Corriere della Sera 14.1.08
A Berlino aprirà una nuova mostra sul celebre papiro attribuito al geografo di Efeso
Duello finale su Artemidoro
Pronta l'edizione critica, ma Canfora insiste in due libri: è un falso
di Dino Messina
Il reperto potrebbe provenire da un gruppo di manufatti di Simonidis custoditi a Liverpool
Con il nuovo anno sta giungendo al suo epilogo uno dei casi culturali più clamorosi degli ultimi tempi: la discussione sull'autenticità del papiro di Artemidoro, il prezioso reperto acquistato dalla Fondazione per l'Arte della Compagnia di San Paolo per la ragguardevole somma di 2.750.000 euro ed esposto nel 2006 nelle sale di palazzo Bricherasio a Torino in una mostra di grande successo. Mentre i sostenitori dell'autenticità preparano un'altra esposizione che sarà inaugurata a Berlino il 12 marzo e annunciano la contemporanea presentazione dell'edizione critica, il professor Luciano Canfora, filologo dell'università di Bari, leader del gruppo di grecisti che con sempre maggiore convinzione sostengono l'ipotesi che il papiro sia un falso, manda in libreria due volumi. Il primo, in inglese, «The True History of the So-called Artemidorus Papyrus», uscito nelle edizioni di pagina (pagine 200, e 16), già recensito dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, raccoglie articoli pubblicati sulla rivista «Quaderni di storia» e un'edizione del papiro. Il secondo e più imponente volume, «Il papiro di Artemidoro », con contributi anche di Luciano Bossina, Livia Capponi, Giuseppe Carlucci, Vanna Maraglino, Stefano Micunco, Rosa Otranto e Claudio Schiano (Laterza, pagine 524, e 28) sarà mandato in libreria giovedì 17.
Tutto cominciò una sera del dicembre 2005 quando il professor Tullio Gregory commissionò a Luciano Canfora la voce «Papiri» per l'appendice settima dell'Enciclopedia italiana. Una richiesta seguita da una raccomandazione: parlare del Papiro di Artemidoro, una delle più importanti scoperte del secolo. Così Canfora, con la migliore disposizione d'animo, nel marzo 2006 andò a Torino dove era allestita la grandiosa mostra intitolata «Le tre vite del Papiro di Artemidoro». Un titolo che si riferiva alle stratificazioni di testi e disegni accumulatisi sul papiro in due secoli di vita, dal primo avanti Cristo al primo dopo Cristo. Pur impressionato dalla sontuosa presentazione, il filologo Canfora venne subito assalito da un dubbio: nel papiro non si trovava quella lingua classica e tecnicizzante in cui doveva scrivere Artemidoro di Efeso. Da questo dubbio, foriero di approfondite ricerche, scaturirono una serie di scoperte che come in un disvelamento di scatole cinesi portarono all'ipotesi che il papiro fosse comunque un prodotto tardo e probabilmente un falso.
Innanzitutto, spiega Canfora, «il brano non era costituito dal secondo libro della Geografia di Artemidoro, che operò tra il secondo e il primo secolo avanti Cristo, ma piuttosto un testo di Marciano, che nel IV secolo dopo Cristo aveva riassunto alcuni brani di Artemidoro. Ma anche l'ipotesi Marciano non reggeva. Perché il testo sembra riprendere pedissequamente l'edizione ottocentesca di August Meinecke. E ancora nella quinta e ultima colonna del testo figura il nome di un fiume, Oblevion, introdotto dagli studiosi umanisti e non la versione Belion, come compare in Strabone».
