Saturday, May 23, 2009
Monday, May 18, 2009
Trovata in Germania. Scolpita nell’avorio, è alta solo 60 millimetri
l'Unità 18.5.09
Trovata in Germania. Scolpita nell’avorio, è alta solo 60 millimetri
Simboli. L’organo sessuale estremamente grande esalta la fertilità
La statua più antica. Una donna dai seni enormi
di Pietro Greco
La statua più antica del mondo è stata trovata l’anno scorso in Germania: scolpita nell’avorio di un mammut, è alta 60 millimetri e raffigura una donna con seni prominenti e una vulva enorme.
È alta appena 60 millimetri. Ha una testa piccolissima, le braccia e le gambe accorciate, ma in compenso ha seni prominenti e una vulva enorme. È scolpita nell’avorio, prelevato dalla zanna di un mammut. È stata trovata nei mesi scorsi, in una cava della Hohle Fels, nella parte sudoccidentale della Germania. E da la più antica rappresentazione di un corpo umano mai rinvenuta. È stata scolpita 37.000 anni fa (misurati con estrema precisione con le nuove tecniche al radiocarbonio) dai primi sapiens giunti in quelle regioni d’Europa. Ed è stata ritrovata il 9 settembre 2008. Ne dà notizia su Nature Nicholas Conard, un archeologo dell’università di Tubinga.
La statua è la più antica mai ritrovata e anticipa di alcune migliaia di anni la capacità, provata di Homo sapiens, di esprimersi mediante sofisticate capacità artistiche.
La statua è quella di una donna. Anzi, di una donna-simbolo. Anche se non sappiamo esattamente cosa simboleggino quelle forme così enfatizzate dei caratteri sessuali. Da questo punto di vista la statuetta di Hohle Fels non rappresenta un’eccezione. Ma, anzi, una costante. Altri ritrovamenti risalenti al medesimo periodo (circa 35.000 anni fa), effettuati in altre parti d’Europa (per esempio a Le Ferrassie, in Francia) mostrano che non appena l’uomo ha inventato l’arte figurativa e con essa la capacità di raffigurare se stesso, ha puntato molto sulla rappresentazione dei caratteri sessuali. Soprattutto femminili. Ma non solo: in Francia è stato trovato per esempio un fallo in avorio di poco più recente, risalente a 36.000 anni fa.
Una scelta ossessiva
Perché questa scelta, quasi ossessiva del sesso? Cosa vogliono rappresentare quelle figure simboliche che agli occhi di un osservatore oggi appaiono quasi pornografiche? Non lo sappiamo. Le ipotesi principali sono tre. La prima è che esaltando i caratteri sessuali umani e animali i nostri progenitori volessero esaltare la fertilità e la vita stessa. La seconda è che quelle statuine volessero rappresentare l’opposizione dei sessi. La terza è che fossero utilizzate in riti e celebrazioni.
Sia come sia, un fatto è certo: questa «corrente artistica» è stata egemone a lungo in Europa, per almeno 25.000 anni. E sì, perché quel modo di raffigurare la donna si è conservato. Celeberrima, per esempio, è la Venere di Willendorf: che ha «solo» 28.000 anni, ma ha una raffinatezza artistica stupefacente.
Tuttavia la statua in avorio di Hohle Fels ci dice qualcosa in più. Essa è stata scolpita dai primi Homo sapiens giunti in quella regione d’Europa, dove abitavano i Neandertal: la specie che ci ha preceduti nel Vecchio Continente. Anche i Neandertal conoscevano l’arte. E anche i Neandertal possedevano un pensiero simbolico. Ma la loro arte si esprimeva attraverso figure astratte. I sapiens hanno inventato l’arte figurativa. Segno, probabilmente, che possedevano non solo una diversa cultura, ma più estese capacità cognitive.
Trovata in Germania. Scolpita nell’avorio, è alta solo 60 millimetri
Simboli. L’organo sessuale estremamente grande esalta la fertilità
La statua più antica. Una donna dai seni enormi
di Pietro Greco
La statua più antica del mondo è stata trovata l’anno scorso in Germania: scolpita nell’avorio di un mammut, è alta 60 millimetri e raffigura una donna con seni prominenti e una vulva enorme.
