Thursday, October 18, 2007

Cassazione: «Rifiutare le cure non è eutanasia»

l'Unità 17.10.07
Cassazione: «Rifiutare le cure non è eutanasia»
di Anna Tarquini

ELUANA forse ce la farà a morire. Ci sarà un nuovo
processo e il giudice, questa volta, potrà dare l'ok a
staccare la spina senza il timore della galera, senza
che nessuno la chiami eutanasia. Quindici anni di
tormento e soprattutto di delusioni. Ma ieri la Corte
di Cassazione ha dato la spallata che tutti si
aspettavano. Ha detto che no, il rifiuto delle terapie
non può essere scambiato per eutanasia (che è poi il
punto forte di chi si oppone strenuamente alla legge).
E ha ordinato ai giudici di Milano di tornare in
giudizio perché i due no alle richieste del tutore di
Eluana Englaro a staccare la spina, cioè a suo padre,
non erano congrui visto che i togati avevano omesso di
ricostruire la reale volontà di Eluana. E dice di più,
dice: «Il diritto all'autodeterminazione terapeutica
del paziente non incontra alcun "limite" anche nel
caso in cui ne consegua il sacrificio del bene della
vita e uno Stato come il nostro organizzato, per
fondamentali scelte vergate nella Carta
costituzionale, sul pluralismo dei valori non può che
rispettare anche quest'ultima scelta».
La sentenza è la numero 21748 e il collegio che ha
redatto il nuovo orientamento segnando una tappa
storica era presieduto da un giudice donna, Gabriella
Luccioli, il primo magistrato donna ad entrare in
Cassazione. Sessanta pagine dove la parola eutanasia
viene usata una volta sola, e non a caso, per chiarire
appunto che il rifiuto delle terapie non può essere
scambiato per eutanasia, ma la scelta (libera scelta)
del malato a che la malattia prosegua il suo corso.
Dicono i giudici che il magistrato può autorizzare il
distacco della spina di un apparecchio che tiene in
vita un paziente solo in due casi: quando «tale
istanza sia realmente espressiva, in base a elementi
di prova chiari, concordanti e convincenti, della voce
del rappresentato, tratta dalla sua personalità, dal
suo stile di vita e dai suoi convincimenti,
corrispondendo al suo modo di concepire, prima di
cadere in stato di incoscienza, l'idea stessa di
dignità della persona», e quando «la condizione di
stato vegetativo sia, in base a un rigoroso
apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia
alcun fondamento medico, secondo gli standard
scientifici riconosciuti a livello internazionale, che
lasci supporre che la persona abbia la benché minima
possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero
della coscienza e di ritorno a una percezione del
mondo esterno». Solo in questi due casi, ma in questi
due casi deve, dice la Cassazione, pure in assenza di
leggi, rispettare una volontà che è un diritto
espressione stessa del nostro Stato e della nostra
Costituzione.
Sarà ora una diversa sezione della Corte di Appello di
Milano a riaprire l'istruttoria che potrebbe portare
al rispetto dei desideri di Eluana. I giudici di
merito - ha spiegato l'avvocato Vittorio Angiolini,
legale degli Englaro - potrebbero sia disporre che un
pool di medici certifichi le condizioni di
irreversibilità dello stato della ragazza, sia
riascoltare le testimonianze delle amiche di Eluana
sulla sua volontà. Il medico che ha curato Eluana,
Carlo Alberto Defanti, si dice pronto a intervenire se
e quando gli sarà chiesto. Ma contro la Cassazione già
muove la sua protesta la Chiesa: «Noi vescovi
ribadiamo la difesa della vita sempre - ha detto il
segretario della Cei monsignor Giuseppe Betori - fino
alla sua naturale conclusione e il riconoscimento
dell'idratazione indotta come diritto della persona
alla vita e non come accanimento terapeutico».
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commento:
come sempre i cattolici sono impegnati nell'impedire
che i diritti delle persone siano tutelati, fanno di
tutto perchè la volontà delle persone non venga
considerata.
Per i cristiani la vita non appartiene alle persone.
Per i cristiani solo il loro dio ha il diritto di vita
e di morte delle pecorelle.
Francesco Scanagatta