La memoria del luogo: oggetti sacri e programmi iconografici
Un altro campo di fabbricazione del divino è dato dagli oggetti e dalle immagini esposte nei luoghi di culto, che mettevano in scena e inquadravano le pratiche liturgiche, secondo varie strategie che si rinnovavano o rinegoziavano con la storia delle comunità. Secondo Cicerone (In Verrem IV, 48-52), quando Verre mise le mani sulle venerabili statue che ornavano il tempio di Cerere a Enna in Sicilia, provocò l'ira degli abitanti del luogo che lo accusarono di aver attentato, toccando gli ornamenti del tempio, alla potenza d'azione (numen) della divinità, al carattere venerabile dei riti (sacra) e al carattere sacro (religio) del santuario. Sembra quindi che gli ornamenti, le statue e gli arredi offerti dai progettisti e dai visitatori venissero accumulati nei luoghi di culto per costruire gradualmente la religio del luogo. Si pensi allora a oggetti insoliti come la coppa di Nestore e il teschio di elefante, possibile vestigia delle guerre puniche, depositati nel famoso tempio di Diana Tifatina a Capua e che, nella tradizione letteraria, sono venuti a caratterizzare il famoso culto capuano (Pausania, V, 12, 3; Ateneo XI, 466e, 489b-c). In un tempio di Autricum/Chartres, in epoca romana, venivano depositati in uno spazio della cella (una cassa?) oggetti ritenuti notevoli: sette asce levigate, quattro ricci di mare fossili e pietre naturali, sfere di selce, ciottoli e lastre di calcare, tutti destinati a oggettivare la presenza sovrana degli dei e a forgiare la tradizione del luogo di culto.
In questo ambito, la grande varietà di oggetti di tutte le dimensioni, ex voto e altri tipi di offerte è senza dubbio un'altra illustrazione dell'implicazione degli ornamenti e delle offerte esposte nella definizione religiosa di un luogo di culto. Questi oggetti o attrezzature evocano esperienze vissute dietro l'espressione orale del culto, dietro il concettuale o la coscienza trasmessa dall'attività religiosa. Per lungo tempo dominio della storia dell'arte, lo studio delle immagini di culto o degli oggetti che costituivano il patrimonio della divinità considera ora l'identità data al culto dalla comunità dirigente. La natura e la collocazione delle statue nei santuari sono quindi un altro elemento essenziale per la comprensione del culto. Le combinazioni dispiegate nel tempio e sotto i portici possono quindi essere ricostruite se i resti iconografici sono sufficienti. Mille Apollon, mille Jupiter, mille Venus, anche i dinasti e gli imperatori, ma le scelte iconografiche e la varietà di combinazioni espresse nei santuari, dalle statue esposte, dimostrano che gli dei adottavano una particolare identità da un luogo all'altro, da un santuario all'altro, partecipando così alla memoria della città.