TUTTE LE MADRI DEL MEDITERRANEO
Una mostra sull'archeologia turca
Spicca una sculturina di diciannove centimetri, una
divinità che ha molte gemelle nel mar Tirreno
Una "Camera delle Meraviglie" con pezzi molto antichi
neolitici, assiri ed ittiti: sette millenni di storia
Pugliese Carratelli già trent´anni fa proponeva di
cercare tracce "micenee" in Italia
Le teorie di Mommsen sull´incapacità degli Elleni
antichi di navigare per mare
Tra i pezzi più interessanti c´è uno specchio usato da
Solimano il Magnifico
La Chiesa di Roma ipotizzò che Maria sarebbe morta
vicino alla città di Efeso
ROMA. «Una faccia, una razza!». Chissà se a dircelo
per primi - a noi Italiani, almeno sei millenni fa -
non sian stati proprio i Turchi? Certo a guardarsela
per bene questa loro Dea Madre del IV millennio a. C.
che apre la mostra "Turchia 7000 anni di civiltà",
allestita da Louis Godart, al Quirinale, per
festeggiare i 150 anni di relazioni diplomatiche tra
Italia e Turchia, il sospetto viene: vien da pensare
che a quel secolo e mezzo sancito dall´ufficialità, ne
andrebbero aggiunti almeno altri 60 di secoli.
Seimila anni di preistoria e storie, un tempo comuni.
E una sculturina minima in calcare, questa Dea di
Canhasan, 19 centimetri in tutto, e tutti inquartati
nella posizione austera e accovacciata che i canoni di
quell´epoca di fede le avevano affibbiato. Ha lasciato
il suo Museo di Ankara per mostrare a noi e all´Europa
di Bruxelles, quanto antiche siano la civiltà e la
religiosità in Anatolia. E, ora, fa da pezzo forte a
questa Wunderkammer tutta turca che chiuderà i
battenti il 31 marzo prossimo dopo aver mostrato 46
reperti eccellenti, emblematici, scelti con cura, uno
per uno da Godart, per rievocare le tappe fondamentali
di quella civiltà (la mostra sarà poi allestita
all´Archeologico di Napoli, ndr.).
Quindi: roba neolitica, e assira, e ittita; e sigilli
(che fanno presupporre depositi e magazzini da tener
sotto controllo); e scritture, appena nate; e i
primissimi sistri di bronzo; e altri bronzi (che
troveremo simili anche in Europa, ma molto dopo); e
vasi lustrati ad arte, già nel III millennio a. C. Via
via - accennando soltanto a Bisanzio - si arriva fino
alle raffinatezze dell´Islam che lì affina l´arte
nuova - ormai, senza più figure umane - fatta solo dei
suoi caleidoscopici arabeschi simbolici. E gioielli, e
boccali in cristalli di rocca, e Corani istoriati da
non credere. C´è, in mostra, persino uno specchio -
tutto giade, rubini, diamanti e turchesi - che era
usato da Solimano, il Magnifico.
Lei, però, quella Dea Madre del IV millennio a. C.,
sembra saperla più lunga di tutti: viene da lontano,
andrà lontano. Capelli raccolti dietro la nuca, occhi
quasi a mandorla, faccia paffuta, un po´ tutta
sovrappeso, come allora piaceva assai. Dimagrirà nel
millennio successivo: si affilerà nel marmo bianco e
nelle geometrie sacrali per unire - in un unico credo
- il mare da Est a Ovest.
Del resto il suo compito era di tutto rispetto:
opulenta prima, stilizzata poi, la Dea Madre in molte
zone del Mediterraneo - in Turchia, nelle Cicladi, in
Sardegna - doveva accompagnare nell´Aldilà il morto in
modo che una volta arrivato laggiù, non si sentisse
troppo solo e, soprattutto, non tornasse, per
nostalgia, a disturbare i suoi cari.
Paciosa, morbida e tranquillizzante com´è, non si
direbbe proprio che questa Nostra Signora dei Turchi
sia arrivata qui da noi per seppellire definitivamente
un dogma che - seppur datato alla metà dell´Ottocento
- ha influenzato, ritardandoli, moltissimi
ragionamenti archeologici del secolo appena finito.
Del resto a promulgarlo ex cathedra era stato
nientemeno che Theodor Mommsen, e per di più l´aveva
fatto nella sua Storia di Roma antica, dove - già nel
II capitolo, come una premessa - sentenziò:
«Indubbiamente le più antiche migrazioni di popoli
avvennero tutte per via di terra, specialmente quelle
verso l´Italia, le cui coste potevano essere raggiunte
per mare solo da esperti naviganti ed erano quindi
ancora al tempo di Omero perfettamente sconosciute
agli Elleni».
Oggi si sa che non è così. Ma - con questa sua frase
(che, però, sottende tutta l´opera del grande
antichista tedesco) - il Mommsen riuscì a
semplificarci il Passato Remoto: i riflettori e le
attenzioni di molti antichisti, italici e ortodossi,
puntarono tutto sulle Super Razze e si accoccolarono
nello studio dell´autoctonia dei Popoli, mettendo al
bando ogni comparativismo.
