Scoperta Usa. Il cervello a tempo di musica balla e «pensa» al sesso
di Andrea Frova
Daniel Levitin, professore di psicologia e musica alla McGill University di Montreal, racconta sul New York Times in un articolo dal titolo «Dancing in the Seats», i risultati di una ricerca effettuata su cervelli sottoposti ad ascolti musicali. La tecnica usata è la fMRI (functional Magnetic Resonance Imaging), capace di individuare le zone attivate del cervello su scala del millimetro cubo (l'attivazione si riconosce per un incremento del flusso sanguigno).CONTROPROVA — Sono state esaminate 13 persone durante l'ascolto di brani musicali e, come controprova, di loro versioni strutturalmente scompaginate. Si è trovato che, anche in condizioni di immobilità, l'ascolto di musica eccita zone che coordinano le attività motorie. Se il corpo non può danzare, lo fa il cervello, confermando l'indissolubilità del legame tra musica e movimento.Celebri sono le frasi di Hausegger: «Le espressioni sonore non sono altro che movimenti muscolari fattisi udibili, gesti che si sentono», o del musicologo francese Roland-Manuel (inizio Novecento): «La musica commuove in quanto muove».L'attribuire poco peso al metro e al ritmo, come si è fatto in talune forme musicali dell'ultimo secolo, quali la serialità e la dodecafonia, ha un effetto negativo giacché tali elementi, appellandosi all'aspetto motorio del discorso musicale, sono essenziali nel conferirgli forma e vitalità. Per Stravinskij «il ritmo e il movimento, e non l'espressione delle emozioni, costituiscono i fondamenti dell'arte musicale». Un altro risultato delle immagini cerebrali — dovuto a A.J. Blood e R.J. Zatorre — è che musiche che provocano un'intensa commozione interessano pure le aree dell'orgasmo sessuale e di altre soddisfazioni corporali, come la degustazione del buon cibo, ossia ataviche funzioni biologiche inerenti alla sopravvivenza o coinvolte negli stati di allucinazione da droga. Gli stessi autori osservano anche che accordi consonanti e dissonanti attivano aree diverse.DISSONANZE — Inoltre, i treni di «spari neurali» (segnali elettrici che l'orecchio invia al cervello) associati alle consonanze risultano assai più facilmente elaborabili dal cervello rispetto a quelli di altri insiemi di note, in particolare dissonanti. Il che spiega perché le prime giungono ben accette anche a un cervello naïf, laddove il ruolo della dissonanza viene valorizzato solo dopo una certa frequentazione della musica. Sono prove evidenti della straordinaria immediatezza fisica del piacere musicale, per quanto concerne non solo lo stimolo motorio, ma anche melodia e armonia tradizionali.