Monday, February 25, 2008

La laicità della polis, Quando la legge non era di Dio

La Repubblica 25.2.08
La laicità della polis, Quando la legge non era di Dio
Intervista allo storico Christian Meier

Nella cultura greca le regole erano vincolanti non perché dotate di un fondamento divino ma perché decise dai cittadini
Solone, fondatore della democrazia, incarnava l´autonomia dal sacro. E oggi? Se ne discute a Berlino all´Accademia delle Scienze
Esiste un´eredità ateniese in Europa? Ora il meccanismo democratico appare ostacolato dalla mancanza nelle scelte di una reale condivisione

BERLINO. Nel 650 a. C. i cittadini di Dreros decisero che nessuno potesse ricoprire la carica più alta di quella città cretese per due volte in dieci anni; e istituirono un consiglio per punire eventuali trasgressioni. È il più antico documento costituzionale europeo arrivato fino a noi. Si concludeva solennemente con la frase: «Questo ha deciso la Polis». Documenti dello stesso genere ce n´erano moltissimi nell´antica Grecia, che ora in buona parte sono andati perduti. Regolavano l´esercizio del potere, distinguevano il sacro dal profano, il privato dal pubblico. La Polis proclamava orgogliosamente la propria autonomia. «Di insegnare questo agli Ateniesi mi ha dettato il cuore», scrisse Solone dopo aver elaborato il corpo di leggi che lo ha fatto passare alla storia come il fondatore della democrazia. Nel 594 a. C. gli ateniesi gli avevano conferito speciali poteri per riportare l´ordine in una città in cui erano in aumento i conflitti sociali, e dove cittadini liberi finivano sempre più spesso schiavi per non aver potuto ripagare i propri debiti. Solone fu il primo legislatore nell´antichità a vietare che un uomo libero potesse essere dato in garanzia di un prestito.
«I Greci non hanno mai sentito il bisogno di dare alle loro leggi una legittimazione divina. Non hanno un re babilonese come Hammurapi che chiede al dio Marduk di dargli le leggi, come si vede nella statua che sta al Louvre; non un Mosé che scrive i comandamenti di Jahvè, né un Maometto sul quale "scende" il Corano. In Grecia sono i cittadini che decidono le leggi. Nessun oracolo le ha ispirate, nessun fondatore mitico le ha ordinate», dice lo storico tedesco Christian Meier. «Per questo l´Europa non ha la tradizione di un clero di giurisperiti. Diversamente da tutto ciò con cui veniva in contatto in Oriente, la cultura greca si distinse perché era dominata non dall´idea del potere ma da quella della libertà. Non c´è mai stata nella Grecia antica una monarchia né un clero forte e nemmeno una aristocrazia disciplinata come a Roma. Le leggi erano vincolanti perché se le erano date i cittadini. Siamo di fronte a un fondamento dell´Europa antica. Né i Greci né i Romani hanno mai fondato il loro ordine su una lex divina. Anche il diritto romano è essenzialmente diritto ancorato nella società, adattabile a nuove situazioni, capace di fornire al Senato e più tardi all´imperatore i princìpi sulla cui base emanare nuove disposizioni».
Il tema è di grande attualità. Duemilaseicento anni dopo Solone, l´umanità sembra di nuovo incerta se rivendicare la propria autonomia o chiedere a Dio di dettare la legge. Meier ne ha appena discusso all´Accademia delle Scienze di Berlino con l´egittologo e storico delle religioni Jan Assam, che invece critica la tesi di una "singolarità" greca e sostiene che anche gli europei sono figli dell´Oriente. «Certamente tra i Greci esisteva una consapevolezza che in un tempo antico gli dei avessero dato delle regole, che alcune cose si potessero fare ed altre no; che esistesse un nomos, un diritto che andava individuato, compreso. Ma per comprenderlo non servivano sacerdoti o oracoli. Il compito era affidato a persone indipendenti, che godevano di grande prestigio nella città e non dovevano possedere né potere né ricchezze», dice Meier.
In mancanza di un monarca che decida, i cittadini della Polis devono trovare modi sofisticati per risolvere i problemi. Come riescono a trovare un equilibrio degli interessi?
