l’Unità 22.1.08
Robin Lane Fox racconta come nascono e si sviluppano le costituzioni. Tirannia e democrazia, però, oggi non hanno più lo stesso significato
Il grande romanzo della civiltà classica: civiltà di pace e di leggi
di Folco Portinari
Quanti anni sono passati da quando a scuola traducevo Cornelio Nepote e la sua vita di Milziade: Miltiades…? Settant’anni ormai. E quanto tempo è passato da quando con l’amico Gigi Triveri combattemmo tutte le battaglie della Guerra del Peloponneso, sotto l’ala magistrale di Tucidide? Sessant’anni. E quanti anni sono passati dal primo viaggio in Grecia con Barberi e Corsini? Cinquanta e sembra ieri. Delfi Tebe Tanagra Maratona Atene Salamina Termopili Sparta Olimpia... Dare consistenza a dei suoni o a delle ipotesi di storia, ricostruendole nelle propria testa a nostra immagine e somiglianza, perché quella è la nostra storia, una questione genitoriale. Sempre più convinto di queste ascendenze genealogiche ora che sto leggendo Il mondo classico (pp. 702, euro 32, Einaudi) di Robin Lane Fox, professore di storia antica al New College di Oxford. Sempre più convinto di essere, intellettualmente e culturalmente, un greco, che lì sono le mie origini, i miei segni di riconoscimento.
Il libro di Fox è davvero esemplare. Di cosa? Di una facoltà che sembra essere, non da oggi, tipicamente anglosassone, la vocazione, il talento divulgativo. Certo la lingua ha contribuito non poco al raggiungimento di quei risultati, una lingua semplificatrice. Infatti la divulgazione è uno stile, che ha il supporto della lingua e della sintassi. Divulgare una letteratura «alta» allora è un poco come tradurre, passare cioè da una costituzione linguistica (che comprende una tradizione e una retorica dominante) ad una nuova e diversa, alla quale adattarsi. In questo caso specifico la tendenza si muove verso la discorsività, spogliata da ogni accademismo e da ogni oratoria, in una certa misura preteso dallo stesso argomento «eroico». Come dire meno aggettivi e più sostantivi. Più cose in quanto tali, più concetti funzionali. Insomma, rendere semplice, che non è vuol dire facile, ciò che è difficile. Per riuscirci è necessario innanzitutto avere le idee chiare e una buona dose di umiltà.
Il libro di Fox è l’analisi, sotto forma di racconto, della nascita, sviluppo, evoluzione, di un concetto e di una pratica che sopravvive da anni con vari nomi (tirannia-democrazia), un cardine della nostra cultura. È il mondo classico, così come si impone per un millennio almeno riproponendosi poi in varie vesti fino ai giorni nostri, un parametro irrinunciabile, nonostante i periodici rifiuti, le proposte e i proponimenti eversivi, gli sregolamenti. È l’avventura più affascinante che ci sia quella che Fox racconta perché si tratta della nostra biografia, tant’è che è diventata per noi non una storia, ma la Storia. Ed è una vicenda che ha le sue radici nella Grecia tra il IX e il III a.C. , e lì rimarranno se è sempre vera (e lo è) la sentenza delle Epistole di Orazio che «Graecia capta ferum victorem cepit», una conquista che dura da qualche millennio, fino a diventare un luogo comune proverbiale.
La storia come l’abbiamo studiata noi a scuola è un susseguirsi di guerre, battaglie, date che corrispondono a eventi tumultuosi. Devo far ricorso alla memoria che mi riporta il ricordo delle ore passate chino sui libri, a ripetermi come una filastrocca numeri e nomi, perché quella era la storia: 490 a.C. Maratona Milziade, 480 le Termopili Leonida, 480 Salamina Temistocle, 470 Platea Pausania, 418 Mantinea, 405 Egospostami Lisandro, 430-403 guerra del Peloponneso, 362 Mantinea Epaminonda... Tutto questo per meno di un secolo anche se si tratta di un secolo fondante. Ma l’attenzione di Fox tende a focalizzare altro, non gli interessano tanto le guerre, le battaglie, i generali, per importanti che siano. Si direbbe che egli dia per scontata la loro conoscenza da parte del suo lettore, che vuol portare altrove. Questa mi pare che sia la novità e l’originalità del suo racconto. Che parte da lontano, per puntare il suo occhio su quella che ritiene essere la peculiarità. All’origine il mondo era governato secondo un sistema istituzionale tirannico, monarchico assoluto. Piccole monarchie alle quali nello sviluppo successivo si vennero contrapponendo le città-stato. I due sistemi si concretarono nelle due potenze egemoni per statuti contrapposte, anche se a volte alleate, la tirannica Sparta e la democratica Atene, con le loro colonie e i loro alleati. L’intero discorso di Fox è un racconto che verte su quei due regimi, il tirannico e il democratico (non diversamente da quanto accadde nei millenni successivi nel mondo, quando si voglia semplificare o esemplificare la conflittualità degli stati: da questo punto di vista è un libro di grande attualità se forse nulla è cambiato da allora). Dunque la storia non è tanto una storia di guerre e battaglie, accidenti o incidenti, bensì una storia di leggi e costituzioni. Non a caso Platone e Aristotele hanno più spazio di Milziade o di Temistocle. Attenti però al significato delle parole che usiamo. Quando parliamo di democrazia ateniese, per esempio, dimentichiamo che in quella democrazia c’erano forse più schiavi che uomini liberi, le donne erano prive di ogni diritto, l’omosessualità era riconosciuta e ampiamente praticata. In compenso i cittadini potevano esiliare coloro che ritenevano, per votazione (gli ostracà) indegni o inadeguati. C’è un forte scarto semantico tra la democrazia ateniese di Pericle e le nostre attuali democrazie, anche se usiamo lo stesso segno per entrambe. Non diversamente accade con i Gracchi che non hanno alcun rapporto con la Cgil.