È vero, a seguire il filo vengono le vertigini. Ma tutti i passaggi portano, secondo Canfora, a un personaggio ottocentesco, a suo modo di grande levatura, il falsario Costantino Simonidis, per anni apprendista di greco antico nei monasteri del monte Athos e del Sinai, quindi frequentatore delle capitali europee, Londra, Berlino, Parigi, dove era diventato l'incubo degli accademici. Simonidis, esperto disegnatore per aver seguito i corsi del francese Vidal, un allievo di David, aveva tratto in inganno più di un professore con i suoi falsi che andavano dal Vangelo di Matteo a Tucidide. Ma la sua specializzazione erano le Geografie: ne aveva confezionate su Cefalonia, su Simi e aveva proposto un falso Periplo di Annone che altro non era che il periplo del Marocco, idealmente il capitolo precedente del Papiro di Artemidoro, presentato come il Periplo della Spagna. Un reperto unico, perché, a differenza di quanto avveniva nell'antichità, la carta geografica era accompagnata dal testo.
In un volume che spazia dalla filologia all'inchiesta, troviamo anche il saggio di Livia Capponi che ha potuto analizzare una raccolta di falsi confezionati da Simonidis, custoditi nella collezione Joseph Mayer di Liverpool. «Simonidis — ipotizza Canfora — non lavorava da solo. Aveva una rete di collaboratori ed estimatori che lo aiutavano a vendere la sua merce. E a confondere le acque della papirologia. Non è escluso che il Papiro di Artemidoro arrivi dalla collezione Mayer, sia uno di quei tre rotoli scomparsi e mai più ritrovati di cui parla la Capponi».
Corriere della Sera 14.1.08
La filologa. La Kramer contrattacca «Autentico, c'è la prova»
di D. M.
«Un falso?» Così il 9 gennaio titolava la «Frankfurter Allgemeine Zeitung» il servizio sul Papiro di Artemidoro
Barbara Kramer, filologa e papirologa all'università di Treviri, fa parte con Salvatore Settis e Claudio Gallazzi del gruppo di esperti che ha certificato l'autenticità del papiro di Artemidoro e che ora si accinge a pubblicare l'edizione critica. «Presenteremo il volume a Berlino — ci dice — in occasione della mostra che si aprirà il 12 marzo al Museo egizio. Ho sentito voci di un convegno, ma non credo proprio che ci siano le condizioni per una discussione scientifica seria. La materia deve essere prima studiata e poi discussa».
Non ci sarà un convegno, ma una discussione informale?
«Per quanto mi riguarda so con certezza che non parlerò. A me e ai miei colleghi basta aver realizzato l'edizione critica del papiro, l'unica autorizzata».
L'«editio princeps» prenderà in considerazione le obiezioni di Luciano Canfora?
«Noi non abbiamo alcun dubbio sull'autenticità del papiro né abbiamo intenzione di reagire alla campagna di Canfora. Un atteggiamento, il suo, dettato da motivi personali, non certo scientifici».
Canfora non è stato l'unico grecista a esprimere dubbi sull'autenticità del papiro di Artemidoro, altri studiosi come Luciano Bossina sottolineano che la lingua in esso usata non è certo un greco classico, ma tardo-bizantino.
«Noi prendiamo in considerazione il fatto che autori della tarda antichità hanno citato il testo anteriore, che è la cosa più naturale del mondo».
Che cosa si evince dalle analisi chimiche condotte sul papiro?
«Tutte le analisi ci dicono che il papiro è autentico».
Stefano Micunco ha sostenuto che alcune parole usate nel papiro non siano altro che la tarda traduzione in greco di termini latini: per esempio «kenalòpex» sarebbe la traduzione della parola latina usata per la prima volta nel XVII secolo per indicare una costellazione, «anser cum vulpecula», cioè anatra-volpe.
«Non è affatto vero. Quella parola esisteva ed è la combinazione di due termini greci».
Molti dubbi sono stati espressi anche sulla parte iconografica del papiro.
«Su essi non voglio esprimermi, questa materia compete allo storico dell'arte antica Salvatore Settis».
Che cosa pensa, infine, dell'attribuzione del papiro al falsario greco Costantino Simonidis?
«È un'ipotesi davvero assurda».
