, sul muschio e sopra i prati in fiore.
Pelle di lince sulla schiena e la testa cinta
Dal colchico agreste, dal tenero giacinto;
E con sonoro riso ogni bosco risveglia.
Ninfe dai piedi nudi accorrono alla voce,
Leggere, accanto a limpide fontane,
E circondano Pan con girotondi rapidi.
Nelle grotte di pampini, nel cavo di antri freschi,
Lungo corsi di acqua viva, sfuggiti alle foreste,
Sotto la folta cupola dei lecci spessi,
Il Dio fugge del mezzogiorno i radiosi ardori;
Si addorme; ed i boschi, rispettandone il sonno,
Difendono il dio Pan dalle frecce del Sole.
Ma appena la Notte, calma, cinta di stelle,
Schiude nei cieli muti lunghe pieghe di veli,
Pan, d’amore infiammato, nei boschi familiari
L’errante vergine insegue all’ombra delle macchie,
L’afferra nel passaggio; e ricolmo di gioia
Al chiaror della luna rapisce la sua preda.

Tuesday, March 24, 2020

Streghe e Magia. Episodi di opposizione religiosa popolare sulle Alpi del Seicento

Roberto Gremmo
Streghe e Magia. Episodi di opposizione religiosa popolare sulle Alpi del Seicento
Biella: Edizioni ELF, 1994

