Corriere della Sera 13.3.08
Guido Paduano analizza il carattere degli eroi
Achille, Odisseo, Enea ovvero l'egoismo l'intelletto e l'altruismo
di Eva Cantarella
L'eroe, alla cui figura e tipologia è dedicato il bel libro di Guido Paduano ( La nascita dell'eroe. Achille, Odisseo, Enea: le origini della cultura occidentale) èun personaggio — superfluo dirlo — diverso dagli altri; ma le sue qualità variano nel tempo e nella pluralità delle culture. Le qualità di Achille, per limitarci a un esempio, sono molto diverse da quelle di Giovanna d'Arco, di Robin Hood o di Re Artù. E insieme al modello eroico, si dice, cambia anche l'atteggiamento della società nei confronti dell'eroismo. Nel mondo moderno, sostengono alcuni, l'ideale eroico, perso il fascino e la funzione di un tempo, è stato «decostruito». Sul che sembra lecito avere dei dubbi: a seguito di un radicale mutamento di valori, piuttosto, l'ideale eroico è stato dislocato.
Chi considererebbe un eroe, oggi, un personaggio come Achille? Uomo ferocissimo, tra l'altro diverso non solo dagli eroi odierni, ma anche da quelli greci classici: Leonida, ad esempio, il generale spartano che nel 480 a.C., con i suoi soldati, riuscì a bloccare per tre giorni al passo delle Termopili l'immane esercito persiano e, infine, accerchiato, rifiutò di arrendersi, sacrificando la vita sua e dei suoi celebri Trecento. Leonida muore per la patria, per il bene comune. Achille non si sarebbe mai sognato di fare una cosa simile: per lui, quel che contava era l'interesse suo, privato, non di rado brutalmente egoista. Che importava se, dopo che si era ritirato dalla battaglia perché Agamennone gli aveva sottratto la schiava-concubina Briseide, i greci morivano a migliaia? Agamennone gli aveva fatto un torto, aveva offeso il suo onore: che i greci morissero pure, a lui non interessava. Solo quando Ettore uccide l'amatissimo Patroclo, l'eroe riprende le armi. Per fare vendetta. Ma allora, quali sono le qualità che fanno di lui il personaggio che rappresenta il modello eroico nell'Iliade?
La figura eroica, scrive Paduano, è una singolarità che sollecita ad approfondire la condizione umana, guidando nell'esplorazione di territori sconosciuti. E poiché nulla è più sconosciuto della morte, l'eroe è, in primo luogo, quello le cui azioni non sono mosse dal-l'istinto di conservazione, comune agli altri «mortali» (brotoi). L'eroe afferma il primato dell'essere umano sulla morte. E nei grandi poemi classici, ci mostra Paduano, lo fa in forme diverse, che vengono a costituire tre modelli dello statuto della dimensione eroica distinti tra loro, ma in stretta relazione l'uno con l'altro, così come sono in relazione i tre poemi che li celebrano.
L'Odissea, superfluo dirlo, presuppone la guerra di Troia, raccontata dall'Iliade: senza di questa, non vi sarebbero i «nostoi», i racconti dei ritorni in patria degli eroi greci. E la tipologia eroica di Odisseo, protagonista di un ritorno, è diversa da quella di Achille. L'impossibilità di misurare l'indicibile superiorità di Achille sui commilitoni e sui nemici è tale da fare di lui la «singolarità assoluta». Nessun altro è comparabile a lui. La sua relazione con la morte è diversa da quella degli altri eroi. A differenza di questi, egli non spera nel ritorno; sa, senza possibilità di dubbio, che da quella guerra non tornerà, e domina questa certezza, prezzo della sua gloria eterna.
Diverso il caso di Odisseo, che nel ritorno investe tutte le sue capacità. Nel corso del viaggio, egli rifiuta il dono dell'immortalità: la ninfa Calipso, innamorata di lui, glielo offre a condizione che resti con lei, nella sua isola fiorita. Ma per Odisseo la dimostrazione del valore non sta nel superare la morte, offerta contro prezzo; sta nello sconfiggere chi tenta di usurpare il suo potere e rubargli la moglie, sta nel restaurare la vita civile a Itaca. Il ritorno gli consente di mettere alla prova le qualità di un nuovo eroe, possessore di astuzia e intelligenza, le qualità che gli fanno sconfiggere il Ciclope. Ulisse è l'eroe della ragione.
Quanto all'Eneide, la relazione con i poemi più antichi emerge dal continuo rimando a motivi omerici. Virgilio non può essere letto senza Omero. Ma, lo abbiamo visto, il confronto non significa solo dipendenza: Odisseo è diverso da Achille, e l'eroe di Virgilio è diverso da ambedue. Il destino di Enea, che avrebbe voluto morire con la sua città, è quello di vivere — pur sentendone il disagio — per realizzare un disegno divino, che peraltro egli condivide: la costruzione del mondo di Augusto. Si imparano queste e molte altre cose, leggendo il bel libro di Guido Paduano. Si leggono in chiave diversa storie e personaggi che si pensava di conoscere: ma che, si scopre, hanno molte altre cose da dirci.
