Distinguere il sacro: l'organizzazione degli spazi
L'analisi delle tracce e dei resti archeologici genera sequenze che permettono di ricostruire la genesi dei luoghi di culto, la loro evoluzione a breve o a lungo termine e le modalità della loro scomparsa. Gli scavi più recenti includono oggi, quando l'analisi è sufficientemente avanzata, le trasformazioni dei luoghi di culto in fasi precise, a volte con un'approssimazione di dieci o venti anni. Si tratta di uno sviluppo decisivo dell'archeologia odierna, che permette di seguire nel dettaglio le mutazioni di un'occupazione umana. Nello studio dei santuari, una delle questioni fondamentali sollevate è quella dell'interpretazione da dare al restauro e all'ampliamento dei templi e del loro ambiente immediato. Il restauro serviva semplicemente a fermare l'usura degli edifici o era fatto per dimostrare pietà? A meno che non si intenda il restauro di un santuario come un intervento decisivo, in ultima analisi politico, nell'evoluzione di un culto e/o della comunità dirigente. Gli spazi del culto stabilivano divisioni che permettevano, da un lato, di distinguere il divino e, dall'altro, di affermare le gerarchie stabilite all'interno della città. L'architettura e la disposizione degli spazi costruivano quindi materialmente il significato dei culti più di quanto mostrassero gli dei e i sacrifici loro offerti. Dal momento in cui comprendiamo che l'organizzazione degli spazi sacri trascriveva gerarchie che integravano dei e mortali o opposizioni che strutturavano le relazioni sociali, l'evoluzione e l'arricchimento dei luoghi di culto rivelati dall'archeologia si riferiscono probabilmente a ristrutturazioni dei pantheon e al loro rapporto con l'ordine stabilito delle città o delle province.