Archeoastronomia amerindia: le "ruote della medicina"
di Vincenzo Croce* - 18/11/2005
Fonte: airesis.net
Sui monti del Big Horne, nei luoghi sacri agli indiani
Dakota, furono costruiti, in epoche imprecisabili,
giganteschi recinti di pietre con un tumulo centrale.
Qual era la loro possibile applicazione pratica?
Una cerimonia a 3000 metri di altezza
Lungo la solitaria erta serpeggiante sui fianchi della
Catena del Big Horn lo stregone, avvolto nel suo
mantello a riparo dei rigori notturni, saliva con il
passo reso spedito dalla consuetudine dei luoghi e dei
compiti che l'attendevano. Lassù, sul breve pianoro
sommitale ergentesi a 2940 metri d'altitudine, che il
vento delle alte quote avvolgeva con la sua ruvida
carezza perenne, l'uomo sapeva che, libero ormai
dall'interminabile abbraccio del crudo gelo invernale,
avrebbe ritrovato il complesso apparato di pietre che
gli antenati del suo popolo da tempo immemorabile
avevano faticosamente disposto in quel luogo tanto
selvaggio ed isolato. Il solstizio estivo era
prossimo, certamente, poiché molti erano già i segni
del cielo e della terra che concorrevano ad
annunziarlo, ma il popolo dei Cheyenne attendeva
laggiù, nei villaggi dispersi per le vaste pianure
verdeggianti ove tutto era pronto e predisposto per le
rituali cerimonie solari, che l'uomo incaricato di
comunicare con gli spiriti del cosmo ne comunicasse
l'epoca precisa; il momento atteso ed importante che
dava inizio al nuovo ciclo delle attività agricole e
venatorie sulle quali riposava la sopravvivenza di
alcune migliaia di individui. Lo stregone già vedeva
con gli occhi anticipatori della mente il noto cumulo
di bianche pietre che, sul pianoro aperto all'immenso
giro dell'orizzonte, gli avrebbe indicato il luogo ove
prendere posto. Sarebbe giunto lassù prima del
tramonto del Sole, ormai prossimo a declinare in un
vivo bagliore di fuoco; avrebbe ritrovato il fido
riparo fra le rocce onde attendere lo scorrere della
breve notte tardo-primaverile fino al momento in cui
le prime avvisaglie dell'alba non gli avrebbero
imposto di cominciare a disporsi all'osservazione,
ricercando con attenzione fra le tenui brume dell'est.
Nella direzione ove, infisso su un monticello di
pietre distante una decina di metri, un aguzzo
monolite proiettava sul cielo la sua silhouette, una
stella dal fulgore vivissimo, reso vacillante dalla
torbidità dei bassi strati atmosferici, ad un certo
momento avrebbe dovuto brillare all' orizzonte per
breve tempo, poco prima che il soverchiante disco del
Sole avesse cominciato ad emergere. Era l'astro di
Aldebaran l'atteso ospite celeste, la stella di prima
grandezza che, nella costellazione del Toro, a guisa
di corteggio regale è accompagnata dal caratteristico
asterisma a V del gruppo delle Jadi. Nei giorni
precedenti, essa sarebbe stata del tutto invisibile
poiché sarebbe sorta immersa nell'abbagliante luce
solare; nei giorni successivi, l'anticipo progressivo
della levata l'avrebbe mantenuta nel cielo abbastanza.
a lungo prima dell'apparizione dell'astro del giorno.
Il preciso sorgere eliaco (1) della stella avrebbe
invece avvertito, con il suo effimero bagliore, il
momento in cui il Sole, al termine della digressione
invernale verso le regioni meridionali del cielo,
avrebbe raggiunto la sua posizione boreale più spinta:
il solstizio estivo, appunto, e l'inizio del nuovo
ciclo annuale.