A Berlino aprirà una nuova mostra sul celebre papiro attribuito al geografo di Efeso
Duello finale su Artemidoro
Pronta l'edizione critica, ma Canfora insiste in due libri: è un falso
di Dino Messina
Il reperto potrebbe provenire da un gruppo di manufatti di Simonidis custoditi a Liverpool
Con il nuovo anno sta giungendo al suo epilogo uno dei casi culturali più clamorosi degli ultimi tempi: la discussione sull'autenticità del papiro di Artemidoro, il prezioso reperto acquistato dalla Fondazione per l'Arte della Compagnia di San Paolo per la ragguardevole somma di 2.750.000 euro ed esposto nel 2006 nelle sale di palazzo Bricherasio a Torino in una mostra di grande successo. Mentre i sostenitori dell'autenticità preparano un'altra esposizione che sarà inaugurata a Berlino il 12 marzo e annunciano la contemporanea presentazione dell'edizione critica, il professor Luciano Canfora, filologo dell'università di Bari, leader del gruppo di grecisti che con sempre maggiore convinzione sostengono l'ipotesi che il papiro sia un falso, manda in libreria due volumi. Il primo, in inglese, «The True History of the So-called Artemidorus Papyrus», uscito nelle edizioni di pagina (pagine 200, e 16), già recensito dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, raccoglie articoli pubblicati sulla rivista «Quaderni di storia» e un'edizione del papiro. Il secondo e più imponente volume, «Il papiro di Artemidoro », con contributi anche di Luciano Bossina, Livia Capponi, Giuseppe Carlucci, Vanna Maraglino, Stefano Micunco, Rosa Otranto e Claudio Schiano (Laterza, pagine 524, e 28) sarà mandato in libreria giovedì 17.
Tutto cominciò una sera del dicembre 2005 quando il professor Tullio Gregory commissionò a Luciano Canfora la voce «Papiri» per l'appendice settima dell'Enciclopedia italiana. Una richiesta seguita da una raccomandazione: parlare del Papiro di Artemidoro, una delle più importanti scoperte del secolo. Così Canfora, con la migliore disposizione d'animo, nel marzo 2006 andò a Torino dove era allestita la grandiosa mostra intitolata «Le tre vite del Papiro di Artemidoro». Un titolo che si riferiva alle stratificazioni di testi e disegni accumulatisi sul papiro in due secoli di vita, dal primo avanti Cristo al primo dopo Cristo. Pur impressionato dalla sontuosa presentazione, il filologo Canfora venne subito assalito da un dubbio: nel papiro non si trovava quella lingua classica e tecnicizzante in cui doveva scrivere Artemidoro di Efeso. Da questo dubbio, foriero di approfondite ricerche, scaturirono una serie di scoperte che come in un disvelamento di scatole cinesi portarono all'ipotesi che il papiro fosse comunque un prodotto tardo e probabilmente un falso.
Innanzitutto, spiega Canfora, «il brano non era costituito dal secondo libro della Geografia di Artemidoro, che operò tra il secondo e il primo secolo avanti Cristo, ma piuttosto un testo di Marciano, che nel IV secolo dopo Cristo aveva riassunto alcuni brani di Artemidoro. Ma anche l'ipotesi Marciano non reggeva. Perché il testo sembra riprendere pedissequamente l'edizione ottocentesca di August Meinecke. E ancora nella quinta e ultima colonna del testo figura il nome di un fiume, Oblevion, introdotto dagli studiosi umanisti e non la versione Belion, come compare in Strabone».
