Wednesday, February 06, 2008

La Crociata dimenticata che convertì i Paesi baltici

RISCOPERTE Pubblicata la cronaca di Enrico di Lettonia sui cristiani che partirono alla fine del XII secolo per la pagana Livonia (oggi Estonia e Lettonia)
La Crociata dimenticata che convertì i Paesi baltici
Lanciata da Innocenzo III, frenò gli ortodossi. Fu tra le più cruente e sterminò intere popolazioni

Le Crociate sono comunemente intese come le spedizioni militari che numerosi Paesi dell' Occidente intrapresero verso la Siria e la Palestina tra l' XI e il XIII secolo. Furono in sostanza guerre contro l' Islam. Raramente viene inclusa in questo gruppo la Crociata franco-papale che colpì gli Albigesi, la prima antieretica della storia cristiana, indetta da Innocenzo III nel 1209 e durata circa un ventennio. E di un' altra Crociata non si parla affatto, anzi si potrebbe dire che fa parte di quegli avvenimenti che l' Occidente ha rimosso: è quella che si svolse tra la fine del XII e l' inizio del XIII secolo contro l' ancora pagana Livonia.Questa antica denominazione corrispondeva all' attuale Estonia e a parte della Lettonia, luoghi oggi identificabili con città come Riga o Tallinn; terra che con l' evo moderno verrà poi divisa tra Svezia, Polonia e Russia, sino a diventare nel 1783 una provincia dell' impero degli zar. Sul finire del XII secolo questa regione comincia a rappresentare un valore religioso importante per il mondo cattolico, prima con papa Celestino III e poi con Innocenzo III; né si dimentichi che persino san Domenico di Guzmán sarà interessato alla conversione del Nord e lascerà traccia di questo suo desiderio quando dimorerà presso il vescovo di Lund, in Danimarca.Ma Innocenzo III, politico e pontefice di spessore, non elaborava soltanto pie intenzioni su quei territori e sapeva organizzare come pochi le necessarie strategie per occuparli. Così, per favorire l' afflusso di pellegrini - si potranno chiamare nel volgere di pochissimo tempo crociati a tutti gli effetti - assimila in un primo momento il viaggio in Livonia a quello verso Roma, poi con la lettera ai «fedeli di Sassonia e di Vestfalia» del 5 ottobre 1199 lo equipara addirittura a Gerusalemme. Un atto con grandi conseguenze, perché concede prerogative e privilegi come quelli spettanti ai combattenti di Terrasanta.Il testo che racconta questa guerra dimenticata non è stato sino ad oggi pubblicato in italiano: si tratta del Chronicon Livoniae di Enrico di Lettonia, un religioso quasi sicuramente di origine tedesca, la cui opera era conservata nel XXIII tomo della raccolta «Monumenta Germaniae historica» e conosciuta soltanto da rarissimi specialisti. Ora uno studioso del mondo ugro-finnico e del medio latino, Piero Bugiani, dopo anni di lavoro ha terminato l' impresa e ha tradotto nella nostra lingua con un ricco commentario queste pagine che narrano la dimenticata Crociata del Nord.Leggendole è come immergersi in un medioevo cupo, la cui luce ricorda quella delle foreste della Livonia. Nel suo stile scarno e irto, Enrico parla di razzie, di crudeli vendette, di vescovi felici allorché viene loro mostrata la testa mozzata del nemico. Tra pagani dipinti come perfidi e idolatri, la prosa del religioso incede con la medesima forza con cui la Croce avanza in queste terre, portata da uomini che sono certi della vittoria e che stanno espugnando in nome della «vera fede» l' ultima regione pagana d' Europa. Ma soprattutto si incontra in queste pagine una violenza primitiva che l' autore non sempre riesce a far ricadere sui «cattivi». È il sangue che ogni guerra richiede, indipendentemente dalle intenzioni o dalle formule religiose (o laiche) che scortano gli eserciti.Queste, però, sono nostre parole. Proviamo a utilizzare quelle del Chronicon, ricorrendo alla regola della par condicio, ovvero mettendo a confronto i delitti cristiani e le crudeltà pagane. Partiamo da queste ultime, ricordando la fine che fece il religioso Federico di Alt-Zelle con un suo discepolo, dopo che i due furono catturati dai livoni. Dopo essere stati scherniti e percossi con dei bastoni sulla testa e sulla schiena, li trattarono in questo modo: «Affilarono dei legni duri e secchi, li infilarono tra le unghie e la carne delle dita e dopo averli dilaniati a brani e a fitte, appiccarono il fuoco e li martoriarono crudelmente. Alla fine li uccisero con le loro scuri, troncandoli in mezzo alle spalle». (XVIII,8). A Enrico sfugge una citazione del Salmo 128: «Ma il Signore giusto reciderà i colli di costoro». Si potrebbe aggiungere che la profezia si era già avverata in un capitolo precedente: «La testa dell' ucciso venne mandata al vescovo, unitamente alla notizia della vittoria. Il vescovo, dopo aver celebrato la messa, nel timore di Dio e in preghiera, attendeva con i suoi chierici che arrivasse qualcuno a riferirgli ciò che era accaduto... Improvvisamente