l'Unità 9.6.08
Il linguaggio del tamburo
Linguaggio e musica sono strettamente correlati, sostiene Aniruddh D. Patel. Lo dimostra tra l'altro il fatto che alcune popolazione del Congo usano il tamburo non solo per fare musica o «parlare», inviandosi messaggi a distanza. Ma anche per fare musica e «parlare» nel medesimo tempo.
Con due particolarità davvero degne di nota. La prima è che il suono prodotto passa del tutto inosservato per chiunque ascolti la musica e non conosca il «linguaggio del tamburo». Il secondo è che il «linguaggio del tamburo» usato dai congolesi mentre fanno musica è un vero linguaggio, perché consente di formare frasi nuove, proprio come facciamo noi con le parole. Anche se la sua efficienza non è paragonabile al linguaggio parlato, a causa del fatto che molte parole nel «linguaggio del tamburo» hanno un tono simile e possono essere facilmente confuse.
Un altro surrogato del linguaggio parlato, sostiene Aniruddh D. Patel, è quello dei fischi, ben modulati nei toni per formare vere e proprie sillabe. Viene usato da diverse popolazioni in Africa, in Asia e in America centrale. Spesso con la stessa ricchezza linguistica.
Il bello è che, a differenza del linguaggio parlato, anche il linguaggio dei fischi non viene neppure percepito da chi non lo sa parlare. Le popolazioni Hmong dell'Asia sud-orientale, per esempio, possono dialogare a lungo e noi occidentali neppure ci accorgiamo che lo stanno facendo.
Il linguaggio del tamburo
Linguaggio e musica sono strettamente correlati, sostiene Aniruddh D. Patel. Lo dimostra tra l'altro il fatto che alcune popolazione del Congo usano il tamburo non solo per fare musica o «parlare», inviandosi messaggi a distanza. Ma anche per fare musica e «parlare» nel medesimo tempo.
Con due particolarità davvero degne di nota. La prima è che il suono prodotto passa del tutto inosservato per chiunque ascolti la musica e non conosca il «linguaggio del tamburo». Il secondo è che il «linguaggio del tamburo» usato dai congolesi mentre fanno musica è un vero linguaggio, perché consente di formare frasi nuove, proprio come facciamo noi con le parole. Anche se la sua efficienza non è paragonabile al linguaggio parlato, a causa del fatto che molte parole nel «linguaggio del tamburo» hanno un tono simile e possono essere facilmente confuse.
Un altro surrogato del linguaggio parlato, sostiene Aniruddh D. Patel, è quello dei fischi, ben modulati nei toni per formare vere e proprie sillabe. Viene usato da diverse popolazioni in Africa, in Asia e in America centrale. Spesso con la stessa ricchezza linguistica.
Il bello è che, a differenza del linguaggio parlato, anche il linguaggio dei fischi non viene neppure percepito da chi non lo sa parlare. Le popolazioni Hmong dell'Asia sud-orientale, per esempio, possono dialogare a lungo e noi occidentali neppure ci accorgiamo che lo stanno facendo.