autore anche dei libri: Le donne del diavolo, Grugliasco: Editrice Il Punto, 1978 - Magia e superstizione fra Biellese e Val d’Aosta nel Seicento, Ivrea: Editrice BS, 1982,  e numerosi articoli sullo stesso argomento. 
In quest’ultimo volume riappaiono informazioni ed episodi già descritti in alcuni dei suoi precedenti lavori che qui vengono approfonditi, ampliati e dettagliati - e soprattutto - contestualizzati in un più generale ed organico discorso esteso a tutta l’area culturale alpina occidentale. 
L’opera è ricca di riferimenti dotti e di notizie curiose ed interessanti e dà una visione piuttosto omogenea sul fenomeno della magia popolare più in generale - e delle streghe più in particolare - analizzandolo come una sorta di forma di resistenza al culto religioso “ufficiale” rappresentato dalla Chiesa Cattolica. Si tratta di una tesi già sostenuta da numerosi altri studiosi che il Gremmo riprende e razionalizza e che sostiene che le streghe (e gli altri fenomeni di magia popolare) altro non fossero che espressioni di sopravvivenza di antichi culti e di tradizioni precristiane che la Chiesa ha bollato come manifestazioni di satanismo e criminalizzato. L’autore indica anche un’altra importante implicazione riferita a tali fenomeni - e ad altri come la nota vicenda fra Dolcino - che interpreta come manifestazioni di intolleranza nei confronti di un potere politico. Scrive l’autore (pagine.304-306): “Ma, allora, cos’è stata veramente questa inquietante figura di strega, masca, faa che si aggira per le montagne dell’Europa garalditana, fra il XIV ed il XVII secolo? La prevalenza dell’elemento femminile (senza dimenticare gli stregoni) è evidente. Per quanto si debba tener presente che questo elemento è stato dilatato dalla misoginia dei “cacciatori” di streghe, esso trova una sua ragion d’essere nel ruolo della donna in una società nella quale nè la struttura laicale (la famiglia basata sul po-tere del pater familias) nè quella ecclesiale (esclusione delle donne dal sacerdozio) le lasciavano spazio. Questa emarginazione è, peraltro, il dato più evidente dell’avanzata della dominazione romana e della sua integrazione con il Cristianesimo. Nella vecchia società “Garalditana” (ma anche celtica e germanica) le cose si svolgevano in tutt’altro modo: dalle selve, dalle brughiere, dagli anfratti montani s’alzavano fumi, formule magiche, incantesimi di profetesse, medichesse, sacerdotesse, guaritrici che spargevano a piene mani medicamenti, unguenti, consigli. Esse erano le dominatrici, loro era il “bastone del comando”. È vero che il secolo delle streghe è il Trecento e che la forsennata caccia dell’ufficialità a queste donne contestatrici proseguirà nei secoli seguenti. Ma quello che, comunemente, viene indicato come punto di partenza è solo momento di transizione. Le streghe non sono “spuntate” allora: sulle Alpi, fra i Pirenei c’erano sempre state, ma fino a quel momento nessuno s’era preoccupato di sloggiarle dai sedimentati strati di consenso popolare che si erano create attorno. Fu solo dal Trecento in poi che venne presa la decisione di “cristianizzare” completamente l’Europa mettendo al rogo streghe ed eretici, accumunati in una inappellabile condanna. Ebbero allora inizio le Crociate (in Occitania contro i Catari, nel  Biellese contro Dolcino e Margherita). Molti Perfetti, perseguitati e fuggiaschi, finirono quasi naturalmente per unire alle loro credenze delle pratiche magiche e “stregonesche”. Fra i dolciniani ebbero ascolto le predicazioni dualistiche della Guglielmina boema. Parallelamente, vi fu il “lavaggio dei cervelli” degli umili, con una campagna di profonda evangelizzazione, attraverso lo sradicamento delle superstizioni e di tutto il contesto di riti e di credenze sulle quali esse poggiavano. La Chiesa non si accontentò più di una adesione formale al cristianesimo da parte di pastori, alpigiani, boscaioli, contadini. Essi restavano ben convinti, nel fondo dei meandri della loro psiche, della validità dei soli culti delle sacerdotesse dei boschi e degli stregoni; erano legati alla venerazione dei loro antichi dei famigliari e personali. Tutto il resto era solo forma, non sostanza. Gli inquisitori puntarono diritto nella direzione della distruzione del “vecchio” sapere e del “vecchio” potere spirituale. Insinuandosi fra i meandri dell’Europa marginale e subalterna, credettero di scoprire la “novità” della stregoneria, ma si scontrarono con qualcosa che, invece, era ben più antico e forse perfino più forte di loro. Credettero di imbattersi nelle neofite adoratrici di Satana e non capirono di essere di fronte alle custodi di un antico sapere e di pratiche terapeutiche e psichiche che corrispondevano ad un sistema etnico-culturale differente da quello orientale Cristiano”. Le streghe possono quindi (almeno in taluni casi) essere indicate come una sorta di druidesse, come esponenti di un vecchio sistema di relazioni socioculturali e di costruzioni religiose che è sopravissuto alla occupazione e colonizzazione romana ed alla cristianizzazione. Le protagoniste di gran parte delle manifestazioni di magia popolare (o “diabolica”, secondo i persecutori) sono donne; quasi tutte le maggiori personalità carismatiche delle sette acattoliche sono di sesso femminile, le donne sono al centro anche di quasi tutte le esplosioni di religiosità “anomala” che si manifestano fino a tutto l’Ottocento (e oltre...) con regolare frequenza. 
L’accanimento manifestato dalle autorità costituite nei confronti di tutte le espressioni di magia (e di cultura) popolare sono però dettate anche dalla paura nei confronti del sorgere di eccessive libertà locali.
“Del resto, le streghe - secondo le parole del Gremmo (pag.307) - sono ribelli soprattutto perchè sono “reazionarie”, cioè conservatrici profonde di patrimonio e cultura tradizionali. I “progressisti”, gli “innovatori”, sono i persecutori, con la loro frenesia fanatica di affermare un ordine sociale, oltre che politico, differente da quello che le società antiche avevano alla loro base, incentrato su larghe autonomie di villaggi e “cantoni”; basato su schemi che liberavano energie più che rinchiuderle; responsabilizzava largamente i singoli, più che ingabbiarli in rigidità gerarchiche”. 
Il lavoro di Gremmo è però interessante anche per un altro motivo: la narrazione dei fatti si svolge attraverso una selva fittissima di informazioni che toccano molta parte del patrimonio culturale delle Alpi occidentali. Vi si fanno affascinanti riferimenti ad Urupa (Oropa), capitale delle libere genti della Garaldea (la preistorica patria degli uomini che vivevano nell’area compresa fra la Galizia, l’Occitania e la Padania), il cui nome deriva da Uru, Ur (= capitale) come le vicine Vi-v-irun e Pi-v-irun e come la basca Iruna. Attraverso la comune appartenenza alla Garaldea, l’autore esplora i collegamenti con la apparentemente lontana cultura basca: Ganabe in basco vuol dire Piemonte, “regione sotto le montagne”, da cui deriverebbe Ganab-èis, l’odierno Canavese. Il libro tratta poi di alcune vicende che potrebbero rientrare nel patrimonio “patriottico” della Padania: dal mito di Berta che testimonierebbe della “resistenza” dei popoli più antichi alle invasioni barbariche della valle Padana (cfr: Giovanni Antonucci, “Adversus Lombardos”, in Athenaeum, Pavia, 1927).
La grande persistenza delle rappresentazioni della vicenda dolciniana nel teatro popolare (soprattutto ottocentesco) è interpretata dal Sella come manifestazione di coscienza di un popolo colonizzato che ha in qualche modo compreso che con la sconfitta di Dolcino è stata “proibita” la creazione di una libera nazione alpina. 
Nel libro si trovano inoltre le storie della “Druida di Malciaussia”, della “Mummia di Agrano”, delle Bassure dell’Appennino ligure e di altri fatti e personaggi più o meno noti del folklore magico di casa nostra. Il maggiore merito del lavoro di Gremmo è però costituito dall’essere riuscito ad eliminare il senso di disagio che solitamente si prova nell’affrontare questo genere di argomenti, così lontani dalla comoda e rassicurante banalità della “cultura ufficiale”, e a farli diventare positivi e famigliari. E’ un coraggioso passo nella direzione giusta, è l’inizio di un processo di riscoperta di autentiche radici culturali, inverso a quello cominciato un sacco di tempo fa e che ha cercato di gabbare certe nostre tradizioni di cultura e di libertà come manifestazioni demoniache. Demoniaci sono loro.