Testimonianze di culti amerindi
Usualmente si ritiene che la contemplazione del cielo
e dei suoi fenomeni ciclici abbia ricoperto un
carattere strettamente utilitaristico per i popoli che
avevano cominciato a preferire gli insediamenti
stabili, l'agricoltura e l'allevamento del bestiame,
piuttosto che per quelli dediti al nomadismo e alla
caccia, Gli amerindi che, suddivisi in diverse stirpi
e tribù, popolarono le grandi pianure poste ad oriente
delle Montagne Rocciose, spargendosi nel bacino del
Mississipi, dal Colarado, il Texas, lo Wyoming, il
Montana, fin verso le regioni settentrionali dell'
Alberta, Regina, Saskatchewan, non sempre, e non
tutti, acquistarono consuetudini sedentarie, ma comuni
furono per essi molte cerimonie di impetrazione, di
esorcismo e di ringraziamento, fra le quali
primeggiarono indubbiamente le "danze solari".
I Cheyenne erano usi di costruire per tali cerimonie -
effettuate di solito nelle epoche a cavallo del
solstizio estivo - alcune capanne magiche nelle quali
un grande albero, privato dei rami, costituiva il
sostegno centrale. Da esso s'irradiava una serie di
tronchi inclinati che venivano appoggiati ad
altrettanti pali confitti verticalmente in circolo, è
che avevano il compito di sostenere una ricopertura di
pelli. Relazioni magiche con la realtà cosmica erano
suggerite in modo chiaro dal criterio tenuto
nell'erigere cadeste costruzioni. Il tronco centrale
rappresentava il cardine del mondo; la copertura del
locale simboleggiava la volta del cielo e, in taluni
casi, vi erano raffigurate costellazioni ed
allineamenti celesti; determinati pali laterali, a
seconda dell'opinione espressa da Van De Chamberlain,
studioso di archeoastranomia amerinda al National Air
and Space Museum, fissavano le posizioni apparenti
estreme {azimuth orizzontali) raggiunte stagionalmente
dalla Luna e dal Sole al momento della loro comparsa,
o scomparsa, all'orizzonte. L 'apertura d'ingresso
alle capanne magiche era di norma rivolta alla
direzione ove, al solstizio estivo, si scorgeva
sorgere l'astro del giorno e il suo primo raggio
benefico annunciava l 'inizio delle danze rituali.
L 'importanza di cadesti accorgimenti, profondamente
radicati nella cultura degli antichi popoli d'
America, andava oltre l' esigenza strettamente
utilitaristica di stabilire sequenze cronologiche e
computi di calendario. Essi rappresentavano anche, in
un certo qual modo, la manifestazione pratica di
un'esigenza di comunione e d'interpretazione delle
forze della natura: uno sforzo collettivo e poetico di
"colloquiare" con l'anima. cosmica onde realizzarsi,
per tale via, nella coscienza di uomini fieri, ma
anche giusti, e perciò degni della tutela e delle cure
che gli spiriti della natura si compiacevano di loro
concedere.
Un risvolto pratico delle capacità matematiche,
astronomiche e tecnologjche sviluppate nei primitivi
popoli delle pianure nordamericane; grazie all
'interesse rivolto all' osservazione del cielo, viene
di solito indicato da molti archeologi ed
archeoastranomi nelle tracce abbandonate in epoche più
o meno remote, riferentisi a costruzioni a carattere
circolare. Waldo Wedel, a seguito di suoi studi sui
villaggi degli indiani Wichita del Kansas, ha messo
recentemente in luce alcuni criteri di disposizione
rilevabili nei cosiddetti cerchi dei consigli. Si
tratta di manufatti risalenti al XVI e XVII secolo, e
ciascuno di essi consiste in un tumulo circondato da
un fossato e da una serie di depressioni del terreno.
