Thursday, May 22, 2008

«Orrori del passato e violenza popolare»

«Orrori del passato e violenza popolare»

Corriere della Sera del 22 maggio 2008, pag. 17

di Alessandra Muglia

«La caccia alle streghe in Kenya? È simile alla caccia ai rifugiati che si è scatenata in Sudafrica». Ne è convinta la storica Anna Foa, docente all'Università di Roma e autrice, tra l'altro, di Eretici. Storie di streghe, ebrei e convertiti (Il Mulino).


Le streghe come gli immigrati dice lei: ma cos'hanno in comune?
«Sono tutti vittime della violenza popolare, una violenza incontrollabile proveniente dal basso che si accanisce contro il diverso. I due casi segnalano una situazione di forte tensione sociale. I moventi, i meccanismi sociali e le paure che ne stanno alla base sono gli stessi. Del resto ci siamo passati anche noi in Europa neanche troppo tempo fa: nel '500-'600 i protestanti scatenarono la caccia alle streghe in periodi turbolenti, durante le rivoluzione inglese e la guerra dei Trent'anni».


E il pensiero magico che ruolo gioca?
«Bruciando la strega si brucia il male che si è impossessato di lei, viene annientato il suo potere di agire. È un atto di purificazione. Buona parte dell'Africa è impregnata di pensiero magico e anche da noi oggi imperversano maghi e astrologhi. Ma, come dire, questo pensiero è spesso neutralizzato, da solo di solito non basta a generare la furia omicida, ci vogliono altri elementi. Le violenze scaricano sul nemico esterno tensioni che hanno poco a che vedere con la stregoneria ».


Le streghe però sono sempre donne.
«Le donne sono considerate streghe in più culture: in quella occidentale- cristiana-europea perché ritenute più deboli e più lontane dalla divinità rispetto all'uomo. In Africa sono viste come tramite del male perché hanno un rapporto più stretto con la natura e i suoi poteri: la guaritrice è anche strega. Ma nei momenti di panico, quando si scatena la violenza popolare per riportare l'ordine, tutti possono essere presi di mira. Anche e soprattutto i bambini».


Come guarda a questi episodi?
«Con orrore. Ho il senso di una modernità incompiuta. Una modernità così piena degli orrori del passato non è una modernità liberata. E temo che non si tratti di residui del passato, di epigoni. Troppo volte lo abbiamo pensato».


Rimedi?
«La pressione internazionale. Sono violenze da reprimere con la forza: questa è una condizione da porre ai governi interessati per poter ricevere aiuti. Questi episodi devono essere considerati così gravi da mettere in crisi l'immagine del Paese. Altro che deviazioni marginali ».