Storia Robin Lane Fox e l'attualità del pensiero greco e latino
Se il mondo classico spiega la democrazia e la Guerra Fredda
di Eva Cantarella
Non è facile leggere un saggio di storia con il piacere con cui si legge un bel romanzo: anzi, è molto difficile. Ma è quel che capita a chi inizia a leggere il nuovo libro di Robin Lane Fox, docente di storia antica a Oxford e già noto al pubblico italiano per il saggio su Alessandro Magno, pubblicato da Einaudi, su cui si basa il film del 2004 di Oliver Stone. Il titolo del libro è Il mondo classico. Storia epica di Grecia e di Roma. Nella prefazione, Fox ricorda che, per i romani, i classici erano i cittadini iscritti nella prima classe del censo: e ancora oggi, commenta, l'arte e la letteratura, il pensiero, la filosofia e la vita politica dei greci e dei romani sono «di prima classe». Vien da pensare, leggendolo, che la miglior definizione di classico la diede Tucidide, quando definì la sua opera ktéma es aéi, una ricchezza, un bene destinato a durare per sempre.Il mondo classico è quello al quale continuiamo a rivolgerci perché, ponendo domande sul presente, aiuta a leggerlo (anche se ovviamente in prospettiva diversa a seconda dei punti di vista dell'interprete). Un esempio, forse il migliore: la guerra del Peloponneso. Durante la Guerra Fredda, la contrapposizione Atene-Sparta era la lente abituale per esaminare la situazione politica. Di recente, è stata usata per giustificare la guerra preventiva e discutere la possibilità di esportare la democrazia. Ma torniamo a Fox: una storia del mondo classico non è impresa da poco, e spesso è di lettura non facilmente digeribile.La storia di Fox invece appassiona: a scriverla è un grande narratore, e a rendere la sua lettura un vero romanzo (senza nulla togliere alla scientificità della ricerca) contribuisce la scelta del metodo. Dopo aver individuato tre temi cari agli antichi — libertà, giustizia e lusso — Fox segue la loro evoluzione da Omero in avanti, concentrando l'attenzione su Atene del V e IV secolo a.C. e Roma al tempo di Giulio Cesare e Augusto. A legare il tutto, il rapporto tra il mondo classico e l'imperatore più classicheggiante, Adriano.La libertà, dunque: cominciamo da questa. In Omero significava non essere vinti e asserviti dai nemici; nelle costituzioni cittadine diventa, all'interno della comunità, lo status privilegiato di alcuni, per questo diversi dagli schiavi. Ma cosa voleva dire essere liberi? Avere libertà di parola, o di religione, o di vivere come si voleva? In questo caso, entro quali limiti? Ai tempi di Adriano si discuteva questo tema, controverso non meno di quello della giustizia. Cosa fosse «giusto» fu tema ampiamente dibattuto dai filosofi, così come il sistema che poteva farsene garante: la democrazia ateniese, che la affidava a giurie di cittadini scelti a sorte, o un governante, magari imperatore, come Adriano? E il lusso?Nonostante le leggi che cercarono di limitarlo, il lusso crebbe nel corso dei secoli: con l'aiuto dell'archeologia, dice Fox, a partire dal lusso si potrebbe scrivere un'intera storia dei cambiamenti culturali. E a proposito di lusso si diverte chiedendosi cosa sarebbe successo se invece del pio, morigerato (e noiosissimo) Augusto, avesse vinto Marcantonio: Orazio non sarebbe stato costretto a scrivere le sue poesie moraleggianti, Ovidio non sarebbe morto in esilio… Fox può permettersi anche di divertirsi con la storia fatta con i «se». Ma attenzione, non scrive solo di lusso e delleélite. I mondi presi in esame sono analizzati da molti punti di vista. Del mondo arcaico, ad esempio, non illustra solo pratiche aristocratiche come il simposio o la pederastia.Descrive la nascita delle colonie greche, soffermandosi sulla cultura e la mentalità di chi le abitava, sui loro culti. Parla dei tiranni e delle prime leggi.Ultima osservazione: a differenza dalle storie che, in misura diversa, presentano il mondo classico in una sorta di vuoto, che cancella i molti debiti verso le altre civiltà, quella di Fox inizia ricordando che «i greci e i romani presero molte cose in prestito da altre culture, l'iraniana, la fenicia, l'egizia e l'ebraica, per citarne alcune». Piace particolarmente, una simile posizione, in un momento in cui una parte sia pur minoritaria della storiografia sul mondo antico è passata dal rifiuto (finalmente!) di ammettere i debiti verso l'Oriente, all'eccesso opposto di diminuire (nei casi estremi negare) la grandezza delle conquiste intellettuali della Grecia e di Roma.