Saturday, March 21, 2020

La sopravvivenza degli antichi dei


Jean Seznec
La sopravvivenza degli antichi dei
Saggio sul ruolo della tradizione mitologica nella cultura e nell’arte rinascimentali
Bollati Boringhieri, 1990, Torino 

Alterati nel loro aspetto tradizionale e spesso costretti a servire da  involucro di idee morali o speculative, gli antichi dei del politeismo  greco hanno continuato la loro avventura fino al Rinascimento e anzi al secolo decimosettimo, sia barocco che classico. In quest’opera;  pubblicata per la prima volta nel 1940 e divenuta in breve uno dei  classici contemporanei della storia delle idee e della cultura artistica, Jean Seznec indaga le torme specifiche di questa sopravvivenza e gli ambiti particolari in cui essa si è compiuta: i sistemi   interpretativi elaborati dagli antichi per spiegare l’origine e la natura  delle loro divinità, e assimilati dal pensiero storico ed esegetico  medievale; la tradizione iconografica, dalle miniature dei manoscritti  astronomici e astrologici illustrati fino ai monumentali cicli pittorici  che decorano le volte dei palazzi e le cupole delle cappelle; la tradizione mitogratica. dalle enciclopedie medievali fino ai grandi trattati  italiani tardo cinquecenteschi sugli dei. Cosi, nell’illuminare taluni  aspetti della fortuna della mitologia classica. Seznec mostra come  L’antichità pagana, lungi dal rinascere, nell’italia del Quattrocento,  era sopravvissuta nella cultura e nell’arte medievali. In tal senso il  Rinascimento non solo non costituisce una rottura radicale con il  passato, ma é anzi una sintesi miracolosa di forme e idee che,  seppure spesso dissociale, non erano mai scomparse del tutto.

Monday, March 16, 2020

il dio sconosciuto

AGNÒSTOS THEÒS

In greco «il dio sconosciuto»

Ad Atene vi sarebbero stati al- tari dedicati a «dèi sconosciuti»; quando Paolo, nel  discorso all’Areopago (At 17, 23), usa  il singolare, ciò  corrisponde a una  nuova interpretazione monoteistica. 

Nella storia delle religioni sono accertate l’invocazione e l’adorazione di  «tutti gli dèi» (Pantheon), che pur non venendo chiamati per nome, non erano senza nome.  

Un dio sconosciuto  o anonimo esisteva anche nell’Arabia pre-islamica: a Palmira vi sono  iscrizioni votive (dal II al III secolo) rivolte a   eterno»; i suoi soprannomi sono «signore del mondo» e «il buono».  

Sunday, March 08, 2020

Allat

Allat
in arabo «la dea»

Divinità adorata nell’Arabia pre-islamica centrale e settentrionale. 
Erodoto conosce questo nome semitico nella forma Alitat e paragona la dea ad Afrodite Urania. 
Era particolarmente venerata a Ta’if, dove sorgeva anche il suo idolo, un bianco blocco di granito. Era considerata una delle tre figlie di Allah e posta in relazione al pianeta Venere, Da alcuni testi si è creduto di poter dedurre anche un legame con il sole. 

Thursday, March 05, 2020

Amaterasu Oho mi-kami - Grande augusta dea che risplende nel cielo


Amaterasu Oho mi-kami 
(Grande augusta dea che risplende nel cielo). 