Il libro di Fox studia la nascita e lo sviluppo delle istituzioni di una cultura dalla preistoria fino a Traiano e Adriano, quella che noi oggi chiamiamo cultura classica, con le sue variazioni, attraverso Alessandro, la Repubblica, Augusto. Però in questo panorama di una storia più che millenaria mi pare che la parte essenziale sia quella centrale, la Grecia tra il V e il III secolo a.C. Certo anche Roma ha le sue specificità, soprattutto modali e giuridiche, i suoi contributi spesso decisivi, ma l’ombra di Atene si stende sull’Impero almeno fino a Adriano. Penso a Virgilio che muore a conclusione di un viaggio in Grecia, un po’ come il viaggio a Chiasso invocato e consigliato da Arbasino D’accordo, se dobbiamo inseguire riscontri o le analogie (le tentazioni sono molte) con la nostra cultura contemporanea, con la nostra esperienza, riconosciamo la persistenza di alcune costanti, due su tutte, la tirannia e la democrazia, anche se poi all’analisi emergono enormi differenze. La democrazia dell’impero ateniese di Pericle e la democrazia sovietica fino a che punto si respingono o si associano? Sì, usiamo la stessa parola per indicare oggetti e realtà inconciliabili. Il lavoro di Fox sembra dimostrare la debolezza delle nostre lingue. È un discorso che si complica ulteriormente se gli apporti greci e latini oggi aggiungiamo, come vuole la storia, gli apporti della cultura cristiana, mediatrice anche contraddittoria tra antico e moderno. La lingua che pronuncia rimane pur sempre la stessa, al punto che, a fine lettura del gran saggio, mi sorge il dubbio che si tratti proprio di una questione lessicale, se l’uomo ha sempre due gambe, un naso, due occhi.
Robin Lane Fox racconta come nascono e si sviluppano le costituzioni. Tirannia e democrazia, però, oggi non hanno più lo stesso significato
Il grande romanzo della civiltà classica: civiltà di pace e di leggi
di Folco Portinari
Quanti anni sono passati da quando a scuola traducevo Cornelio Nepote e la sua vita di Milziade: Miltiades…? Settant’anni ormai. E quanto tempo è passato da quando con l’amico Gigi Triveri combattemmo tutte le battaglie della Guerra del Peloponneso, sotto l’ala magistrale di Tucidide? Sessant’anni. E quanti anni sono passati dal primo viaggio in Grecia con Barberi e Corsini? Cinquanta e sembra ieri. Delfi Tebe Tanagra Maratona Atene Salamina Termopili Sparta Olimpia... Dare consistenza a dei suoni o a delle ipotesi di storia, ricostruendole nelle propria testa a nostra immagine e somiglianza, perché quella è la nostra storia, una questione genitoriale. Sempre più convinto di queste ascendenze genealogiche ora che sto leggendo Il mondo classico (pp. 702, euro 32, Einaudi) di Robin Lane Fox, professore di storia antica al New College di Oxford. Sempre più convinto di essere, intellettualmente e culturalmente, un greco, che lì sono le mie origini, i miei segni di riconoscimento.
Il libro di Fox è davvero esemplare. Di cosa? Di una facoltà che sembra essere, non da oggi, tipicamente anglosassone, la vocazione, il talento divulgativo. Certo la lingua ha contribuito non poco al raggiungimento di quei risultati, una lingua semplificatrice. Infatti la divulgazione è uno stile, che ha il supporto della lingua e della sintassi. Divulgare una letteratura «alta» allora è un poco come tradurre, passare cioè da una costituzione linguistica (che comprende una tradizione e una retorica dominante) ad una nuova e diversa, alla quale adattarsi. In questo caso specifico la tendenza si muove verso la discorsività, spogliata da ogni accademismo e da ogni oratoria, in una certa misura preteso dallo stesso argomento «eroico». Come dire meno aggettivi e più sostantivi. Più cose in quanto tali, più concetti funzionali. Insomma, rendere semplice, che non è vuol dire facile, ciò che è difficile. Per riuscirci è necessario innanzitutto avere le idee chiare e una buona dose di umiltà.