Lo studioso ha notato peraltro che i tumuli centrali
sono reciprocamente visibili anche trovandosi posti a
distanze, l'uno dall'altro, eccedenti il miglio. Essi
risultano allineati col sorgere del Sole al solstizio
d'estate e con il suo tramonto a quello d'inverno. È
probabile che nelle depressioni del suolo venissero
alloggiati dei pali in funzione di traguardo, e che
gli anziani del villaggio, in occasione di determinate
congiunture astronomiche, fossero soliti radunarsi a
consulto intorno al tumulo centrale.
Indicazioni più promettenti ad essere interpretate in
chiave astronomica, o calendaristica, provengono dal
cerchio con buche trovato a Cahokia, nell'lllinois, e
studiato da Warren L. Wittry che l'ha battezzato "la
Woodhenge americana". Consiste in un anello gigantesco
di 125 metri di diametro tracciato da una serie di 48
buche, nelle quali è verosimile supporre che gli
antichi costruttori avessero infisso altrettanti pali
di legno (Woodhenge = recinto in legno) di cui, però,
non è rimasta traccia. Un quarantanovesimo palo, in
posizione centrale, sarebbe servito, secondo il
Wittry, come postazione dalla quale traguardare in
corrispondenza dei pali periferici. L 'ipotesi che la
Woodhenge di Cahokia servisse per predire le eclissi
di Sole e di Luna non ha trovato gran credito; mentre
pare che l'opinione dei ricercatori sia concorde
nell'attribuire un significato "solare" alle cosidette
Ruote della Medicina.
Danza rituale "Della Medicina" degli indiani
Esquimalt, della Columbia Britannica.
La "Ruota Magica" del Big Horn
Il termine di Medicinee Wheels si riferisce a quella
parte di magico, di soprannaturale, di stregonesco, se
vogliamo, che gli esploratori bianchi del nordovest
americano credettero di attribuire a numerosi recinti
di pietre, racchiudenti di solito una raggiera
irradiantesi da un cumulo centrale. Dunque, più che
"ruote della medicina" codeste testimonianze di
culture remote dovrebbero esser definite "ruote
magiche". Ma, poi, in che consisterebbe la pretesa
magia racchiusa in cotali manufatti?
Si conoscono all'incirca una cinquantina di reperti
disseminati in gran parte nelle pianure che si
estendono ad est delle Montagne Rocciose e, a nord,
nelle fertili piane del Canada centro-occidentale.
L'adorazione delle "Ruote della Medicina" come mezzo
di colloquio con gli spiriti della natura, in
particolare il Sole, ha costituito evidentemente una
lunghissima consuetudine presso le tribù amerinde. Il
Tumulo di Majorville, un recinto ritrovato purtroppo
in assai cattive condizioni nell' Alberta, ha
dimostrato di possedere 45 secoli di età, e la sua
erezione risale quantomeno all'epoca delle piramidi di
Gizeh. Vi si riconosce ancora un cumulo centrale di
pietre per un totale di 50 tonnellate; un bordo,
sempre in grossi massi sovrapposti e alcuni del raggi
originali di pietre dipartentisi dal pilone centrale.
Lo specialista di fisica solare John A. Eddy,
dell'Osservatorio di Grande Altitudine di Boulder,
Colorado, ha esaminato moltissime "Ruote della
Medicina" dedicando particolare cura alla descrizione
ed alla interpretazione di quella che si trova situata
sul pianoro sommitale della Medicine Mountain, nella
catena montuosa del Big Horn. Il recinto di pietre
misura all'incirca 25 metri (esso non è perfettamente
circolare) e risulta quindi un poco più angusto del
recinto esterno di megaliti che si ammira a
Stonehenge, in Inghilterra. Il tumulo centrale, di
oltre un metro d'altezza, consiste in un
ammucchiamento di massi del diametro di 3 metri e
metto all'interno del quale c'è una cavità che era
probabilmente occupata, in origine, da una pietra più
grossa. Dal tumulo, come dal mozzo di una ruota, si
diparte una raggiera di 28 segmenti lineari di pietre
più piccole che va a raggiungere il recinto esterno.