È alta appena 60 millimetri. Ha una testa piccolissima, le braccia e le gambe accorciate, ma in compenso ha seni prominenti e una vulva enorme. È scolpita nell’avorio, prelevato dalla zanna di un mammut. È stata trovata nei mesi scorsi, in una cava della Hohle Fels, nella parte sudoccidentale della Germania. E da la più antica rappresentazione di un corpo umano mai rinvenuta. È stata scolpita 37.000 anni fa (misurati con estrema precisione con le nuove tecniche al radiocarbonio) dai primi sapiens giunti in quelle regioni d’Europa. Ed è stata ritrovata il 9 settembre 2008. Ne dà notizia su Nature Nicholas Conard, un archeologo dell’università di Tubinga.
La statua è la più antica mai ritrovata e anticipa di alcune migliaia di anni la capacità, provata di Homo sapiens, di esprimersi mediante sofisticate capacità artistiche.
La statua è quella di una donna. Anzi, di una donna-simbolo. Anche se non sappiamo esattamente cosa simboleggino quelle forme così enfatizzate dei caratteri sessuali. Da questo punto di vista la statuetta di Hohle Fels non rappresenta un’eccezione. Ma, anzi, una costante. Altri ritrovamenti risalenti al medesimo periodo (circa 35.000 anni fa), effettuati in altre parti d’Europa (per esempio a Le Ferrassie, in Francia) mostrano che non appena l’uomo ha inventato l’arte figurativa e con essa la capacità di raffigurare se stesso, ha puntato molto sulla rappresentazione dei caratteri sessuali. Soprattutto femminili. Ma non solo: in Francia è stato trovato per esempio un fallo in avorio di poco più recente, risalente a 36.000 anni fa.
Una scelta ossessiva
Perché questa scelta, quasi ossessiva del sesso? Cosa vogliono rappresentare quelle figure simboliche che agli occhi di un osservatore oggi appaiono quasi pornografiche? Non lo sappiamo. Le ipotesi principali sono tre. La prima è che esaltando i caratteri sessuali umani e animali i nostri progenitori volessero esaltare la fertilità e la vita stessa. La seconda è che quelle statuine volessero rappresentare l’opposizione dei sessi. La terza è che fossero utilizzate in riti e celebrazioni.
Sia come sia, un fatto è certo: questa «corrente artistica» è stata egemone a lungo in Europa, per almeno 25.000 anni. E sì, perché quel modo di raffigurare la donna si è conservato. Celeberrima, per esempio, è la Venere di Willendorf: che ha «solo» 28.000 anni, ma ha una raffinatezza artistica stupefacente.
Tuttavia la statua in avorio di Hohle Fels ci dice qualcosa in più. Essa è stata scolpita dai primi Homo sapiens giunti in quella regione d’Europa, dove abitavano i Neandertal: la specie che ci ha preceduti nel Vecchio Continente. Anche i Neandertal conoscevano l’arte. E anche i Neandertal possedevano un pensiero simbolico. Ma la loro arte si esprimeva attraverso figure astratte. I sapiens hanno inventato l’arte figurativa. Segno, probabilmente, che possedevano non solo una diversa cultura, ma più estese capacità cognitive.
Monday, May 04, 2009
Antichità Un ciclo d’incontri sui secoli della Magna Grecia
La Corriere della Sera 4.5.09
Antichità Un ciclo d’incontri sui secoli della Magna Grecia
Taranto, la prima democrazia
di Antonio Carioti
A volte la democrazia è figlia della sconfitta. È accaduto all’Italia con la Seconda guerra mondiale, ma accadde anche alla colonia greca di Taranto, fra il 470 e il 460 avanti Cristo. «Fu dopo una grave disfatta subita ad opera dei popoli circostanti, Iapigi e Messapi, che i tarantini — spiega lo storico Mario Lombardo — riformarono i propri ordinamenti in senso democratico: il fior fiore dell’aristocrazia era perito in battaglia e si decise di estendere il raggio della cittadinanza per rafforzare le basi della polis.
Al fine di accogliere i nuovi cittadini, che confluivano nel centro urbano dal territorio contiguo, fu ampliato il perimetro dell’abitato, fortificandolo con una cinta muraria di 11 chilometri. Quindi Taranto divenne la prima democrazia creata sul territorio italiano: non ha fondamento la tesi, avanzata di recente, che sia stata preceduta dall’altra colonia greca di Metaponto. Aristotele la definì 'democrazia di pescatori', perché a Taranto il porto era il fulcro della vita economica e sociale».
