La Stampa Tuttolibri 6.9.08
Ritorno a Loudun, dove si svolse uno fra i più clamorosi processi di stregoneria di quel secolo
Il diavolo al rogo nel Seicento è un curato libertino
Il romanzo di Huxley che ispirò tra l’altro la commedia di Whiling, il film di Ken Russell, l’opera di Penderecki
di Masolino D'Amico
Nel terzo decennio del Seicento Loudun, cittadina del Poitou a una cinquantina di chilometri di Parigi, fu teatro di uno dei più clamorosi processi di stregoneria di quel secolo, semidimenticato in quello successivo, molto indagato dai positivisti ottocenteschi, infine esplorato in tutte le sue sfaccettature da Aldous Huxley in un libro che ispirò tra l’altro una commedia (Whiting), un film (Russell), un’opera lirica (Penderecki).
Suor Jeanne des Anges, giovane priora di un piccolo convento, monacata perché deforme - era quasi nana - e quindi difficile da maritare, si dichiarò improvvisamente posseduta dei demoni inviatile da Urbain Grandier, curato della cittadina; il quale Grandier era aitante, intelligente, eloquente, e notoriamente libertino, avendo un’amante semiufficiale e almeno un figlio illegittimo, sia pure disconosciuto.
Suor Jeanne conosceva Grandier solo per fama, non avendolo mai visto, ma lo aveva invitato per iscritto a diventare confessore della sua comunità ottenendone un rifiuto. Ora l’uomo popolava i suoi sogni; e le sue ossessioni-frustrazioni, condivise con le diciassette tra suore e novizie che dipendevano da lei, esplosero. Le accuse furono avidamente ascoltate sia dalla Chiesa, che prontamente mandò esorcisti, sia dai nemici locali di Grandier.
Gli esorcismi, pubblici e violenti (per prima cosa a suor Jeanne fu somministrato un enorme clistere di acqua benedetta), ebbero l’effetto di esasperare le manifestazioni di squilibrio delle indemoniate, che si svilupparono in veri e propri spettacoli a richiesta, con bestemmie, contorcimenti acrobatici e mostra di nudità. Tenuti a intervalli regolari per alcuni anni, questi diventarono una grande attrazione turistica della cittadina, attirando migliaia di persone anche di alto rango. Alla fine della lunga kermesse, che da Parigi Richelieu non fece nulla per scoraggiare (voleva dare una lezione agli ugonotti di Loudun, non gli dispiaceva saggiare il terreno in vista del restauro di un qualche tipo di Inquisizione, e nutriva rancore verso Grandier, dal quale una volta aveva subito uno sgarbo), l’imputato, mai ascoltato dai giudici, fu atrocemente torturato e bruciato vivo.
Dal canto suo suor Jeanne continuò a lottare coi demoni, dai quali si dichiarò definitivamente liberata solo dopo molto tempo, dando inizio a una carriera di star della santità, prima viaggiando e poi ricevendo in sede, impartendo consigli che venivano dai suoi protettori celesti, infine scrivendo un paio di compiaciute autobiografie.
Unico neo nel complotto dei cacciatori di diavoli, Grandier si rifiutò fino all’ultimo di firmare una confessione di colpevolezza: i tempi non avevano ancora scoperto, commenta Huxley, quei sistemi di fiaccamento della volontà individuale con cui i moderni totalitarismi ottengono invece, sempre, l’autoaccusa delle loro vittime.
Non è questo l’unico raffronto che l’autore promuove tra l’epoca di Luigi XIII e la sua, e qualcuno gli ha rimproverato un eccesso di mentalità scientifica, per esempio di essere stato troppo severo col gesuita Surin, il mistico che tentò di liberare suor Jeanne e che finì semiindemoniato a sua volta, preda di tremendi mali psicosomatici, internato in manicomio e tentato suicida prima di un lento e doloroso recupero. Dopotutto, si obietta, Surin credeva quello che (quasi) tutti credevano ai tempi suoi. Sì, certo: maHuxley fa osservarecome nella propria incrollabile convinzione il gesuita violasse precisi precetti della Chiesa stessa, che ammoniva a non accettare per oro colato niente di provenienza diabolica. Ansiosi di dimostrare il loro teorema, Surin e compagni invece presero per buone le accuse delle suore possedute (se interrogato nel modo giusto, il diavolo non può mentire), e ignorarono le argomentazioni a discarico (il diavolo in questo caso mentiva).
Noi non diamo più credito alla stregoneria, mail punto è che neanche con gli strumenti di allora il processo contro Grandier avrebbe dovuto essere celebrato.
La lezione che Huxley lucidamente ne trae è, guai al fondamentalismo; guai a chi, ritenendosi in possesso della verità, si considera in diritto di calpestare qualsiasi principio o persona. Ma quando nasce il fondamentalismo (religioso, ma anche politico, economico, ecc.)? Secondo Huxley, quando l’uomoperde il contatto con la natura; quando le parole travalicano il rapporto con le cose e si investono di un’autorità propria e dispotica. L’ammonimento appare ancora più attuale oggi di quando il libro fu scritto, più di mezzo secolo fa.
