Curzio Maltese: Le tasse e i silenzi della Chiesa
Tratto da “la Repubblica”, 2 agosto 2007
Nell’intervista a “Famiglia Cristiana” in edicola, il premier Romano Prodi pone un interessante quesito: “Un terzo degli italiani evade le tasse. Tutti facciano la loro parte, a cominciare dagli educatori, scuola e Chiesa. Perché, quando vado a messa, questo tema non è mai toccato nelle omelie? Eppure ha una forte carica etica. Possibile che su 40 milioni di contribuenti sono solo 300 mila quelli che dichiarano più di 100 mila euro?”. Dall’alto dei trecentomila Paperoni d’Italia si può forse azzardare una risposta al dilemma prodiano: non sarà magari perché la Chiesa è la prima a non pagare le tasse? Non si può certo parlare di evasione e neppure di elusione. L’imponente evasione fiscale della Chiesa cattolica, come forse Prodi saprà e comunque dovrebbe sapere, è infatti legalizzata da un regime di privilegi contrario alla Costituzione e alle normative europee sulla concorrenza e circondato dall’omertà dello stesso governo e delle fonti d’informazione. Il 15 giugno scorso “Repubblica” ha rivelato che la Commissione europea aveva avviato un processo contro il governo italiano per il regalo dell’Ici alla Chiesa cattolica. Conservato dai decreti Bersani, nonostante una sentenza della Corte Costituzionale, sotto l’ipocrita formula dell’esenzione agli “esercizi non esclusivamente commerciali”. Nel caso degli enti ecclesiastici, in pratica tutti. La notizia, confermata da Bruxelles e di sicuro interesse pubblico, senza contare la “forte carica etica”, non è stata commentata da nessun esponente del governo né citata da alcuna fonte d’informazione laica, giornali o telegiornali. Con una sola, significativa eccezione. “Il Sole 24 Ore”, senza citare la fonte primaria, ha direttamente affidato la difesa del regalo alla Chiesa a un articolo di Enrico De Mita, professore di diritto e fratello del più noto Ciriaco. La tesi difensiva di De Mita, già smontata da una documentatissima replica dei fiscalisti Carlo Pontesilli e Alessandro Nucara, correttamente pubblicata dal giornale della Confindustria, partiva da un’ironica osservazione: “A chi farebbe concorrenza la Chiesa?”. Gli esempi in realtà sono infiniti. A cominciare dall’università dove insegna diritto l’ottimo professor De Mita, il Sacro Cuore di Milano, con le sue lussuose rette. Stiamo parlando di migliaia di esercizi commerciali, cliniche e scuole private, alberghi mascherati da “ostelli per la gioventù”, cinema, teatri. A Roma le proprietà (esentasse) ammontano, secondo alcune stime, al 22 per cento dell’intero patrimonio immobiliare. Una fortuna inestimabile, come del resto quella della curia lombarda. Per i particolari, si può consultare l’ultimo numero dell’Espresso (“Che tesoro di Papa”) , dove fra l’altro si apprende la cifra che lo stato italiano verserà al Vaticano quest’anno: 991 milioni di euro dell’”otto per mille”. In cambio di che cosa?L’articolo di Repubblica ha avuto in compenso successo in altri paesi europei. Per esempio nella cattolicissima Spagna, dove pure esiste una stampa laica che ha aperto una discussione sui privilegi degli enti ecclesiastici. Sull’onda, l’Unione europea ha deciso di varare una procedura sulle concessioni e i privilegi di cui gode la Chiesa in Spagna, simili ai nostri. La differenza è che il governo Zapatero si è messo subito a disposizione di Bruxelles per le indagini e i chiarimenti, come aveva già fatto in passato in occasioni del genere (l’esenzione dell’Iva, ormai abolita). Mentre il governo italiano, dopo il richiamo, si è limitato a varare una commissione di studio, presieduta dal professor Francesco Tesauro e per metà composta da esponenti cattolici (monsignor Mauro Rivella della Cei, Patrizia Clementi dell’ufficio avvocatura della curia milanese, Marco Grumo, docente di economia alla Cattolica di Milano) che non ha ancora prodotto nulla. Una reazione sorprendente per un governo che si proclama il “più europeista della storia italiana”, con un ex commissario europeo alla guida, Tommaso Padoa Schioppa superministro dell’economia ed Emma Bonino, l’unica probabilmente interessata al tema, alle politiche comunitarie. L’atteggiamento dilatorio, per non dire di peggio, del governo di Roma avrebbe irritato oltremodo i commissari europei, i quali verosimilmente apriranno in autunno un vero e proprio processo al nostro Paese per "aiuti di Stato" agli enti ecclesiastici. Nel frattempo, come si vede, non è il caso di chiedere a vescovi e parroci di scendere in prima linea nella lotta all’evasione. Almeno in questo, la Chiesa trova conforto nella dottrina evangelica, dal “chi è senza peccato…” fino all’invito cristiano a non guardare la pagliuzza nell’occhio dell’altro, ignorando la trave nel proprio.