Dea del sole, è la divinità più importante della mitologia giapponese, ancor oggi venerata come antenata della famiglia imperiale. Si narra nel Kojiki, il più antico dei libri classici dello Shintoismo, compilato da Yasumaro nel 712 d. C., che la dea nacque dall’occhio sinistro di Izanagi. Fu lei ad insegnare agli uomini la coltivazione del riso, l’allevamento del baco da seta e l’arte del tessere. Era sorella del cattivo Susanowo, il quale un giorno la spaventò talmente da indurla a nascondersi in una caverna, privando cosi gli uomini della sua benefica luce. Insensibile all’offerta di doni e alle invocazioni degli altri dei, la Grande dea del sole si rifiutava di uscire dalla grotta; allora la divina Uzume si mise a ballare sfrenatamente, suscitando le risa delle ottocento miriadi degli dei celesti. A tanto baccano A., sorpresa, socchiuse la porta e disse (Kojiki, XVI.):  

 “... In seguito al mio ritiro, la distesa del cielo dovrebbe pur essere, a mio avviso, assolutamente al buio, e anche il paese di mezzo dei campi di giunco (il Giappone) dovrebbe trovarsi nell’oscurità. Come avviene dunque che Uzume sia cosi allegra e che ridano anche tutte le ottocento miriadi degli dei?». Allora parlò Uzume e disse: «Noi godiamo e siamo allegri perché c’è una divinità che è ancora più splendente di Tua Altezza ». Mentr’essa parlava, Koyane e Futo-tama tesero lo specchio presentandolo reverentemente ad Amaterasu. Allora Amaterasu, sempre più meravigliata, venne a poco a poco fuori della porta, e guardò; in quel momento Tachikara-wo, che stava in agguato, la prese per la sua augusta mano e la trasse fuori … Essendo dunque Amaterasu uscita fuori, tornarono naturalmente ad essere illuminati la distesa dell’alto cielo e il paese di mezzo dei campi di giunco.”

Alcuni mitologi ritengono il racconto una interpretazione mitica, la descrizione dell’eclissi solare e il riferimento ai riti agricoli dell’antichità.  

In seguito la dea decise di assoggettare per il proprio figlio Oshi-ho-mi-mi il Giappone, governato da Oho-Kuni-nushi. Ma il giovane dio non se la senti di guidare l’agitata umanità e rinunciò in favore del figlio Ninigi.

Allah

Allah
in arabo a1-ilah, «il Dio»

Nell’epoca pre-islamica era la divinità suprema, che aveva creato la terra e donava l’acqua: Nella dottrina monoteistica di Muhammad è l’unico Dio, a cui spetta da parte degli uomini- l’atteggiamento di sottomissione (islam). Allah è completamente diverso da tutto ciò che- è stato creato (da lui): da qui- anche il divieto di raffigurarlo in immagini. I «bei nomi» di All. corrispondono agli epiteti con cui viene descritto nel  Corano: si conoscono 99 nomi (da qui le 99 perle del rosario islamico), ma il «nome più grande», che completa il centinaio, nessun mortale lo cono-ce. Allah è «la luce del cielo e della terra» (sura 24, 35), e nel- la mistica araba (sufismo) è paragonato a un sole che emana i suoi raggi; il suo trono è un segno della sua onnipotenza e della distanza che lo separa dal creato. Le affermazioni del Corano che attribuiscono ad Allah parti del corpo e qualità umane furono interpretate come metafore dalla maggior parte dei teologi, che rifiutavano i tratti antropomorfi. Mentre il mondo è sorto soltanto attraverso la parola di Dio («sia»), per quanto riguarda l’uomo, fatto con fango o argilla (cfr. ad es. sura 6, 3 e 55, 15), si trova l’idea del vasaio. A causa del divieto del- le immagini, Allah può essere «rappresentato» solo calligraficamente. 

Sunday, March 01, 2020

Inno agli Dei di Proclo

Inno agli Dei di Proclo

         Voi che reggete il timone della saggezza santa
         dèi che accendete il fuoco del grande Ritorno
         che ricondurrete un giorno
         presso di voi, immortali, l’anima
         umana, lontano dalla caverna, nostra buia
         dimora quaggiù
         voi grazie ai quali, al canto
         degli inni misteriosi noi diventiamo
         puri, esaudite le mie preghiere.
         Voi che siete Liberatori
         rendete intellegibile del libro
         divino le parole, fate che un raggio dissipi
         ai miei occhi la tenebra.
         Che infine possa vedere io
         l’uomo che sono e il Dio
         immortale in me. Che un demone malefico
         non mi tenga in prigionia
         sotto le onde dell’oblio, lontano
         dai Beati. Che un Giudizio
         sanguinoso non chiuda la mia anima
         nelle segrete della vita, in balia
         dei flutti gelidi delle generazioni,
         portata suo malgrado per infinite stagioni.
         Ma voi divinità, voi Sovrani della saggezza viva
         esaudite chi si affretta alla ripida
         salita del Ritorno
         e nella sacra ebbrezza, ch’io li impari,
         svelateli i misteri
         Nascosti nelle parole
         Della preghiera.