l’Unità 18.4.08
Lorenz, l’uomo che aveva capito il caos
di Andrea Barolini
È MORTO l’altro ieri a Cambridge il meteorologo che teorizzò il funzionamento dei fenomeni complessi. Celebre la sua frase «il battito d’ali di una farfalla in Brasile può generare un tornado in Texas?»
Forse oggi - anche per chi non ha studiato fisica né si è mai chiesto come funzionino le previsioni del tempo - la frase «può il battito d’ali di una farfalla in Brasile generare un tornado in Texas?» non sembra più una provocazione. Quando Edward Lorenz la pronunciò (ufficialmente) per la prima volta, il 29 dicembre del 1979 alla conferenza annuale dell’American Association for the Advancement of Science, il mondo non conosceva l’effetto serra (per lo meno al di fuori del mondo accademico), i ghiacciai sulle montagne resistevano e il clima non aveva dato segni di squilibrio allarmanti. Era difficile, insomma, comprendere come i comportamenti collettivi potessero avere conseguenze globali. Figuriamoci quelli individuali. Figuriamoci il battito d’ali di una farfalla. Eppure lo scienziato americano aveva ragione. Tanto che la sua «teoria del caos» ha rivoluzionato, dagli anni 60 ad oggi, tutte le discipline scientifiche. «Ha messo fine all’universo cartesiano e ispirato la cosiddetta terza rivoluzione scientifica del ventesimo secolo, dopo le teorie della relatività e della fisica quantistica», ha spiegato Kerry Emanuel, docente di scienze atmosferiche al Massachusetts Institute of Technology.
Lorenz è morto mercoledì, novantenne, nella sua casa di Cambridge. Era nato nel 1917 a West Hartfort, nel Connecticut; si era laureato in matematica prima al Dartmouuth College nel 1938 e due anni più tardi ad Harvard. «Da ragazzo ero sempre stato interessato ai numeri, e insieme affascinato dai cambiamenti del tempo», scrisse più tardi. Nel 1943 si era specializzato come meteorologo al Mit. Proprio come meteorologo, poté approfondire la materia in tempo di guerra (la seconda mondiale), mentre prestava servizio per l’aeronautica americana. Dimostrò già allora ciò che è oggi noto a chi si occupa di previsioni del tempo. E cioè che i modelli matematici (che simulano, sulla base di equazioni fisiche, le condizioni dell’atmosfera nel futuro prossimo) hanno dei limiti temporali di previsione. L’attendibilità, infatti, è superiore all’80% solo nei primi tre - quattro giorni.
Quello che è passato alla storia come l’«effetto farfalla» - citato anche in best seller come Jurassic Park di Michael Crichton - saltò agli occhi di Lorenz nel corso di un programma di simulazione del clima che si basava su dodici variabili. Lo scienziato scoprì che, ripetendo la stessa simulazione ma modificando (seppur di pochissimo) i valori immessi, l’elaborazione finale fornita dal computer si discostava notevolmente dai risultati precedenti. In quegli anni creò una sorta di modello-giocattolo della meteorologia: il suo computer non aveva memoria né velocità sufficienti per elaborare una simulazione realistica del comportamento dell’atmosfera. Anche in questo caso i risultati forniti dalla macchina non erano mai gli stessi. Per quanto si trattasse di modelli ricorrenti, in ogni ripetizione variavano sempre alcuni elementi. Erano, appunto, imprevedibili. Da qui l’intuizione della teoria del caos.
Sulla scorta di quei risultati, nel 1963 Lorenz pubblicò un articolo intitolato Deterministic Nonperiodic Flow in cui - partendo da un modello dinamico non lineare per la descrizione dei moti convettivi nell’atmosfera (ovvero la circolazione delle correnti) - descriveva il fenomeno del «caos deterministico». Le conclusioni alle quali giungeva erano simili a quelle descritte dal matematico francese Henri Poincaré (precursore del relativismo einsteiniano) 60 anni prima. Ma suscitarono grande scalpore per la loro «graficizzazione» (il renderle immagini, attraverso l’elaborazione al computer) e per l’interesse di cui già godeva la meteorologia anche al di fuori dei circoli accademici.
Le sue intuizioni gli sono valse numerosi riconoscimenti, tra i quali il premio Kyoto per le scienze applicate per aver dato vita ad «una rivoluzione pari a quella di Isaac Newton nel modo con cui l’uomo vede la natura», si legge nelle motivazioni.
