Sunday, January 13, 2008

Sofocle, Antigone


Sofocle, Antigone 332 ss.



Molti sono i prodigi

e nulla è più prodigioso

dell’uomo,

che varca il mare canuto

sospinto dal vento tempestoso del sud,

fra le ondate penetrando

che infuriano d’attorno,

e la più eccelsa fra gli dei,

la Terra imperitura infaticabile,

consuma volgendo l’aratro

anno dopo anno

e con l’equina prole rivolta.



Degl’ilari uccelli la specie

e le stirpi delle bestie selvagge

e la prole del mare

accerchia e cattura

nelle spire attorte delle reti

astutamente l’uomo; e doma

con le sue arti

la fiera che ha silvestre covile fra i monti

e piega al giogo il collo

del cavallo d’irsuta criniera

e dell’infaticabile toro montano.



E apprese la parola

e l’aereo pensiero

e impulsi civili

e come fuggire i dardi

degli aperti geli e delle piogge.

D’ogni risorsa è armato, né inerme

mai verso il futuro si avvia:

solo dall’Ade

scampo non troverà;

ma rimedi ha escogitato

a morbi immedicabili.

Scopritore mirabile

d’ingegnose risorse,

ora al bene

ora al male s’incammina:

in alto nella città

se conserverà le leggi della sua terra

con la giustizia che ha giurato;

fuori della città,

se per audacia si macchierà d’infamie.

Non condivida il mio focolare,

non amico mi sia

chi agisce così.