Thursday, September 17, 2009

Così la musica vinse la sfida con la parola

La Repubblica 16.9.09
Così la musica vinse la sfida con la parola
I neurologi: fu la prima forma di linguaggio
"I segreti della comunicazione svelati da un´area del cervello e dal Boléro di Ravel"
di Carlo Brambilla

MILANO - Il linguaggio verbale, fatto di parole e il linguaggio musicale, fatto di suoni, hanno un antenato comune, il "musilinguaggio". I primi uomini avrebbero comunicato tra loro le emozioni con versi musicali. Solo successivamente le due forme di espressione si sarebbero evolute, separandosi e sviluppando diverse e autonome sintassi. Di questa tesi affascinante e più in generale del rapporto tra pensiero musicale, emozioni, cervello e linguaggio, alla luce delle più recenti scoperte nel campo delle neuroscienze, discuteranno oggi neurologi, neurochirurghi, psicologi e musicologi, all´interno di una giornata di studi che si apre all´Università Bocconi di Milano, in collaborazione l´istituto Neurologico Carlo Besta, nell´ambito del festival Mito, Settembre-musica.
Spiega Giuliano Avanzini, neurologo del Besta, docente di neurofisiologia, tra i principali relatori del convegno: «Esistono strumenti musicali a fiato, dei flauti, che risalgono a più di 45 mila anni fa, quando il linguaggio verbale doveva essere estremamente limitato. L´ipotesi che il nostro linguaggio derivi in qualche modo da un linguaggio musicale precedente o che entrambi abbiano un antenato comune mi sembra particolarmente interessante. Le ultime scoperte nel campo delle neuroscienze sembrano avvalorare l´ipotesi. Le due forme di espressione hanno il loro centro privilegiato nella medesima area cerebrale, la cosiddetta area di Broca (dal nome del neurologo francese che l´ha scoperta) poco dietro la fronte. Un´area di convergenza che presenta un elevato numero di neuroni a specchio, particolari cellule cerebrali importantissime per la comprensione dei meccanismi di apprendimento».
Pur avendo un´origine comune musica e linguaggio verbale hanno finito per differenziarsi e seguire percorsi autonomi. Un caso emblematico, che verrà discusso oggi, è quello del grande musicista Maurice Ravel. E della sua grave malattia neurologica, descritta con precisione dai medici curanti, che lo portò alla perdita della parola, ma gli consentì di comporre ugualmente il suo massimo capolavoro, il celebre Bolero. Racconta Giovanni Broggi, neurochirurgo del Besta: «Ravel era gravemente ammalato. Venne anche operato perché si sospettò avesse un tumore al cervello. Ma si trattava di una malattia degenerativa, forse una encefalite. Proprio mentre aveva difficoltà nella parola scrisse il Bolero. Una musica straordinaria, ripetitiva, nella quale un´interpretazione psicoanalitica ha voluto leggere la configurazione musicale di un atto erotico. La prima volta che venne eseguito una dama svenne e Ravel commentò che quella donna aveva veramente capito la sua musica. Ma il neurologo che lo seguiva aveva annotato che nello stesso momento il paziente non riusciva a riconoscere molti accordi musicali. Possibile che abbia composto il suo capolavoro come lo ha composto proprio perché aveva una sensazione distorta della musica»?
Linguaggio verbale e linguaggio musicale. Aree cerebrali in parte sovrapposte, ma in parte autonome. Una caratteristica che viene sempre maggiormente sfruttata nei procedimenti di riabilitazione nei soggetti che hanno perso la parola. È una delle frontiere della musicoterapia che utilizza proprio la musica come strumento di comunicazione non verbale. La musica dà infatti alla persona malata la possibilità di esprimere le proprie emozioni e di comunicare i propri sentimenti. Ottimi risultati si ottengono, per esempio, con i pazienti affetti da autismo, ma anche con i malati di morbo di Alzheimer, demenza, disturbi dell´umore e del comportamento alimentare.

Monday, September 07, 2009

Gran parte delle risorse cognitive impiegate per impressionare e piacere

La Repubblica 7.9.09
Così una bella donna manda in tilt il cervello di un uomo
Ecco il perché di rossori e imbarazzi
Gran parte delle risorse cognitive impiegate per impressionare e piacere
di Enrico Franceschini

LONDRA - Se in presenza di una bella donna vi capita di balbettare, confondervi, dimenticare cosa stavate facendo o dove stavate andando, consolatevi: non siete i soli. E, per di più, è madre natura che ha programmato noi uomini in maniera da comportarci in questo modo.
Una ricerca pubblicata in Gran Bretagna conferma infatti il vecchio luogo comune secondo cui il maschio, davanti alla bellezza femminile, perde la testa. Ebbene, sembra proprio così: basta un incontro fugace con una donna attraente e il cervello maschile smette di funzionare, perde colpi, non fa più il suo mestiere. "La donna più sciocca può manovrare a suo piacimento un uomo intelligente", diceva Kipling: se poi è carina, non c´è genio che possa resisterle.
"Il sex appeal fa andare l´uomo giù di testa" è il titolo con cui il quotidiano Daily Telegraph di Londra riassume la ricerca, apparsa sull´autorevole Journal of Experimental and Social Psychology. Si tratta di uno studio condotto da psicologi della Radbouds University, in Olanda, che hanno sottoposto a una serie di test un campione di studenti maschi eterosessuali.
A tutti è stato chiesto per esempio di ricordare una successione di lettere dell´alfabeto. Quindi ciascuno degli studenti ha trascorso sette minuti in compagnia di una donna attraente. Poi il test è stato ripetuto. La seconda volta, tutti gli studenti hanno ottenuto risultati decisamente peggiori della prima.
Gli studiosi pensano che la ragione sia questa: quando incontrano una donna che a loro piace, gli uomini usano istintivamente gran parte delle loro funzioni cerebrali, ossia delle risorse cognitive, per fare buona impressione su di lei, insomma per far colpo, e nel cervello rimangono dunque scarse risorse per altre funzioni.
Gli psicologi olandesi hanno avuto l´idea di condurre un simile esperimento quando uno di loro si è accorto che, dopo aver avuto una conversazione con una donna che lo aveva colpito per la sua bellezza e che non aveva mai incontrato prima, lui non riusciva a ricordare l´indirizzo di casa propria, in risposta a una domanda della sua interlocutrice per sapere dove vivesse. Il professor George Fieldman, membro della British Psychological Society, commenta sul Telegraph che i risultati riflettono il fatto che gli uomini sono programmati dall´evoluzione per pensare a come trasmettere i propri geni. «Quando un uomo incontra una donna», afferma lo studioso, «è concentrato sulla riproduzione. Ma una donna cerca anche altri attributi, come la gentilezza, la sincerità, la stabilità economica».
E in effetti la ricerca suggerisce che le donne non perdono la testa allo stesso modo, quando incontrano un uomo bello e affascinante.
Il test, secondo gli esperti, potrà essere utile per valutare le prestazioni di uomini che flirtano con le colleghe sul posto di lavoro o i risultati accademici nelle scuole miste. Senza contare che d´ora in poi l´uomo avrà una scusa in più, se si rende ridicolo di fronte a una bella donna: potrà sempre dare la colpa ai cavernicoli nostri antenati e all´evoluzione delle specie.