Ritorno a Loudun, dove si svolse uno fra i più clamorosi processi di stregoneria di quel secolo
Il diavolo al rogo nel Seicento è un curato libertino
Il romanzo di Huxley che ispirò tra l’altro la commedia di Whiling, il film di Ken Russell, l’opera di Penderecki
di Masolino D'Amico
Nel terzo decennio del Seicento Loudun, cittadina del Poitou a una cinquantina di chilometri di Parigi, fu teatro di uno dei più clamorosi processi di stregoneria di quel secolo, semidimenticato in quello successivo, molto indagato dai positivisti ottocenteschi, infine esplorato in tutte le sue sfaccettature da Aldous Huxley in un libro che ispirò tra l’altro una commedia (Whiting), un film (Russell), un’opera lirica (Penderecki).
Suor Jeanne des Anges, giovane priora di un piccolo convento, monacata perché deforme - era quasi nana - e quindi difficile da maritare, si dichiarò improvvisamente posseduta dei demoni inviatile da Urbain Grandier, curato della cittadina; il quale Grandier era aitante, intelligente, eloquente, e notoriamente libertino, avendo un’amante semiufficiale e almeno un figlio illegittimo, sia pure disconosciuto.
Suor Jeanne conosceva Grandier solo per fama, non avendolo mai visto, ma lo aveva invitato per iscritto a diventare confessore della sua comunità ottenendone un rifiuto. Ora l’uomo popolava i suoi sogni; e le sue ossessioni-frustrazioni, condivise con le diciassette tra suore e novizie che dipendevano da lei, esplosero. Le accuse furono avidamente ascoltate sia dalla Chiesa, che prontamente mandò esorcisti, sia dai nemici locali di Grandier.
Gli esorcismi, pubblici e violenti (per prima cosa a suor Jeanne fu somministrato un enorme clistere di acqua benedetta), ebbero l’effetto di esasperare le manifestazioni di squilibrio delle indemoniate, che si svilupparono in veri e propri spettacoli a richiesta, con bestemmie, contorcimenti acrobatici e mostra di nudità. Tenuti a intervalli regolari per alcuni anni, questi diventarono una grande attrazione turistica della cittadina, attirando migliaia di persone anche di alto rango. Alla fine della lunga kermesse, che da Parigi Richelieu non fece nulla per scoraggiare (voleva dare una lezione agli ugonotti di Loudun, non gli dispiaceva saggiare il terreno in vista del restauro di un qualche tipo di Inquisizione, e nutriva rancore verso Grandier, dal quale una volta aveva subito uno sgarbo), l’imputato, mai ascoltato dai giudici, fu atrocemente torturato e bruciato vivo.
Dal canto suo suor Jeanne continuò a lottare coi demoni, dai quali si dichiarò definitivamente liberata solo dopo molto tempo, dando inizio a una carriera di star della santità, prima viaggiando e poi ricevendo in sede, impartendo consigli che venivano dai suoi protettori celesti, infine scrivendo un paio di compiaciute autobiografie.
Unico neo nel complotto dei cacciatori di diavoli, Grandier si rifiutò fino all’ultimo di firmare una confessione di colpevolezza: i tempi non avevano ancora scoperto, commenta Huxley, quei sistemi di fiaccamento della volontà individuale con cui i moderni totalitarismi ottengono invece, sempre, l’autoaccusa delle loro vittime.
Non è questo l’unico raffronto che l’autore promuove tra l’epoca di Luigi XIII e la sua, e qualcuno gli ha rimproverato un eccesso di mentalità scientifica, per esempio di essere stato troppo severo col gesuita Surin, il mistico che tentò di liberare suor Jeanne e che finì semiindemoniato a sua volta, preda di tremendi mali psicosomatici, internato in manicomio e tentato suicida prima di un lento e doloroso recupero. Dopotutto, si obietta, Surin credeva quello che (quasi) tutti credevano ai tempi suoi. Sì, certo: maHuxley fa osservarecome nella propria incrollabile convinzione il gesuita violasse precisi precetti della Chiesa stessa, che ammoniva a non accettare per oro colato niente di provenienza diabolica. Ansiosi di dimostrare il loro teorema, Surin e compagni invece presero per buone le accuse delle suore possedute (se interrogato nel modo giusto, il diavolo non può mentire), e ignorarono le argomentazioni a discarico (il diavolo in questo caso mentiva).
Noi non diamo più credito alla stregoneria, mail punto è che neanche con gli strumenti di allora il processo contro Grandier avrebbe dovuto essere celebrato.
La lezione che Huxley lucidamente ne trae è, guai al fondamentalismo; guai a chi, ritenendosi in possesso della verità, si considera in diritto di calpestare qualsiasi principio o persona. Ma quando nasce il fondamentalismo (religioso, ma anche politico, economico, ecc.)? Secondo Huxley, quando l’uomoperde il contatto con la natura; quando le parole travalicano il rapporto con le cose e si investono di un’autorità propria e dispotica. L’ammonimento appare ancora più attuale oggi di quando il libro fu scritto, più di mezzo secolo fa.