Guido Paduano analizza il carattere degli eroi
Achille, Odisseo, Enea ovvero l'egoismo l'intelletto e l'altruismo
di Eva Cantarella
L'eroe, alla cui figura e tipologia è dedicato il bel libro di Guido Paduano ( La nascita dell'eroe. Achille, Odisseo, Enea: le origini della cultura occidentale) èun personaggio — superfluo dirlo — diverso dagli altri; ma le sue qualità variano nel tempo e nella pluralità delle culture. Le qualità di Achille, per limitarci a un esempio, sono molto diverse da quelle di Giovanna d'Arco, di Robin Hood o di Re Artù. E insieme al modello eroico, si dice, cambia anche l'atteggiamento della società nei confronti dell'eroismo. Nel mondo moderno, sostengono alcuni, l'ideale eroico, perso il fascino e la funzione di un tempo, è stato «decostruito». Sul che sembra lecito avere dei dubbi: a seguito di un radicale mutamento di valori, piuttosto, l'ideale eroico è stato dislocato.
Chi considererebbe un eroe, oggi, un personaggio come Achille? Uomo ferocissimo, tra l'altro diverso non solo dagli eroi odierni, ma anche da quelli greci classici: Leonida, ad esempio, il generale spartano che nel 480 a.C., con i suoi soldati, riuscì a bloccare per tre giorni al passo delle Termopili l'immane esercito persiano e, infine, accerchiato, rifiutò di arrendersi, sacrificando la vita sua e dei suoi celebri Trecento. Leonida muore per la patria, per il bene comune. Achille non si sarebbe mai sognato di fare una cosa simile: per lui, quel che contava era l'interesse suo, privato, non di rado brutalmente egoista. Che importava se, dopo che si era ritirato dalla battaglia perché Agamennone gli aveva sottratto la schiava-concubina Briseide, i greci morivano a migliaia? Agamennone gli aveva fatto un torto, aveva offeso il suo onore: che i greci morissero pure, a lui non interessava. Solo quando Ettore uccide l'amatissimo Patroclo, l'eroe riprende le armi. Per fare vendetta. Ma allora, quali sono le qualità che fanno di lui il personaggio che rappresenta il modello eroico nell'Iliade?
La figura eroica, scrive Paduano, è una singolarità che sollecita ad approfondire la condizione umana, guidando nell'esplorazione di territori sconosciuti. E poiché nulla è più sconosciuto della morte, l'eroe è, in primo luogo, quello le cui azioni non sono mosse dal-l'istinto di conservazione, comune agli altri «mortali» (brotoi). L'eroe afferma il primato dell'essere umano sulla morte. E nei grandi poemi classici, ci mostra Paduano, lo fa in forme diverse, che vengono a costituire tre modelli dello statuto della dimensione eroica distinti tra loro, ma in stretta relazione l'uno con l'altro, così come sono in relazione i tre poemi che li celebrano.
L'Odissea, superfluo dirlo, presuppone la guerra di Troia, raccontata dall'Iliade: senza di questa, non vi sarebbero i «nostoi», i racconti dei ritorni in patria degli eroi greci. E la tipologia eroica di Odisseo, protagonista di un ritorno, è diversa da quella di Achille. L'impossibilità di misurare l'indicibile superiorità di Achille sui commilitoni e sui nemici è tale da fare di lui la «singolarità assoluta». Nessun altro è comparabile a lui. La sua relazione con la morte è diversa da quella degli altri eroi. A differenza di questi, egli non spera nel ritorno; sa, senza possibilità di dubbio, che da quella guerra non tornerà, e domina questa certezza, prezzo della sua gloria eterna.
Diverso il caso di Odisseo, che nel ritorno investe tutte le sue capacità. Nel corso del viaggio, egli rifiuta il dono dell'immortalità: la ninfa Calipso, innamorata di lui, glielo offre a condizione che resti con lei, nella sua isola fiorita. Ma per Odisseo la dimostrazione del valore non sta nel superare la morte, offerta contro prezzo; sta nello sconfiggere chi tenta di usurpare il suo potere e rubargli la moglie, sta nel restaurare la vita civile a Itaca. Il ritorno gli consente di mettere alla prova le qualità di un nuovo eroe, possessore di astuzia e intelligenza, le qualità che gli fanno sconfiggere il Ciclope. Ulisse è l'eroe della ragione.
Quanto all'Eneide, la relazione con i poemi più antichi emerge dal continuo rimando a motivi omerici. Virgilio non può essere letto senza Omero. Ma, lo abbiamo visto, il confronto non significa solo dipendenza: Odisseo è diverso da Achille, e l'eroe di Virgilio è diverso da ambedue. Il destino di Enea, che avrebbe voluto morire con la sua città, è quello di vivere — pur sentendone il disagio — per realizzare un disegno divino, che peraltro egli condivide: la costruzione del mondo di Augusto. Si imparano queste e molte altre cose, leggendo il bel libro di Guido Paduano. Si leggono in chiave diversa storie e personaggi che si pensava di conoscere: ma che, si scopre, hanno molte altre cose da dirci.