apparve in lontananza una barca e uno dei Fratelli della Milizia, che ritornava con alcuni feriti; costui presentò al vescovo la testa di Ako in segno di vittoria. Ne gioì molto con tutti quelli che erano rimasti a casa, rese grazie a Dio» (X, 8).Questo Chronicon ci permette di assistere all' ultima conversione cruenta dei resti pagani d' Europa e narra i rapporti con i principi russi, i quali si interessavano della Livonia una volta l' anno, quando era il tempo della riscossione delle imposte. La via del fiume Dvina, che collegava città della Rus come Pskov, Polock e soprattutto Novgorod, faceva troppa gola al mercato tedesco per lasciare in pace quelle popolazioni. Così, nel XII secolo inizia l' afflusso di mercanti, dietro i quali non mancano i missionari, seguiti poi da artigiani, quindi dai Cavalieri Portaspada (i predecessori dei Teutonici), infine da qualche avventuriero, da prostitute, da tutto. La crociata è anche una migrazione oltre che una guerra. Chi non subirà particolari conseguenze saranno i russi. Resteranno dei nemici, ma Enrico sottolinea che dovevano essere trattati diversamente dai livoni, perché cristiani; e il medesimo atteggiamento lo terranno quegli occupanti che giungeranno successivamente - danesi, svedesi ecc. - appartenenti allora alla fede cattolica.Il primo vescovo della Livonia si chiama Meinardo: comincia la sua carriera come cappellano delle navi mercantili. Viene dalla Germania settentrionale, terra allora di monasteri di frontiera, famosi per l' arte della memoria (i monaci sapevano a mente la Scrittura più che le raffinatezze del latino ciceroniano). Meinardo giunge a Üxküll (Ikskile per i lettoni), costruisce la prima chiesa e una fortificazione, entrambe in pietra. I livoni cercano di distruggere quest' ultima tirandola con le corde, ma con sorpresa si accorgono che è troppo solida per le loro usanze. Il secondo vescovo è Bertoldo (verrà ucciso e fatto a pezzi dalla popolazione locale); il terzo, Alberto, fonda la città e la diocesi di Riga e parteciperà al IV Concilio Lateranense del 1215 (lo accompagnerà proprio Enrico di Lettonia). Nel 1225 arriva il legato pontifico Guglielmo vescovo di Modena che, oltre a curare gli interessi di Roma in quelle terre già consacrate alla Vergine, redigerà anche una grammatica dell' antico prussiano (era una lingua baltica e non germanica). Emerge dal suo operato la grande importanza del battesimo. Oltre ad essere l' atto con cui si aderiva alla nuova religione, assumeva una valenza politica, perché con esso cominciava il pagamento delle decime.Per quanto crudele dovette apparire ai livoni questa crociata, per quante popolazioni abbia sterminato, per quanto incomprensibile potesse apparire a chi praticava una fede animistica (adorazione di piante, animali, fenomeni della natura come sorgenti o cascate, vedendo in ogni creatura la divinità), va detto che dopo di essa l' antica Livonia entrò nella storia dell' Occidente. Se oggi le repubbliche baltiche sono in Europa, dobbiamo considerare il fatto ultima conseguenza di quella Crociata, bandita senza il clamore di San Bernardo, senza un Santo Sepolcro da liberare, senza una Terrasanta da raggiungere. Ma Innocenzo III sapeva bene che i russi, scismatici e ortodossi, andavano contenuti e che era giunto il momento di estirpare il paganesimo, utilizzando la via delle armi. E che nessuno, almeno in quei secoli, lo avrebbe pianto.Tre curiosità in margine a questo Chronicon. La prima è sull' uso di una macchina da guerra, il paterello, che non si trova altrove: era ideale per scagliare pietre non molto pesanti e si spostava con facilità. La seconda riguarda il valore linguistico dello scritto di Enrico di Lettonia, che lascia nelle sue pagine le prime parole dell' estone e del lettone. La terza va a quel papa tosto che fu Innocenzo III, sempre al corrente di quanto accadeva lassù. Verrà portato al suo soglio un capo convertito dei livoni, Caupo. Il pontefice gli regalò una Bibbia e il prezioso libro si conservò a Riga sino alla Riforma protestante. Dopo di che sparì, anche perché il dono di un pontefice non era lo strumento migliore per leggere la Parola di Dio, finalmente liberata dal giogo delle interpretazioni di Roma. Il libro Il Chronicon Livoniae, curato da Piero Bugiani con una prefazione di Pietro U. Dini, è edito da Books & Company, Livorno, pp. 448, euro 35 (tel.0586.829979). Altre opere d' epoca sulla storia del Nord Europa disponibili in italiano sono: Sassone Grammatico, Gesta dei Re e degli eroi danesi (Einaudi) e Adamo di Brema, Storia degli arcivescovi della Chiesa di Amburgo (Utet).Si trova infine una anonima Cronaca rimata della Livonia in basso tedesco, di poco posteriore a quella di Enrico (c' è una traduzione inglese, Chicago 2001; il testo di riferimento fu pubblicato a Paderborn nel 1876)

Torno Armando

Pagina 25
(17 luglio 2005) - Corriere della Sera