l’Unità 27.4.09
L’Homo floresiensis sapeva modellare pietre. Prima di noi
Il luogo I ritrovamenti dei paleontologi sull’isola di Flores, in Indonesia
Un piccoletto insegnò al Sapiens a lavorare la pietra
di Pietro Greco
L’Homo sapiens imparò a lavorare la pietra dall’Homo florensiesis, una sorta di ominide alto un metro e dal cervello grande come una pera? Dei ritrovamenti nell’isola di Flores, Indonesia, suggeriscono di sì.
E se il piccolo hobbit, l’ultimo degli erectus, avesse insegnato direttamente al grande ed encefalizzato Homo sapiens come si lavora la pietra, nell’isola di Flores almeno ventimila anni fa? L’ipotesi - avanzata di recente da Mark Moore della University of New England, in Australia - è tutta da confermare. Ma racchiude in sé due novità per molti versi sorprendenti.
Si fonda su quattro fatti. Il primo è che nel sito di Liang Bua sull’isola di Flores, in Indonesia, frequentato per circa 80.000 anni - da 100.000 fino a 17.000 anni fa - da Homo floresiensis, un omino alto non più di un metro e col cervello grande come una pera, Mark Moore ha trovato pietre di origine vulcanica sapientemente lavorate. Il secondo fatto è che nello stesso sito il paleontologo australiano ha rinvenuto pietre lavorate molto più di recente, ma con la medesima tecnica. L’archeologo le ha studiate tutte, le più antiche e le più recenti. Ne ha prelevate 11.667 in cinque diversi livelli dello scavo. Osservandole a fondo, con le più moderne tecniche, una per una, per verificare come sono state lavorate. Il terzo fatto è che Liang Bua è stata frequentata, a partire almeno da 11.000 anni fa, da gruppi di Homo sapiens. Il quarto fatto è che i sapiens sono giunti in Indonesia 45.000 anni fa.
TECNICHE ELABORATE
Mark Moore ha provato a dare un’interpretazione coerente a questi quattro fatti. Le pietre ben lavorate non possono essere state realizzate tutte dai sapiens. Le più antiche, almeno, sono state lavorate certamente da Homo floresiensis, perché risalgono a un periodo in cui i sapiens in tutta l’Indonesia e persino in Asia non erano ancora arrivati. Di qui il primo rovello: come faceva quell’omino dal fisico e soprattutto dal cervello così piccolo ad aver sviluppato una cultura litica così avanzata? Domanda davvero intrigante. Cui Moore risponde chiedendo aiuto a Nicholas Toth e a Kathy Shick, due antropologi americani della Indiana University, che hanno insegnato ai bonobo (i piccoli scimpanzé che sono stati gli ultimi primati ad aver avuto un antenato comune con l’uomo) a lavorare la pietra in maniera abbastanza sofisticata.
La seconda domanda non è meno intrigante. Le pietre più recenti e quelle più antiche sembrano essere state lavorate se non dalla stessa mano, certo allo stesso modo: perché i sapiens hanno lavorato la pietra con la stessa tecnica dei floresiensis? E qui Moore avanza la sua ipotesi innovativa: semplice, perché l’hanno appresa direttamente dagli «hobbit», con cui hanno evidentemente convissuto occupando la medesima area. Non è l’unica risposta possibile: potrebbe trattarsi di semplice convergenza evolutiva (nel medesimo ambiente, con la medesima materia, entrambe le specie umane hanno trovato il modo migliore per intagliare). Per saperne di più Moore sta per pubblicare il suo report sul prossimo numero del Journal of Human Evolution.
L’Homo floresiensis sapeva modellare pietre. Prima di noi
Il luogo I ritrovamenti dei paleontologi sull’isola di Flores, in Indonesia
Un piccoletto insegnò al Sapiens a lavorare la pietra
di Pietro Greco
L’Homo sapiens imparò a lavorare la pietra dall’Homo florensiesis, una sorta di ominide alto un metro e dal cervello grande come una pera? Dei ritrovamenti nell’isola di Flores, Indonesia, suggeriscono di sì.
E se il piccolo hobbit, l’ultimo degli erectus, avesse insegnato direttamente al grande ed encefalizzato Homo sapiens come si lavora la pietra, nell’isola di Flores almeno ventimila anni fa? L’ipotesi - avanzata di recente da Mark Moore della University of New England, in Australia - è tutta da confermare. Ma racchiude in sé due novità per molti versi sorprendenti.
Si fonda su quattro fatti. Il primo è che nel sito di Liang Bua sull’isola di Flores, in Indonesia, frequentato per circa 80.000 anni - da 100.000 fino a 17.000 anni fa - da Homo floresiensis, un omino alto non più di un metro e col cervello grande come una pera, Mark Moore ha trovato pietre di origine vulcanica sapientemente lavorate. Il secondo fatto è che nello stesso sito il paleontologo australiano ha rinvenuto pietre lavorate molto più di recente, ma con la medesima tecnica. L’archeologo le ha studiate tutte, le più antiche e le più recenti. Ne ha prelevate 11.667 in cinque diversi livelli dello scavo. Osservandole a fondo, con le più moderne tecniche, una per una, per verificare come sono state lavorate. Il terzo fatto è che Liang Bua è stata frequentata, a partire almeno da 11.000 anni fa, da gruppi di Homo sapiens. Il quarto fatto è che i sapiens sono giunti in Indonesia 45.000 anni fa.
TECNICHE ELABORATE
Mark Moore ha provato a dare un’interpretazione coerente a questi quattro fatti. Le pietre ben lavorate non possono essere state realizzate tutte dai sapiens. Le più antiche, almeno, sono state lavorate certamente da Homo floresiensis, perché risalgono a un periodo in cui i sapiens in tutta l’Indonesia e persino in Asia non erano ancora arrivati. Di qui il primo rovello: come faceva quell’omino dal fisico e soprattutto dal cervello così piccolo ad aver sviluppato una cultura litica così avanzata? Domanda davvero intrigante. Cui Moore risponde chiedendo aiuto a Nicholas Toth e a Kathy Shick, due antropologi americani della Indiana University, che hanno insegnato ai bonobo (i piccoli scimpanzé che sono stati gli ultimi primati ad aver avuto un antenato comune con l’uomo) a lavorare la pietra in maniera abbastanza sofisticata.
La seconda domanda non è meno intrigante. Le pietre più recenti e quelle più antiche sembrano essere state lavorate se non dalla stessa mano, certo allo stesso modo: perché i sapiens hanno lavorato la pietra con la stessa tecnica dei floresiensis? E qui Moore avanza la sua ipotesi innovativa: semplice, perché l’hanno appresa direttamente dagli «hobbit», con cui hanno evidentemente convissuto occupando la medesima area. Non è l’unica risposta possibile: potrebbe trattarsi di semplice convergenza evolutiva (nel medesimo ambiente, con la medesima materia, entrambe le specie umane hanno trovato il modo migliore per intagliare). Per saperne di più Moore sta per pubblicare il suo report sul prossimo numero del Journal of Human Evolution.