Nacquero persino le teorie del «hic et nunc», il «qui
e ora» delle etnie: da studiarsi soltanto sul posto.
Radici o migrazioni diventarono off limits per gli
studiosi più seri. I racconti degli Antichi? Fiabe
pazze da prender con le pinze.
Già il grande grecista Giovanni Pugliese Carratelli,
aveva rischiato l´accusa di eresia quando, una
trentina di anni fa, stimolò gli archeologhi affinché
cercassero tracce «micenee» qui da noi, in Italia.
Presto, però, la ricerca gli diede ragione: in
Sicilia, a Ischia, in Sardegna, Puglia, persino in
Veneto, saltarono fuori e riconosciuti reperti datati
al XIII e XII secolo a. C. - proprio l´età raccontata
da Omero - a legare strette strette le genti
mediterranee e a fare assai più grande il mondo e il
mare degli Antichi.
Eppure - e proprio grazie a quel dogma promulgato da
Mommsen - in certi ambienti ci si continua ancor oggi
a stupire se, di tanto in tanto, relitti di bastimenti
del II millennio a. C. restituiscono merci dell´intero
Mediterraneo.
Ora questa madonnina turca del IV millennio, quasi
gemella alle sue coetanee neolitiche di Sardegna. A
riguardarsela da vicino vicino - adesso che troneggia
in vetrina, lì, al Quirinale - sembra materializzarci
le antiche rotte di cui favoleggiarono i Sargon prima,
gli Ittiti poi, con l´Anatolia a far da grande
imbarcadero della civiltà: Terra Madre!
Solo che, ormai, nessuno se lo ricorda più: né al
Museo di Ankara (dove normalmente questa statuina è
esposta), né in quelli sardi, (dove sono in mostra le
sue sorelle) e neppure all´Archeologico di Bruxelles
(dov´è un´altra loro parente stretta, con la testa un
po´ più sottile, trovata nelle Cicladi), vengono
sottolineati questi loro gemellaggi transmarini.
Eppure l´ha sottolineato con scrupolo in catalogo,
Godart: «Fin dal neolitico le scoperte e le conquiste
culturali di cui le terre anatoliche sono state teatro
hanno segnato profondamente la civiltà europea e, a
sua volta, la civiltà occidentale ha plasmato in parte
il volto della Turchia moderna». Figurarsi che, ormai,
c´è chi - come Gray & Atkinson, su Nature del novembre
2003 - assicura che gli Indoeuropei proprio da lì
siano partiti per regalarci lingue tutte apparentate,
insieme ai semi giusti per l´agricoltura e ai cento
segreti dell´allevamento.
Ed è una storia infinita quella nostra che s´intreccia
con la loro.
A dare ai Greci quel che è dei Greci, ormai, ci siamo
abituati. Spesso, poi, però, ci si dimentica di
ricontrollare quanto la Grecia classica si sentisse
debitrice con l´Anatolia, il paese dell´alba: l´altra
metà del suo cielo. Omero? C´è chi ce lo giura mezzo
turco. Esiodo, il teologo? Lo racconta lui stesso -
proprio mentre sta costruendo un Pantheon agli Elleni
- che suo padre era emigrato da Cuma eolica «non certo
fuggendo gli agi, né la ricchezza e il benessere, ma
la cattiva povertà che Zeus assegna ai mortali».
Per non parlare di Dioniso che - parola sua, ma grazie
alla penna dell´Euripide di Baccanti - nel V secolo a
C. si autocertifica così: «Mia patria è la Lidia».
Tanto che Penteo, con cui il Dio della Vite sta
dialogando, gli ribatte: «E com´è che vieni ora a
portare questi riti nell´Ellade?». E son targati
Turchia anche uomini che sembrano dèi - come Mida, e
Creso - insieme a dèi che soffrono come uomini, come
Prometeo. E Demetra/Madre Terra da dove ci arriva se
non dalla Dea Madre di Ìatalh´y´k («Un pezzo che
rimpiango: l´avrei voluto qui, in mostra» confessa
Godart) che - datata VI millennio a. C., ritratta
trionfante in trono mentre sta partorendo - si prende
il primato delle divinità femminili mediterranee che
via via si materializzeranno nell´elaboratissima
Artemide di Efeso, pregata in mezzo mondo, fino su
alla Marsiglia dei Focei, lupi di mare d´antan.
Roba vecchia? Cose turche? Solo turche?
Fino a un certo punto: dopo mille cautele la Chiesa di
Roma, nel secolo scorso, decise che proprio in una
casa a pochi chilometri dalla Efeso di Artemide,
(ritrovata dagli archeologhi, grazie alle visioni di
una mistica austriaca), sarebbe morta Maria, la madre
di Gesù.
Nel 1967 Paolo VI si recò lì a pregare l´ultima nostra
Dea Madre.
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