È vero, a seguire il filo vengono le vertigini. Ma tutti i passaggi portano, secondo Canfora, a un personaggio ottocentesco, a suo modo di grande levatura, il falsario Costantino Simonidis, per anni apprendista di greco antico nei monasteri del monte Athos e del Sinai, quindi frequentatore delle capitali europee, Londra, Berlino, Parigi, dove era diventato l'incubo degli accademici. Simonidis, esperto disegnatore per aver seguito i corsi del francese Vidal, un allievo di David, aveva tratto in inganno più di un professore con i suoi falsi che andavano dal Vangelo di Matteo a Tucidide. Ma la sua specializzazione erano le Geografie: ne aveva confezionate su Cefalonia, su Simi e aveva proposto un falso Periplo di Annone che altro non era che il periplo del Marocco, idealmente il capitolo precedente del Papiro di Artemidoro, presentato come il Periplo della Spagna. Un reperto unico, perché, a differenza di quanto avveniva nell'antichità, la carta geografica era accompagnata dal testo.
In un volume che spazia dalla filologia all'inchiesta, troviamo anche il saggio di Livia Capponi che ha potuto analizzare una raccolta di falsi confezionati da Simonidis, custoditi nella collezione Joseph Mayer di Liverpool. «Simonidis — ipotizza Canfora — non lavorava da solo. Aveva una rete di collaboratori ed estimatori che lo aiutavano a vendere la sua merce. E a confondere le acque della papirologia. Non è escluso che il Papiro di Artemidoro arrivi dalla collezione Mayer, sia uno di quei tre rotoli scomparsi e mai più ritrovati di cui parla la Capponi».
Corriere della Sera 14.1.08
La filologa. La Kramer contrattacca «Autentico, c'è la prova»
di D. M.
«Un falso?» Così il 9 gennaio titolava la «Frankfurter Allgemeine Zeitung» il servizio sul Papiro di Artemidoro
Barbara Kramer, filologa e papirologa all'università di Treviri, fa parte con Salvatore Settis e Claudio Gallazzi del gruppo di esperti che ha certificato l'autenticità del papiro di Artemidoro e che ora si accinge a pubblicare l'edizione critica. «Presenteremo il volume a Berlino — ci dice — in occasione della mostra che si aprirà il 12 marzo al Museo egizio. Ho sentito voci di un convegno, ma non credo proprio che ci siano le condizioni per una discussione scientifica seria. La materia deve essere prima studiata e poi discussa».
Non ci sarà un convegno, ma una discussione informale?
«Per quanto mi riguarda so con certezza che non parlerò. A me e ai miei colleghi basta aver realizzato l'edizione critica del papiro, l'unica autorizzata».
L'«editio princeps» prenderà in considerazione le obiezioni di Luciano Canfora?
«Noi non abbiamo alcun dubbio sull'autenticità del papiro né abbiamo intenzione di reagire alla campagna di Canfora. Un atteggiamento, il suo, dettato da motivi personali, non certo scientifici».
Canfora non è stato l'unico grecista a esprimere dubbi sull'autenticità del papiro di Artemidoro, altri studiosi come Luciano Bossina sottolineano che la lingua in esso usata non è certo un greco classico, ma tardo-bizantino.
«Noi prendiamo in considerazione il fatto che autori della tarda antichità hanno citato il testo anteriore, che è la cosa più naturale del mondo».
Che cosa si evince dalle analisi chimiche condotte sul papiro?
«Tutte le analisi ci dicono che il papiro è autentico».
Stefano Micunco ha sostenuto che alcune parole usate nel papiro non siano altro che la tarda traduzione in greco di termini latini: per esempio «kenalòpex» sarebbe la traduzione della parola latina usata per la prima volta nel XVII secolo per indicare una costellazione, «anser cum vulpecula», cioè anatra-volpe.
«Non è affatto vero. Quella parola esisteva ed è la combinazione di due termini greci».
Molti dubbi sono stati espressi anche sulla parte iconografica del papiro.
«Su essi non voglio esprimermi, questa materia compete allo storico dell'arte antica Salvatore Settis».
Che cosa pensa, infine, dell'attribuzione del papiro al falsario greco Costantino Simonidis?
«È un'ipotesi davvero assurda».