Un raggio di questa specie di ruota si spinge per 4
metri oltre il perimetro del recinto, terminando con
un monticello di massi disposti ad U.
Altri quattro monticelli di forma analoga si innalzano
in corrispondenza delle estremità di altrettanti raggi
ma, in questo caso, essi risultano eretti sul ridosso
esterno del recinto: un sesto cumulo compare invece
sul ridosso interno. La datazione presumibile del
manufatto, sulla base di analisi dendrologiche
compiute su alcuni frammenti lignei ritrovati nel
sito, farebbe risalire la Ruota del Big Horn attorno
alla metà del XVIII secolo.
Si tratterebbe quindi di un manufatto piuttosto
moderno che confermerebbe in pieno la persistenza di
talune pratiche mistico-tecnologiche a partire dalle
epoche più remote. Le prime notizie sui reperti del
Big Horn risalgono a non oltre il 1880 e furono
fornite da alcuni gruppi di cercatori di minerali.
Esiste anche un rapporto del 1922 redatto dall'
etnologo R.H. Lowie che si avvale dell'affermazione di
Cane Tranquillo, uno stregone della tribù dei Corvi,
secondo il quale l'area era consacrata ai colloqui con
gli spiriti ed alla loro visione soprannaturale. Oggi,
la Ruota Magica è protetta dal Servizio Nazionale
perle Foreste.
A che serve una Ruota della Medicina?
Le indagini espletate dall'Eddy per mettere in luce le
probabili funzioni della Ruota del Big Horn si
accentrarono dapprima sul cumulo di pietre eretto
all'estremità del braccio che sporge oltre il recinto
poiché, essendo unico con quella disposizione,
lasciava intuire una sua funzione specifica. In
effetti lo studioso non tardò a constatare che, da
quella postazione, un osservatore che avesse usato del
tumulo centrale come traguardo o, meglio, del monolite
che probabilmente ne occupava la sommità, si sarebbe
trovato di faccia il punto azimutale dal quale il Sole
emergeva al di sopra dell' orizzonte il giorno del
solstizio estivo. Al giorno d'oggi, causa il
lentissimo moto di precessione dell'equatore celeste
intorno all'eclittica, alla data del solstizio (21
giugno) il punto di levata si trova spostato in realtà
per un tratto maggiore della larghezza del disco
stesso dell'astro.
Eddy rintracciò anche l'allineamento lungo il quale,
in quel medesimo giorno, poteva osservarsi il tramonto
del Sole: esso veniva a coincidere con una linea
passante per il picco centrale e un secondo cumulo
periferico di pietre. La bisecante fra codeste due
linee indica chiaramente la direzione del meridiano
locale.
Eddy si meravigliò, in un primo momento, di non
riscontrare una disposizione di cumuli di riferimento
in corrispondenza del solstizio invernale. Ma poi
riflette che l'uso delle tribù indigene di salutare
l'ingresso della stagione delle messi con cerimonie di
sontuosità particolare poteva indurre, con ragione a
ritenere che la "Ruota della Medicina" del Big Horn e,
in generale, di tutte le altre consimili, avesse un
significato prettamente connesso ai rituali che
salutavano l'inizio dell'estate. Per di più,
l'inaccessibilità al Medicine Mount nel corso della
stagione invernale, allorché i ghiacci e la neve ne
ricoprono le balze e la vetta con un manto compatto e
pericoloso, costituiva un elemento di prova ulteriore
alla tesi che gli antichi costruttori avessero trovato
superfluo disporvi riferimenti da utilizzare durante
l'inverno.
Tuttavia, era la domanda che Eddy si poneva, come
potevano conoscere, gli stregoni-osservatori, il
giorno del solstizio con precisione sufficiente, senza
trascorrere un periodo più o meno lungo sulla vetta
del Big-Horn, occupati ad osservazioni celesti,
diciamo così, preparatorie e di contorno? La
perspicacia dello studioso ottenne il giusto
riconoscimento: il tumulo di pietre disposte su.
ridosso interno del recinto ricopriva in effetti un
ruolo specifico. Traguardando da esso attraverso altri
tre tumuli prospicienti, e senza passare per il picco
centrale si perveniva a fissare sull' orizzonte i
punti ove sorgevano, rispettivamente, Aldebaran, Rigel
e Sirioall'epoca nella quale la "Ruota" veniva usata.
