Dai Greci a oggi: storia di un concetto
Noi, figure ridotte a semplici cose
di Mario Perniola
Ribellione. Il nostro corpo non è così remissivo e docile come lo immaginiamo. In esso si manifestano delle controvolontàRiflessi Gli specchi, i ritratti, le fotografie, perfino i film ci rimandano l´immagine del corpo. Creano il canone occidentale della bellezzaA prima vista, sembra che occuparsi dell´anima sia caduto in disuso. È il corpo che tiene la scena; è il corpo l´oggetto d´ogni cura, riguardo, premura. Se ci si occupa dell´anima, lo si fa in fondo in funzione del corpo, per garantire la sua salute, il suo benessere, la sua obbedienza alla nostra volontà. Anzi pare che questa parola non ammetta il plurale: l´unica cosa che m´interessa è il mio corpo e tanto più mi piace, quanto meno si fa sentire come qualcosa d´autonomo e di separato da me, quanto più è lo strumento di cui io posso disporre senza ostacoli o resistenze. Cos´è la salute se non proprio questo dominio sul corpo? Non parlo solo delle malattie vere e proprie: ma anche di quelle controvolontà che portano a mangiare in modo spropositato oppure a digiunare, a dormire troppo oppure a restare insonne, ad essere consumato dal desiderio sessuale oppure a rifuggirlo, a percorrere impetuosamente strade e attraversare paesi oppure a rimanere chiusi in casa con le persiane serrate facendo credere a tutti di essere fuori. E mi limito alle controvolontà più semplici e comuni, che sembrano emergere dalla resistenza del corpo al nostro dominio su di lui.Il rifiuto moderno di tutto ciò che si oppone alla nostra autonomia soggettiva, come i dispositivi disciplinari dei rituali, finisce con l´essere una ben strana condizione: in realtà, il nostro corpo non è così docile e remissivo come lo immaginiamo. Quelle controvolontà che si manifestano come resistenze al nostro supposto dominio su di lui sono appunto le dipendenze (nei confronti dell´alcool, della droga, del fumo, del sesso, dei tranquillanti, del cibo, del gioco...): esse ci richiamano ad una dimensione più opaca e più inorganica, più legata alle cose che non riesce a dissolversi nella totale ed incondizionata sottomissione all´anima. Fatto sta che questa prima concezione del corpo si esaurisce nell´anima senziente, ed è perciò un modo di esorcizzare la materialità del corpo, il suo essere una cosa che sente.È stato il poeta francese Paul Valéry ad affermare che esistono almeno tre diverse idee del corpo. La prima è quella che ho già esposto: essa si risolve nel sentimento della nostra presenza. Questo corpo è informe e noi prendiamo coscienza della sua alterità solo quando qualche parte si oppone alla nostra volontà, come quando siamo malati.Il secondo corpo individuato da Valéry è l´immagine che di lui ci rimandano gli specchi, i ritratti, le fotografie, i film. Esso è appunto forma ed è quindi connesso con le arti visuali. In questo senso, il corpo per eccellenza è quello umano che l´arte classica ha rappresentato in sculture che sono considerate come i canoni occidentali della bellezza. È quello che vediamo invecchiare fino al punto di ridursi in quella rovina in cui non vogliamo più riconoscerci.Il terzo corpo per Valéry è privo di una qualsiasi unità. E´ il corpo fatto a pezzi dai ferri dell´anatomia. Questa idea del corpo sembra il risultato della tecnica chirurgica moderna. In realtà i Greci dell´epoca omerica non avevano una parola per nominare il corpo nella sua unità: il corpo era percepito come un insieme di membra, una pluralità di parti, come mostrano le raffigurazioni dell´arte vascolare arcaica, nelle quali sono messi in evidenza soprattutto i muscoli delle gambe e delle parti carnose.Esiste tuttavia per Valéry l´idea di un quarto corpo, che si potrebbe chiamare indifferentemente corpo reale o corpo immaginario. Esso è per lui una costruzione concettuale non dissimile dalle nozioni elaborate dai fisici che spesso sono aldilà o aldiquà dei nostri sensi, della nostra immaginazione e perfino della nostra capacità di comprendereÈ questa un´idea a prima vista piuttosto fumosa di corpo. Ma essa proviene dall´insoddisfazione nei confronti delle prime tre idee. Mi sembra che queste non pensino davvero il corpo in quanto corpo. Nella prima ciò che conta è l´anima della quale il corpo è solo lo strumento: va perduta così la dimensione di "cosalità" del corpo, a favore di una concezione spiritualistica il cui centro è costituito dalla coscienza individuale. Nella seconda ciò che conta è l´immagine la quale mi allontana, non meno dell´anima, dall´esperienza della corporeità. Infine la terza idea del corpo pensa le membra come entità autonome, che per gli antichi Greci erano mosse da forze esterne.Tutte queste idee del corpo lo intendono come una incarnazione del vivente, un insieme di spiritualità e di vitalità. La parola tedesca Leib (corpo), affine a Leben (vita), esprime bene questo legame tra il corpo e l´esperienza di una sopraelevazione ideale. L´intuizione di un quarto corpo si muove in una direzione completamente differente. Essa scorge nella parola latina corpus qualcosa d´irriducibile ad una sublimazione estetico-spirituale, un aspetto più opaco, inorganico e "cosale", che si trova nella parola tedesca Körper; questo è un corpo non solo diverso, ma perfino opposto al Leib, una specie di controcorpo, se per corpo s´intende il corpo vivente. Fatto sta che il modello concettuale che suggerisce l´idea di un quarto corpo non è il corpo vivente, ma piuttosto la cosa, quindi non un oggetto, che implica l´esistenza di un soggetto (e perciò ci fa ricadere nella prima idea del corpo inteso come strumento dell´anima), ma proprio l´esperienza di una cosa che sente in modo impersonale.