Corriere della Sera - martedì 14 Marzo 2006
Studio Usa: i cambiamenti sarebbero avvenuti tra 15 mila e 5 mila anni fa
IL GENOMA NON E' IMMUTABILE
Alterate dall'ambiente 700 aree della nostra mappa genetica
di EDOARDO BONCINELLI
Ricercatori dell'Università di Chicago (Stati Uniti) hanno rilevato che in 700 regioni del genoma umano i geni sono stati modificati dalla selezione naturale adattandosi alle condizioni ambientali. Questo accadeva in un periodo collocato tra 15 mila e i 5 mila anni fa. I geni che dimostrano la loro evoluzione sono responsabili dei sensi del gusto e dell'olfatto, della digestione, della struttura ossea, del colore della pelle e delle funzioni cerebrali.
L'indagine, condotta dal genetista Jonathan Pritchard assieme ai
colleghi Benjamin Voight. Sridhar Kudaravalli e Xiaoquan Wen, ha
riguardato tre popolazioni: africana, est asiatica ed europea. Questa, in
sintesi, la notizia, dalla quale discendono diverse domande importanti.
Mi capita spesso, infatti, di sentirmi chiedere se la nostra specie si sta
ancora evolvendo. È una domanda alla quale ne segue in genere un'altra: e
se sì, in che direzione stiamo andando? Io rispondo che non dovrebbero
esserci dubbi sul fatto che la nostra specie, come tutte le altre, si sta
ancora evolvendo, anche se con tempi piuttosto lunghi. Si tratta di una
facile risposta, basata su considerazioni di carattere teorico, ma alcuni
risultati sperimentali molto recenti sembrano dimostrare direttamente che
la nostra specie è in attiva evoluzione, anche se non possiamo sapere,
ovviamente, in che direzione ci incammineremo.
Negli ultimi 15.000 anni, dicono i risultati di questa indagine, c'è stata
selezione e quindi evoluzione in qualche centinaio, almeno, di regioni
diverse del nostro genoma. Ma non si è sostenuto spesso - dirà qualcuno -
che gli ultimi cambiamenti significativi nei nostri geni hanno avuto luogo
fra 150.000 e 200.000 anni fa? Il genoma della nostra specie nel suo
complesso sembra effettivamente non essere cambiato da allora. Siamo
quello che siamo da allora, come indicano chiaramente almeno due fatti:
primo, tutti gli esseri umani della Terra possono dar luogo a figli normali
accoppiandosi fra di loro e, secondo, tutti gli esseri umani sono in grado
di imparare senza difficoltà una qualsiasi lingua umana. Eppure molti di
loro sono stati fisicamente separati per decine di migliaia di anni, così
che i loro antenati comuni sono vissuti in un tempo molto remoto: diecine
e diecine di migliaia di anni fa, appunto. Questo non vuol dire che
localmente non ci possano essere stati piccoli cambiamenti genetici, come
quelli che hanno favorito là presenza di forme geniche particolari nelle
popolazioni endemicamente esposte all'infezione malarica, come in alcune
regioni africane o, per venire alle questioni di casa nostra, in Sardegna o
nel Ferrarese.
Laddove c'è stata una grossa pressione selettiva. e la morte per malaria
rappresenta senza dubbio una forte pressione selettiva, ci possono essere
stati cambiamenti di questo o quel gene. Allo stesso modo, da quando l'uomo
ha cominciato ad allevare animali da fattoria c'è stata una certa
convenienza a nutrirsi di latte e dei derivati del latte anche in età
adulta.
Originariamente la nostra specie aveva la capacità di digerire il latte
solo quando si è in tenera età e perdeva questa capacità con il passare
degli anni, ma la pastorizia ha favorito quegli individui che mantenevano
questa capacità anche in età adulta. Oggi quasi tutti abbiamo geneticamente
tale capacità, anche se esistono persone che non digeriscono il latte da
adulti, e sono per questo designate come affette da intolleranza al
lattosio. La forma genica corrispondente alla capacità di digerire il
latte per tutta la vita è stata quindi selezionata quasi dappertutto per
darci questa opportunità, anche se non da tanto tempo. Che cosa c'è di
nuovo allora? La novità consiste nel fatto che si è sfruttata la nostra
conoscenza del genoma umano per scovare sistematicamente le regioni dove
si sono avuti cambiamenti genetici locali.
Il procedimento è un po' complesso, ma si basa su una semplice osservazione.
Quelle regioni genomiche che sono uguali in tutti i membri di una stessa
popolazione ma si presentano diverse in popolazioni diverse, sono state
probabilmente scelte dalla selezione naturale operante nella regione
abitata da quella determinata popolazione. Non si tratta qui però di
guardare singoli geni, ma interi gruppi di geni presenti, uno vicino
all'altro, in una data regione genomica.
Di che tipo di geni stiamo parlando? Non possediamo tutti i dettagli, ma sembra si tratti di geni che hanno a che fare con il colore della pelle, la qualità dei capelli, la struttura ossea e, guarda caso, con le diverse abitudini alimentari. Sono coinvolti il gusto e l'odorato, verosimilmente per permettere l'adattamento al consumo di nuove sostanze, la capacità di digerire questo o quell'alimento e di neutralizzare questa o quella sostanza tossica presente negli alimenti che oggi consideriamo naturali. E il cervello? Forse sono state selezionate anche nuove forme geniche che favoriscano capacità intellettuali superiori. (...)