Abbiamo già fatto notare, nelle parole introduttive,
come il sorgere eliaco di Aldebaran precedesse di solo
qualche giorno il solstizio estivo; ventotto giorni
dopo seguiva la levata eliaca di Rigel e, dopo altri
ventotto giorni, quella di Sirio. Il sorgere di queste
stelle cospicue in concomitanza al Sole doveva
racchiudere, nell'opinione dell'Eddy, un qualche
significato pratico per le consuetudini delle tribù.
Ma Quale?
È probabile che il numero 28, caratteristico di quelle
cadenze temporali, abbia soltanto una casuale
corrispondenza col numero dei raggi della "Ruota". Dei
quali, fra l'altro, a parte i sei contrassegnati con i
monticoli di massi, non è affatto chiara la, funzione,
È anche verosimile che la levata eliaca di Sirio,
verificantesi circa due mesi dopo il solstizio,
servisse di avvertimento affinché nei villaggi ci si
cominciasse a predisporre all'autunno incipiente. E
opportuno ricordare, a questo punto, che nel gruppo
degli allineamenti riconosciuti, il sesto cumulo
periferico sembra privo di significato. Ma, ecco, che
uno studioso dell'Università della Florida,
appassionatosi anch'egli all'enigma contenuto sul Big
Hom, avrebbe trovato che dal cumulo in questione, 35
giorni avanti il solstizio, sarebbe stato possibile
assistere al sorgere eliaco di Fomàlhaut, il
luminosissimo astro di prima grandezza che risplende
nella costellazione del Pesce Australe.
Tuttavia, misurazioni più accurate, hanno dimostrato
che, sempre a causa del movimento di precessione, la
corrispondenza esatta, a partire dal XV secolo, non si
sarebbe potuta più verificare. Nella fattispecie,
l'età della "Ruota " risulterebbe allora accresciuta
di diversi secoli rispetto a quanto si era finora
supposto. Interrogativi, ai quali la Ruota Magica;
ormai immobile nel tempo, soltanto con difficoltà è
disposta a rispondere ...
Ulteriori conferme
Alla ricerca di più ampie informazioni sul significato
"solare" delle Ruote della Medicina, Eddy ha rivolto
la propria attenzione a molti altri esemplari
consimili; Taluni non mostrano alcuna relazione con
allineamenti celesti di qualche significato: le loro
raggiere si dispongono a caso, oppure mancano del
tutto, dimostrando che le pietre (come appare in molte
strutture circolari di dimensioni modeste abbandonate
in territori una volta abitati dai pawnee) servivano
solo per scopi utilitari, come quello di fissare le
pelli di copertura negli attendamenti temporanei. In
altri casi, i tumuli stanno a segnare, forse, le tombe
dei capi o di altri personaggi eminenti delle
comunità.
Nondimeno, le investigazioni portate avanti dall'Eddy
nelle pianure occidentali del Canada con l'ausilio
della prospezione aerea, hanno consentito di
rintracciare significative affinità fra recinti
risalenti a epoche molto diverse e, soprattutto,
realizzati da popoli di radici eterogenee. Va
ricordato, a tale riguardo, il Contributo notevole
dato dalla coppia di archeologi canadesi Alice e
Thomas Kehoe, del Museo Nazionale del Canada, i quali
nel 1975 sono stati in grado di dimostrare che anche
un altro recinto di pietre, situato sulla sommità del
Monte delle Alci, nel Saskatchewan, mostrava degli
allineamenti a raggiera accordantisi singolarmente con
quelli del Big Horn, distante 700 km.
