il crocifisso e inquinamento
salve,
vi segnalo questa bella iniziativa.
questa notizia dimostra che chi attendo al mondo, chi
osserva la realta, chi entra in contatto con la
natura percepisce il cristianesimo come forma di
inquinamento. anche in passato alcuni gruppi hanno
segnalato che volendo installare croci, si sono aperte
strade, si sono sbancati monti.
concordiamo pienamente con la dichiarazione: <<Cè
ormai una smisurata fioritura di croci e lapidi che,
con il ritiro dei ghiacciai, è diventata la grande
piaga delle nostre alte montagne>>.
precisi studi storici hanno dimostrato come il
disseminare croci sui monti, fosse finalizzato al solo
scopo di marcare la proprieta'. della sacralita dei
monti ai monoteisti nulla importa.
ancora di piu ci riconosciamo in queste parole: <<
Bisogna finirla con lo sfruttamento delle cime, le
montagne sono già un simbolo del divino, non hanno
bisogno di emblemi religiosi.>>
ricordiamoci le parole dellinno omerico a Pan, le
cime dei monti sono sacre a questo Dio.
un ricordo. nel 1986 noi politeisti vicentini abbiamo
intrapreso la lotta per traslare la croce del Monte
Summano in altro luogo, la lotta continua.
nelle nostre richieste abbiamo sempre chiesto <<la
traslazione della croce in posto piu acconcio>>.
volutamente abbiamo parlato di traslazione, termine
riferito alle salme. la croce e solamente un simbolo
di morte, un patibolo. ce chi giustamente ha
sottolineato che esporre una croce non sia niente di
diverso che di esporre un patibolo, la ghighiottina e
la sedia elettrica.
gli autori di questa meritevole iniziativa giustamente
hanno dichiarato: << contrapporre ai tanti simboli di
morte e sofferenza>>.
leggere un simile notizia e riconferma di quanto
fosse giusta e fondata la nostra lotta, ed anche
dimostrazione di quanto da noi iniziato si diffonda in
chi ha retto sentire.
ciao
francesco scanagatta
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da: http://www.vaol.it/DetRub.jsp?idrub=13089
Pizzo Badile: buddha al posto della croce?
Quattro alpinisti chiedono vette libere dai simboli
sacri.
L'iniziativa è partita da un gruppo di alpinisti
locali che in spalla hanno portato in cima al Badile
la statua di un buddha .
La statua è stata collocata sulla sommintà della
vetta. La spiegazione fornita dagli autori di questa
iniziativa è stata la seguente: "L'augurio più grande
è che si restituisca alla montagna la sua essenza di
luogo libero da ogni simbolo: via lapidi, croci e
altre effigi sacre, per lasciare solo il puro spazio
di relazione tra l'uomo e la sua spiritualità,
qualsiasi essa sia. Il buddha - hanno spiegato Mario
Scarpa, Jacopo Merizzi, Luca Maspes e Giovanna
Novella, autori della trovata -, emblema di religione
universale, si contrapporre ai tanti simboli di morte
e sofferenza che normalmente tempestano le nostre
montagne
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/09_Settembre/29/buddha.shtml
A dare il via la polemica una provocazione contro
l'inquinamento delle cime Buddha o croce, la sfida in
vetta Sondrio, statua orientale sul Pizzo Badile.
Messner: via tutti i simboli. Da Polenza: i simboli
religiosi parte della tradizione STRUMENTIVERSIONE
STAMPABILEI PIU' LETTIINVIA QUESTO ARTICOLO
La statua di Buddha troneggia sulla vetta del Pizzo
Badile (Corsera)
MILANO - «Se voi non tirate giù le vostre croci noi
non tireremo giù il nostro Buddha». E «guerra santa»
sulle vette. Partita come provocazione di un gruppetto
di guide alpine valtellinesi, la polemica adesso
rischia di esplodere. Proprio come quella sul
crocifisso a scuola o nelle aule del tribunale.
Tutto inizia qualche giorno fa, quando sulla cima del
Pizzo Badile (3308 metri), in Valmasino (Sondrio),
viene issata una statua di Buddha alta un metro e
trenta e pesante venti chili. La portano sulla vetta
Jacopo Merizzi, 46 anni, guida alpina che ha aperto
decine di vie, Lupa Maspes, 33, scalatore di punta con
imprese anche sullHimalaya, Mario Scarpa, 33, e
Giovanna Novella, 25. «Ci siamo divertiti da matti -
dicono - poi abbiamo deciso di lasciarla lì. Almeno
sino a quando sulle vette non spariranno tutti i
simboli religiosi. Cè ormai una smisurata fioritura
di croci e lapidi che, con il ritiro dei ghiacciai, è
diventata la grande piaga delle nostre alte montagne».
Gli alpinisti che hanno portato il Buddah in vetta
(Corsera)
Un pretesto «ecologico» che però ha aperto il
dibattito: le croci sono testimonianza di fede o
inquinamento ambientale? E soprattutto, se ci stanno i
simboli di una religione perché non ci possono stare
quelli di un altra? E categorico Reinhold Messner:
«Né croci, né Buddha». «Bisogna finirla con lo
sfruttamento delle cime - dice -, le montagne sono già
un simbolo del divino, non hanno bisogno di emblemi
religiosi. Quando si arriva in vetta basta fare come
si usava una volta, costruire un ometto di sassi».
Don Josef Hurton, parroco di Solda, uno dei padri del
soccorso alpino italiano, la pensa però diversamente:
«Perché mai dovrebbero sparire le croci? Da duemila
anni fanno parte della nostra cultura e rappresentano
il massimo valore del cristianesimo, un segno portato
proprio dove luomo è più vicino a Dio. Le altre
religioni devono rispettare questo. Chi porterebbe mai
delle croci sulle vette dellIndia? E poi - continua
don Josef - qualcuno si è chiesto la gente del posto
sarebbe daccordo?». «Ma via, siamo seri», dice il
senatore Fiorello Provera (Lega), presidente della
Provincia di Sondrio. «Le croci sulle nostre montagne
in molti casi ricordano persone, civili ma anche
militari, che hanno perso la vita in quei luoghi. Ci
vuole rispetto. Non è così che si dimostra il laicismo
della nostra società che in secoli di storia è
cresciuto parallelamente alla religione. Liniziativa
del Buddha mi pare ridicola».
Anche Agostino Da Polenza, capo della spedizione
italiana sul K2 nel 2004, taglia corto: «I simboli
religiosi sulle montagne fanno parte della nostra
tradizione e della nostra cultura. Detto questo mi
pare altrettanto legittima liniziativa di chi invece
della croce vuole mettere un Buddha». «La montagna è
già bella così, non ha bisogno di simboli», sostiene
invece Marco Columbro, che si definisce libero
cercatore dello spirito. «Se si vuole arrivare a
parificare le religioni, non è questa la strada. Il
chiasso non serve. Bisogna sedersi a un tavolo e
discutere. E magari iniziare facendo studiare tutte le
religioni a scuola».
Luigi Corvi
29 settembre 2005
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