Il libro di Fox è l’analisi, sotto forma di racconto, della nascita, sviluppo, evoluzione, di un concetto e di una pratica che sopravvive da anni con vari nomi (tirannia-democrazia), un cardine della nostra cultura. È il mondo classico, così come si impone per un millennio almeno riproponendosi poi in varie vesti fino ai giorni nostri, un parametro irrinunciabile, nonostante i periodici rifiuti, le proposte e i proponimenti eversivi, gli sregolamenti. È l’avventura più affascinante che ci sia quella che Fox racconta perché si tratta della nostra biografia, tant’è che è diventata per noi non una storia, ma la Storia. Ed è una vicenda che ha le sue radici nella Grecia tra il IX e il III a.C. , e lì rimarranno se è sempre vera (e lo è) la sentenza delle Epistole di Orazio che «Graecia capta ferum victorem cepit», una conquista che dura da qualche millennio, fino a diventare un luogo comune proverbiale.
La storia come l’abbiamo studiata noi a scuola è un susseguirsi di guerre, battaglie, date che corrispondono a eventi tumultuosi. Devo far ricorso alla memoria che mi riporta il ricordo delle ore passate chino sui libri, a ripetermi come una filastrocca numeri e nomi, perché quella era la storia: 490 a.C. Maratona Milziade, 480 le Termopili Leonida, 480 Salamina Temistocle, 470 Platea Pausania, 418 Mantinea, 405 Egospostami Lisandro, 430-403 guerra del Peloponneso, 362 Mantinea Epaminonda... Tutto questo per meno di un secolo anche se si tratta di un secolo fondante. Ma l’attenzione di Fox tende a focalizzare altro, non gli interessano tanto le guerre, le battaglie, i generali, per importanti che siano. Si direbbe che egli dia per scontata la loro conoscenza da parte del suo lettore, che vuol portare altrove. Questa mi pare che sia la novità e l’originalità del suo racconto. Che parte da lontano, per puntare il suo occhio su quella che ritiene essere la peculiarità. All’origine il mondo era governato secondo un sistema istituzionale tirannico, monarchico assoluto. Piccole monarchie alle quali nello sviluppo successivo si vennero contrapponendo le città-stato. I due sistemi si concretarono nelle due potenze egemoni per statuti contrapposte, anche se a volte alleate, la tirannica Sparta e la democratica Atene, con le loro colonie e i loro alleati. L’intero discorso di Fox è un racconto che verte su quei due regimi, il tirannico e il democratico (non diversamente da quanto accadde nei millenni successivi nel mondo, quando si voglia semplificare o esemplificare la conflittualità degli stati: da questo punto di vista è un libro di grande attualità se forse nulla è cambiato da allora). Dunque la storia non è tanto una storia di guerre e battaglie, accidenti o incidenti, bensì una storia di leggi e costituzioni. Non a caso Platone e Aristotele hanno più spazio di Milziade o di Temistocle. Attenti però al significato delle parole che usiamo. Quando parliamo di democrazia ateniese, per esempio, dimentichiamo che in quella democrazia c’erano forse più schiavi che uomini liberi, le donne erano prive di ogni diritto, l’omosessualità era riconosciuta e ampiamente praticata. In compenso i cittadini potevano esiliare coloro che ritenevano, per votazione (gli ostracà) indegni o inadeguati. C’è un forte scarto semantico tra la democrazia ateniese di Pericle e le nostre attuali democrazie, anche se usiamo lo stesso segno per entrambe. Non diversamente accade con i Gracchi che non hanno alcun rapporto con la Cgil.
Il libro di Fox studia la nascita e lo sviluppo delle istituzioni di una cultura dalla preistoria fino a Traiano e Adriano, quella che noi oggi chiamiamo cultura classica, con le sue variazioni, attraverso Alessandro, la Repubblica, Augusto. Però in questo panorama di una storia più che millenaria mi pare che la parte essenziale sia quella centrale, la Grecia tra il V e il III secolo a.C. Certo anche Roma ha le sue specificità, soprattutto modali e giuridiche, i suoi contributi spesso decisivi, ma l’ombra di Atene si stende sull’Impero almeno fino a Adriano. Penso a Virgilio che muore a conclusione di un viaggio in Grecia, un po’ come il viaggio a Chiasso invocato e consigliato da Arbasino D’accordo, se dobbiamo inseguire riscontri o le analogie (le tentazioni sono molte) con la nostra cultura contemporanea, con la nostra esperienza, riconosciamo la persistenza di alcune costanti, due su tutte, la tirannia e la democrazia, anche se poi all’analisi emergono enormi differenze. La democrazia dell’impero ateniese di Pericle e la democrazia sovietica fino a che punto si respingono o si associano? Sì, usiamo la stessa parola per indicare oggetti e realtà inconciliabili. Il lavoro di Fox sembra dimostrare la debolezza delle nostre lingue. È un discorso che si complica ulteriormente se gli apporti greci e latini oggi aggiungiamo, come vuole la storia, gli apporti della cultura cristiana, mediatrice anche contraddittoria tra antico e moderno. La lingua che pronuncia rimane pur sempre la stessa, al punto che, a fine lettura del gran saggio, mi sorge il dubbio che si tratti proprio di una questione lessicale, se l’uomo ha sempre due gambe, un naso, due occhi.