Anche in questo caso le linee di pietra si dipartono
da un grosso cumulo centrale per finire in altrettanti
monticelli periferici; ma le differenze di aspetto
sono considerevoli. La larghezza del picco al centro è
maggiore (9 metri) , anche la sua altezza è di una
volta e mezza superiore, e la massa delle pietre
raggiunge forse le 80 tonnellate. Il recinto è però
molto più ristretto; è costituito da un modesto
disegno eseguito con pietre piatte, secondo una figura
ovoidale la cui massima larghezza non raggiunge i 20
metri. Vi compaiono soltanto cinque raggi destinati a
portare le postazioni degli osservatori; le loro
lunghezze sono ineguali, e quello che si riferisce al
solstizio estivo (levata del Sole), con la misura di
37 metri, risulta essere il più lungo.
I coniugi Kehoe, grazie alle piccole divergenze di
orientamento rilevate fra gli allineamenti del Big
Horn e del Monte degli Alci, hanno concluso che,
tenendo conto degli effetti dovuti alla precessione,
la datazione del secondo va posta ad età molto
anteriori. La tecnica del radio- carbonio ha, da parte
sua, indicato il 450 a.C. e pertanto il recinto non
deve possedere meno di 20 secoli di vita.
La connessione nel tempo e nello spazio fra codeste
due "ruote magiche " indica con chiarezza come vi sia
stata un'ininterrotta continuità di tradizioni e di
consuetudini fra gli amerindi delle prime età e i loro
successori.
Numerosi altri esempi di "strumenti" litici di analoga
fattura, potrebbero venir addotti. Assai curioso, per
la forma singolare, è il recinto ritrovato a Minton
Turtle, sempre nel Saskatchewan. Colà la disposizione
delle pietre ricorda l'aspetto di una grande
tartaruga, e i sei mucchi di massi destinati a far
prendere posto all'osservatore, rappresentano testa,
zampe e coda dell'animale.
Un enigma svelato?
Chi costruì le Ruote della Medicina? In realtà non è
possibile dare una risposta precisa. Sicuramente la
loro applicazione pratica risale ai precursori lontani
degli Indiani delle Praterie, il cui scopo era quello
di progettare pratiche rituali, alle epoche dovute,
onde esorcizzare demoni o placare dei. Questa esigenza
servì loro per sviluppare una certa abilità
all'osservazione del cielo, e a tramandare alcune
cognizioni astronomiche delle quali - in mancanza di
ogni tradizione scritta - solo mute pietre oggi ci
parlano. Nel luglio del 1975 i coniugi Kehoe, di cui
abbiamo già detto, ebbero l' occasione di assistere
alla dimostrazione di una "danza solare" organizzata
dagli Indiani Corvi nella riserva di Sweetgrass Cree
Saskatchewan. Al termine dello spettacolo, essi
rilevarono, con un interesse che può facilmente essere
immaginato, come i percorsi dei passi di danza che gli
esecutori dovevano seguire fossero stati
preventivamente segnati da una disposizione di pietre
che ricordava, in tutto e per tutto, quella mostrata
dalle Ruote Magiche! Uno spazio centrale, una
direzione d'ingresso rivolta a mezzogiorno, un
circuito anulare lungo il quale erano segnate le
stazioni in cui il danzatore doveva temporaneamente
arrestarsi.
Interrogati nei riguardi delle Ruote, i vecchi della
comunità non seppero dire altro che "esse erano state
abbanonate da un popolo che preesisteva a quello dei
Corvi". Quel popolo aveva le proprie cerimonie ed ebbe
origine in un'altra creazione. Il suolo consacrato
entro i recinti di pietra, dove ancor oggi molti
Indiani pregano, appartenne a quella stirpe ormai
estinta».
NOTE
(1) Eliaco: termine riferito ad astro che sorge e
tramonta rispettivamente prima e dopo il sole,
nell'istante in cui risulta appena percepibile nelle
luci del crepuscolo.
*Astrofisico