Ma non il Nobel, perché la meteorologia non è tra le discipline premiate. E forse è ora che lo diventi…
Lorenz, l’uomo che aveva capito il caos
di Andrea Barolini
È MORTO l’altro ieri a Cambridge il meteorologo che teorizzò il funzionamento dei fenomeni complessi. Celebre la sua frase «il battito d’ali di una farfalla in Brasile può generare un tornado in Texas?»
Forse oggi - anche per chi non ha studiato fisica né si è mai chiesto come funzionino le previsioni del tempo - la frase «può il battito d’ali di una farfalla in Brasile generare un tornado in Texas?» non sembra più una provocazione. Quando Edward Lorenz la pronunciò (ufficialmente) per la prima volta, il 29 dicembre del 1979 alla conferenza annuale dell’American Association for the Advancement of Science, il mondo non conosceva l’effetto serra (per lo meno al di fuori del mondo accademico), i ghiacciai sulle montagne resistevano e il clima non aveva dato segni di squilibrio allarmanti. Era difficile, insomma, comprendere come i comportamenti collettivi potessero avere conseguenze globali. Figuriamoci quelli individuali. Figuriamoci il battito d’ali di una farfalla. Eppure lo scienziato americano aveva ragione. Tanto che la sua «teoria del caos» ha rivoluzionato, dagli anni 60 ad oggi, tutte le discipline scientifiche. «Ha messo fine all’universo cartesiano e ispirato la cosiddetta terza rivoluzione scientifica del ventesimo secolo, dopo le teorie della relatività e della fisica quantistica», ha spiegato Kerry Emanuel, docente di scienze atmosferiche al Massachusetts Institute of Technology.
Lorenz è morto mercoledì, novantenne, nella sua casa di Cambridge. Era nato nel 1917 a West Hartfort, nel Connecticut; si era laureato in matematica prima al Dartmouuth College nel 1938 e due anni più tardi ad Harvard. «Da ragazzo ero sempre stato interessato ai numeri, e insieme affascinato dai cambiamenti del tempo», scrisse più tardi. Nel 1943 si era specializzato come meteorologo al Mit. Proprio come meteorologo, poté approfondire la materia in tempo di guerra (la seconda mondiale), mentre prestava servizio per l’aeronautica americana. Dimostrò già allora ciò che è oggi noto a chi si occupa di previsioni del tempo. E cioè che i modelli matematici (che simulano, sulla base di equazioni fisiche, le condizioni dell’atmosfera nel futuro prossimo) hanno dei limiti temporali di previsione. L’attendibilità, infatti, è superiore all’80% solo nei primi tre - quattro giorni.
Quello che è passato alla storia come l’«effetto farfalla» - citato anche in best seller come Jurassic Park di Michael Crichton - saltò agli occhi di Lorenz nel corso di un programma di simulazione del clima che si basava su dodici variabili. Lo scienziato scoprì che, ripetendo la stessa simulazione ma modificando (seppur di pochissimo) i valori immessi, l’elaborazione finale fornita dal computer si discostava notevolmente dai risultati precedenti. In quegli anni creò una sorta di modello-giocattolo della meteorologia: il suo computer non aveva memoria né velocità sufficienti per elaborare una simulazione realistica del comportamento dell’atmosfera. Anche in questo caso i risultati forniti dalla macchina non erano mai gli stessi. Per quanto si trattasse di modelli ricorrenti, in ogni ripetizione variavano sempre alcuni elementi. Erano, appunto, imprevedibili. Da qui l’intuizione della teoria del caos.
Sulla scorta di quei risultati, nel 1963 Lorenz pubblicò un articolo intitolato Deterministic Nonperiodic Flow in cui - partendo da un modello dinamico non lineare per la descrizione dei moti convettivi nell’atmosfera (ovvero la circolazione delle correnti) - descriveva il fenomeno del «caos deterministico». Le conclusioni alle quali giungeva erano simili a quelle descritte dal matematico francese Henri Poincaré (precursore del relativismo einsteiniano) 60 anni prima. Ma suscitarono grande scalpore per la loro «graficizzazione» (il renderle immagini, attraverso l’elaborazione al computer) e per l’interesse di cui già godeva la meteorologia anche al di fuori dei circoli accademici.
Le sue intuizioni gli sono valse numerosi riconoscimenti, tra i quali il premio Kyoto per le scienze applicate per aver dato vita ad «una rivoluzione pari a quella di Isaac Newton nel modo con cui l’uomo vede la natura», si legge nelle motivazioni.
Ma non il Nobel, perché la meteorologia non è tra le discipline premiate. E forse è ora che lo diventi…