Studio Usa: i cambiamenti sarebbero avvenuti tra 15 mila e 5 mila anni fa
IL GENOMA NON E' IMMUTABILE
Alterate dall'ambiente 700 aree della nostra mappa genetica
di EDOARDO BONCINELLI
Ricercatori dell'Università di Chicago (Stati Uniti) hanno rilevato che in 700 regioni del genoma umano i geni sono stati modificati dalla selezione naturale adattandosi alle condizioni ambientali. Questo accadeva in un periodo collocato tra 15 mila e i 5 mila anni fa. I geni che dimostrano la loro evoluzione sono responsabili dei sensi del gusto e dell'olfatto, della digestione, della struttura ossea, del colore della pelle e delle funzioni cerebrali.
L'indagine, condotta dal genetista Jonathan Pritchard assieme ai
colleghi Benjamin Voight. Sridhar Kudaravalli e Xiaoquan Wen, ha
riguardato tre popolazioni: africana, est asiatica ed europea. Questa, in
sintesi, la notizia, dalla quale discendono diverse domande importanti.
Mi capita spesso, infatti, di sentirmi chiedere se la nostra specie si sta
ancora evolvendo. È una domanda alla quale ne segue in genere un'altra: e
se sì, in che direzione stiamo andando? Io rispondo che non dovrebbero
esserci dubbi sul fatto che la nostra specie, come tutte le altre, si sta
ancora evolvendo, anche se con tempi piuttosto lunghi. Si tratta di una
facile risposta, basata su considerazioni di carattere teorico, ma alcuni
risultati sperimentali molto recenti sembrano dimostrare direttamente che
la nostra specie è in attiva evoluzione, anche se non possiamo sapere,
ovviamente, in che direzione ci incammineremo.
Negli ultimi 15.000 anni, dicono i risultati di questa indagine, c'è stata
selezione e quindi evoluzione in qualche centinaio, almeno, di regioni
diverse del nostro genoma. Ma non si è sostenuto spesso - dirà qualcuno -
che gli ultimi cambiamenti significativi nei nostri geni hanno avuto luogo
fra 150.000 e 200.000 anni fa? Il genoma della nostra specie nel suo
complesso sembra effettivamente non essere cambiato da allora. Siamo
quello che siamo da allora, come indicano chiaramente almeno due fatti:
primo, tutti gli esseri umani della Terra possono dar luogo a figli normali
accoppiandosi fra di loro e, secondo, tutti gli esseri umani sono in grado
di imparare senza difficoltà una qualsiasi lingua umana. Eppure molti di
loro sono stati fisicamente separati per decine di migliaia di anni, così
che i loro antenati comuni sono vissuti in un tempo molto remoto: diecine
e diecine di migliaia di anni fa, appunto. Questo non vuol dire che
localmente non ci possano essere stati piccoli cambiamenti genetici, come
quelli che hanno favorito là presenza di forme geniche particolari nelle
popolazioni endemicamente esposte all'infezione malarica, come in alcune
regioni africane o, per venire alle questioni di casa nostra, in Sardegna o
nel Ferrarese.
Laddove c'è stata una grossa pressione selettiva. e la morte per malaria
rappresenta senza dubbio una forte pressione selettiva, ci possono essere
stati cambiamenti di questo o quel gene. Allo stesso modo, da quando l'uomo
ha cominciato ad allevare animali da fattoria c'è stata una certa
convenienza a nutrirsi di latte e dei derivati del latte anche in età
adulta.
Originariamente la nostra specie aveva la capacità di digerire il latte
solo quando si è in tenera età e perdeva questa capacità con il passare
degli anni, ma la pastorizia ha favorito quegli individui che mantenevano
questa capacità anche in età adulta. Oggi quasi tutti abbiamo geneticamente
tale capacità, anche se esistono persone che non digeriscono il latte da
adulti, e sono per questo designate come affette da intolleranza al
lattosio. La forma genica corrispondente alla capacità di digerire il
latte per tutta la vita è stata quindi selezionata quasi dappertutto per
darci questa opportunità, anche se non da tanto tempo. Che cosa c'è di
nuovo allora? La novità consiste nel fatto che si è sfruttata la nostra
conoscenza del genoma umano per scovare sistematicamente le regioni dove
si sono avuti cambiamenti genetici locali.
Il procedimento è un po' complesso, ma si basa su una semplice osservazione.
Quelle regioni genomiche che sono uguali in tutti i membri di una stessa
popolazione ma si presentano diverse in popolazioni diverse, sono state
probabilmente scelte dalla selezione naturale operante nella regione
abitata da quella determinata popolazione. Non si tratta qui però di
guardare singoli geni, ma interi gruppi di geni presenti, uno vicino
all'altro, in una data regione genomica.
Di che tipo di geni stiamo parlando? Non possediamo tutti i dettagli, ma sembra si tratti di geni che hanno a che fare con il colore della pelle, la qualità dei capelli, la struttura ossea e, guarda caso, con le diverse abitudini alimentari. Sono coinvolti il gusto e l'odorato, verosimilmente per permettere l'adattamento al consumo di nuove sostanze, la capacità di digerire questo o quell'alimento e di neutralizzare questa o quella sostanza tossica presente negli alimenti che oggi consideriamo naturali. E il cervello? Forse sono state selezionate anche nuove forme geniche che favoriscano capacità intellettuali superiori. (...)