«La libertà dei Greci consisteva soprattutto nella partecipazione alle decisioni, nella responsabilità per la comunità. C´erano enormi conflitti, riconciliazioni, discussioni, fu una straordinaria sperimentazione politica. Certamente presero dall´Oriente per quanto riguarda la scienza e la filosofia. Ma altri aspetti nascono in Grecia e concorrono specificamente alla formazione della democrazia: la poesia, più tardi la tragedia e la storiografia. Quando col tempo i problemi nella Polis aumentano, e sono necessarie sempre più leggi, i cambiamenti della legge portano con sé la sensazione dell´arbitrio. La tragedia tematizza questo passaggio, lo rappresenta davanti a tutto il popolo. Che cosa è giusto? Che cosa succede agli uomini? Che cos´è il male? Tutto si svolge sotto gli occhi dell´opinione pubblica. Le città greche sono così vicine che quando in una vengono decise leggi arbitrarie le altre gridano allo scandalo».
Le leggi cambiano troppo spesso.
«Un comico, di nome Platone come il filosofo, lamenta che, chi se ne va via per tre mesi, al ritorno non trova una legge uguale. Esagera, ma è così che il diritto finisce per separarsi tra norme e natura. Nasce la filosofia sofistica, che si chiede da dove le leggi traggano il loro potere vincolante. E alla sofistica risponderanno poi Socrate e Platone. Il tutto è una costruzione politica le cui conseguenze arrivano fino a noi, e che pone domande ancora oggi fondanti».
Boeckenfoerde, che in Italia è stato scoperto con più di un decennio di ritardo rispetto alla Germania, sostiene che «lo Stato liberale secolarizzato non garantisce le premesse delle quali vive». È d´accordo?
«Un ordinamento politico che riconosce la libertà di confessione come diritto di libertà individuale e collettivo non si pone più nei confronti della religione come verso un proprio necessario fondamento. Persegue obbiettivi terreni, quelli religiosi restano al di fuori delle sue competenze. Boeckenfoerde dice una cosa giusta: che la separazione della religione dall´agire attivo dello Stato ha una doppia valenza. Da una parte significa la fine del collegamento istituzionale tra Stato e Chiesa; dall´altra la religione viene lasciata libera di operare attivamente sul terreno della libertà individuale e sociale, e perciò cercherà, secondo la forza e l´impegno dei suoi sostenitori, di conquistare sempre maggiore significato politico, e non rinuncerà ad un potenziale carattere pubblico».
Si assiste nel mondo a una rinascita della religione che fino a pochi decenni fa sembrava aver esaurito il suo ruolo politico. Questo fermento, che è cominciato alla fine degli anni Settanta nel mondo islamico, si è propagato anche il mondo cristiano?
«Io non sarei così sicuro che ci sia una rinascita della religione. Almeno non la vedo in Germania, che però è una paese biconfessionale dove nessuna delle due confessioni potrebbe rivendicare un ruolo di guida. Vedo che il mio parroco, a Monaco, non ha altre funzioni che quelle di un operatore sociale».
È corretto parlare di eredità greca in Europa? Sicuramente nelle arti, nella filosofia, ma nella politica?
«La Polis era una unità politica, e necessariamente era piccola. Nell´età moderna non può esserci la stessa pregnanza del politico perché abbiamo lo Stato monarchico. Da una parte il monarca e il suo apparato, dall´altra il popolo. Lo Stato non è però privo di concorrenza: le città, le chiese, le università. Per mantenersi, ha dovuto incorporare elementi di democrazia, dare una certa libertà. Ai nostri giorni poi le cose stanno in modo diverso, anche perché non si può più parlare di partecipazione dei cittadini alla politica. Questa partecipazione era collegata, fino a una trentina d´anni fa, a una filosofia del progresso, condivisa prima dalla borghesia liberale e poi dal proletariato con la socialdemocrazia e il comunismo. Oggi le trasformazioni sono molto più rapide e riguardano élite specializzate che non portano con sé nessuna promessa di una società nuova. La filosofia del progresso raggruppava i cittadini in destra e sinistra. La linea di separazione oggi è tra basso e alto, nel senso che sopra stanno i politici che fanno quello che vogliono e distribuiscono qualche elargizione. Ma tutto questo ha a che vedere con la democrazia solo esteriormente».
La straordinaria storia dell´antichità ci deve comunque rendere ottimisti, conclude Meier, perché ricorda al nostro mondo presente, stanco e ingrigito, che la Storia può riservarci delle grosse sorprese.