Su quelle vicende Lombardo, docente di Storia greca all’Università del Salento, terrà una conferenza in programma giovedì 7 maggio nella città pugliese, terzo appuntamento del ciclo «I giorni di Taranto». Si tratta di un’iniziativa ideata da un altro studioso, Emanuele Greco, che dirige la Scuola archeologica italiana di Atene, ispirandosi alle manifestazioni analoghe promosse a Roma, Firenze e Milano. «Taranto — dichiara Greco — attraversa una fase difficile e ho pensato di rilanciarne la vita culturale rievocando l’epoca della Magna Grecia, quando fu per un certo periodo la più importante città d’Italia».
Gli incontri, organizzati dalla Fondazione Taranto e la Magna Grecia, coprono un arco di cinque secoli, dal 706 al 209 a.C., e si tengono sempre alle 18,30 del giovedì, nella sala «Resta» della Cittadella delle Imprese. Lombardo si occuperà del V secolo, compresa la guerra del Peloponneso: all’epoca Taranto, pur essendo una democrazia come Atene, si schierò sull’altro fronte, poiché era nata come colonia di Sparta. Poi toccherà a due noti archeologi: il 14 maggio ci sarà la conferenza di Paolo Moreno, che si soffermerà sul IV secolo, autentica età dell’oro di Taranto, e il 21 l’incontro finale con Filippo Coarelli, che tratterà le tragiche vicende della Seconda guerra punica, con il saccheggio della città da parte dei romani.
Antichità Un ciclo d’incontri sui secoli della Magna Grecia
Taranto, la prima democrazia
di Antonio Carioti
A volte la democrazia è figlia della sconfitta. È accaduto all’Italia con la Seconda guerra mondiale, ma accadde anche alla colonia greca di Taranto, fra il 470 e il 460 avanti Cristo. «Fu dopo una grave disfatta subita ad opera dei popoli circostanti, Iapigi e Messapi, che i tarantini — spiega lo storico Mario Lombardo — riformarono i propri ordinamenti in senso democratico: il fior fiore dell’aristocrazia era perito in battaglia e si decise di estendere il raggio della cittadinanza per rafforzare le basi della polis.
Al fine di accogliere i nuovi cittadini, che confluivano nel centro urbano dal territorio contiguo, fu ampliato il perimetro dell’abitato, fortificandolo con una cinta muraria di 11 chilometri. Quindi Taranto divenne la prima democrazia creata sul territorio italiano: non ha fondamento la tesi, avanzata di recente, che sia stata preceduta dall’altra colonia greca di Metaponto. Aristotele la definì 'democrazia di pescatori', perché a Taranto il porto era il fulcro della vita economica e sociale».
Su quelle vicende Lombardo, docente di Storia greca all’Università del Salento, terrà una conferenza in programma giovedì 7 maggio nella città pugliese, terzo appuntamento del ciclo «I giorni di Taranto». Si tratta di un’iniziativa ideata da un altro studioso, Emanuele Greco, che dirige la Scuola archeologica italiana di Atene, ispirandosi alle manifestazioni analoghe promosse a Roma, Firenze e Milano. «Taranto — dichiara Greco — attraversa una fase difficile e ho pensato di rilanciarne la vita culturale rievocando l’epoca della Magna Grecia, quando fu per un certo periodo la più importante città d’Italia».
Gli incontri, organizzati dalla Fondazione Taranto e la Magna Grecia, coprono un arco di cinque secoli, dal 706 al 209 a.C., e si tengono sempre alle 18,30 del giovedì, nella sala «Resta» della Cittadella delle Imprese. Lombardo si occuperà del V secolo, compresa la guerra del Peloponneso: all’epoca Taranto, pur essendo una democrazia come Atene, si schierò sull’altro fronte, poiché era nata come colonia di Sparta. Poi toccherà a due noti archeologi: il 14 maggio ci sarà la conferenza di Paolo Moreno, che si soffermerà sul IV secolo, autentica età dell’oro di Taranto, e il 21 l’incontro finale con Filippo Coarelli, che tratterà le tragiche vicende della Seconda guerra punica, con il saccheggio della città da parte dei romani.
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