Sunday, May 04, 2008

Quanto tempo abbiamo per cambiare idea

Corriere della Sera 4.5.08
Neuroscienze Scoperti i meccanismi della capacità decisionale
Quanto tempo abbiamo per cambiare idea
Individuati anche i neuroni del «libero arbitrio»
Due recenti ricerche rivelano che dietro ogni scelta c'è un'attività cerebrale più complessa di quanto si ritenesse
di Cesare Peccarisi

Quando ci siamo recati alle urne, abbiamo fatto una libera scelta. Ne siamo tutti convinti. Ma potrebbe non essere così. E non ce lo dicono dei politologi, ma dei ricercatori.
Secondo vari scienziati, infatti — da Benjamin Libet della California University, a Patrick Haggard dell'Università di Londra — la sensazione di essere sempre liberi di cambiare idea è solo un'illusione, perché le nostre decisioni sono determinate da processi mentali inconsci iniziati tempo prima. Ora le teorie dei due studiosi, e di molti altri, hanno trovato conferma in uno studio pubblicato recentemente su Nature Neuroscience.
Per restare all'esempio "elettorale", la scelta di un simbolo avverrebbe "ben" un secondo prima che la matita tracci la croce (già molto per il sistema nervoso) e in un'area del cervello diversa da quella che farà muovere la mano.
Quest'area, poi, non è, come si pensava, la cosiddetta area motoria supplementare (un'anticamera intelligente dell'area motoria che ci fa eseguire le azioni), bensì la più "nobile" corteccia frontopolare (zona anteriore della corteccia frontale) che, prima di "avviare" la decisione alle aree motorie, la passa al precuneo, dove viene trattenuta finché non ne abbiamo presa piena coscienza. I ricercatori tedeschi, diretti da John Dylan Haynes dell'Istituto di Neuroscienze Max Planck, di Leipzig, che hanno identificato i ruoli di queste aree, hanno utilizzato la risonanza magnetica funzionale in persone che potevano premere dei tasti assolutamente a piacere mentre osservavano alcuni segnali che comparivano sullo schermo di un computer posto davanti a loro.
Scoprire dove il pensiero trascorre l'intervallo fra decisione e azione non è un cavillo neurofisiologico, ma l'opportunità per considerazioni che investono la natura stessa dell'uomo. E non è finita qui. Sull'ultimo numero di Nature i ricercatori dell'Università di New York e del California Institute of Technology di Pasadena, diretti da Bijan Pesaran, sono andati oltre le ricerche tedesche, individuando, quantomeno nella scimmia, quello che nell'uomo potrebbe essere definito il "circuito del libero arbitrio".
Si tratta di un particolare gruppo di neuroni della corteccia frontale e parietale connessi fra loro, la cui attività aumenta solo quando si può scegliere liberamente che cosa fare, invece di dover seguire rigide istruzioni. Il prezioso dono del "libero arbitrio" risiederebbe, quindi, in un fascio di fibre nervose a cavallo fra corteccia frontale e parietale che vengono utilizzate quando si presenta la possibilità di operare una libera scelta.
Non c'è dubbio, però, che il riduzionismo scientifico di queste scoperte sembri stridere con i concetti di libertà di pensiero e di scelta che travalicano le scienze biomediche. E di questo si è parlato, l'11 aprile, in un convegno intitolato "Le patologie della volizione: libertà impedita, libertà liberata", convegno che ha raccolto a Milano neuroricercatori, giuristi e teologi di fama internazionale.
«Tradurre le intenzioni in azioni è una caratteristica distintiva dell'uomo e richiede la consapevolezza di sé e delle situazioni ambientali e sociali — ha commentato Paolo Maria Rossini, dell'Università Campus Bio-Medico di Roma —. Ecco perché i disturbi della volizione dovuti ad alcune malattie neurologiche, impongono sempre problemi etici legati all'attribuzione di responsabilità delle azioni dei pazienti, soprattutto nelle fasi precoci di malattie come l'Alzheimer dove si possono manifestare anche comportamenti violenti che in realtà non hanno alcuna matrice aggressiva ».