Corriere della Sera 12.1.08
Anteprima Scienza e etica nel suo nuovo libro:
il ruolo dei «geni architetti», che attivano alcuni «esecutori» e ne inibiscono altri
Boncinelli: ecco quando nasce la vita
Un processo di selezione e tagli. Dopo 14 giorni le cellule cominciano a diversificarsi
di Sandro Modeo
Lo sviluppo
Le sequenze che legano la formazione dell'individuo dall'oggettività del percorso fisiologico e biochimico fino all'emersione soggettiva dell'identità e del linguaggio
Nel volume Le forme della vita (ultima edizione Einaudi 2006), Edoardo Boncinelli ricostruiva l'origine e l'evoluzione della vita sulla terra, dagli esseri monocellulari di quattro miliardi di anni fa all'uomo. Oltre alla teoria darwiniana nell'insieme, spiegava in modo esemplare il processo-chiave della selezione naturale e la sua conferma più spettacolare, la replicazione genetica.
Il nuovo lavoro dello scienziato ( L'etica della vita. Siamo uomini o embrioni?, Rizzoli, pagine 190, e 12) è una lineare prosecuzione di quel racconto. Descrivendo infatti per dettagli spesso emozionanti e spiazzanti le sequenze che legano il formarsi dell'individuo dall'oggettività del percorso fisiologico e biochimico innescato dai gameti (la cellula-uovo e lo spermatozoo) fino all'emersione soggettiva del Sé e del linguaggio nel bambino, Boncinelli dimostra come ogni passaggio obbedisca in larga misura proprio alla selezione naturale e all'attivazione dei geni. L'elemento di profonda continuità — in questo viaggio dalla «terza» alla «prima» persona — è l'idea controintuitiva che il progressivo plasmarsi (la vera e propria «scultura») di un uomo o di una donna dipendano da un processo incessante e simultaneo di costruzione e distruzione (o, in certi frangenti, di eliminazione). Il che vale sia all'interno del ventre materno (nelle varie fasi dell'embrione e del feto) sia all'esterno, nelle fasi di apprendimento dopo la nascita.
All'interno del ventre materno, la cellula fecondata si articola in embrione proprio grazie all'attivarsi dei geni (ciascuno pronto a «rispondere » a situazioni contestuali specifiche, così come ogni anticorpo col «proprio» virus) e al loro funzionamento gerarchico. I geni «architetti », infatti (simili a quelli che Boncinelli ha studiato nel moscerino della frutta, responsabili della diversificazione tra testa, ala e addome) attivano certi geni «esecutori» e ne inibiscono altri, secondo un sincronismo di spazi e tempi attento a ogni dettaglio. Le cellule cominciano così a dividersi e moltiplicarsi (prima due, poi quattro, poi le otto della «morula », simile appunto a una mora), quindi a diversificarsi e specializzarsi (cellule del cuore, del cervello, della pelle), soprattutto a partire dalla «gastrulazione», cioè dopo il 14˚giorno, quando i vincoli biologici si concentrano su un solo embrione (eliminando la possibilità di uno sviluppo gemellare) e ne orientano la triplice simmetria (davanti/dietro, sopra/ sotto, destra/sinistra). Che la scultura proceda anche «per via di levare» lo si vede nell'esempio delle piccole mani: a un certo punto (a differenza che nei palmipedi, come le oche), nell'embrione umano le cellule della membrana palmare ricevono l'ordine di suicidarsi per «apoptòsi» (che in greco significa «caduta delle foglie») cesellando così la forma delle dita. È un esempio, per inciso, che evidenzia bene anche l'operare dell'evoluzione e della selezione.
Dopo aver descritto lo scremarsi progressivo di tutti gli elementi anatomici dell'embrione e del feto, con ulteriori saldature sia rispetto all'evoluzione (gli archi faringei come derivazione del sistema branchiale dei pesci), sia rispetto alla genetica (il gene regolatore OTX2 che incide sia sullo sviluppo della testa che nell'abbozzo cardiaco), Boncinelli si concentra sull'impatto dell'ambiente sul neonato e sul bambino, ovvero sul punto in cui la biologia vira in biografia. Anche qui sono molti i passaggi sorprendenti, come quello sul riconoscimento del viso della madre attraverso una messa a fuoco che passa per il «contorno » e l'attaccatura dei capelli. Ma su tutti (tornando di nuovo allo schema costruzione-eliminazione) impressiona l'acquisizione del linguaggio, perché il bambino procede per i primi 5 mesi a un ascolto indifferenziato del «flusso ininterrotto» di suoni circostanti (potenzialmente ricettivo, quindi, di qualsiasi idioma della terra) e poi discrimina, in rapporto al contesto e in particolare alla modulazione vocale della madre, precise aree fonetiche, scartando tutte le altre. L'approdo finale è una specifica «competenza prosodica» che gli permette di passare dalla lallazione («da da da, ba ba ba») alle prime unità semantiche e sintattiche.
Solo dopo averci accompagnato in questo viaggio — cioè dopo averci dato tutti gli elementi per ragionare senza filtri ideologici o emotivi — Boncinelli affronta da par suo i principali snodi di bioetica. Da un lato, con cautela e misura, prende posizione su tutto: tra le quattro opzioni sul «momento» che sancirebbe l'inizio di un individuo (il concepimento, la «gastrulazione», l'elettroencefalogramma attivo alla 23a settimana, la nascita), mostra per esempio di propendere per la seconda, peraltro sottoscritta dall'autorevole Commissione Warnock. Di conseguenza, non vede obiezioni né alla diagnosi pre-impianto né alla ricerca su cellule staminali embrionali (quali gli otto blastomeri della morula), cogliendo oltretutto una forte contraddizione negli oppositori, dato che l'efficacia terapeutica di tali cellule (nel rigenerare il pancreas di un diabetico, il fegato di un malato di cirrosi, il cuore di un infartuato, il sistema nervoso di un soggetto colpito da sindrome degenerativa) dipende dal loro carattere a-specifico, costitutivo di un «progetto» di embrione, non di un embrione.
Dall'altro lato, cerca di comprendere le ragioni degli oppositori stessi, esaminando le prospettive al di sopra di ogni possibile riserva etico-religiosa (come le staminali adulte, le totipotenti del liquido amniotico, l'impiego di un solo blastomero lasciando gli altri sette allo sviluppo), e sottoponendole, beninteso, allo stesso vaglio di quelle più discutibili e discusse.
Alieno anni-luce da ogni radicalismo (e dal diffuso anticlericalismo vuotamente sarcastico), Boncinelli sembra avere dei sussulti di insofferenza solo su certi pregiudizi, a cominciare da quelli sulla prosaicità del riduzionismo e sull'arroganza della scienza. Sono proprio libri come i suoi, del resto — e quest'ultimo in particolare — a mostrare quanto quei pregiudizi penalizzino soprattutto chi li nutre.
Anteprima Scienza e etica nel suo nuovo libro:
il ruolo dei «geni architetti», che attivano alcuni «esecutori» e ne inibiscono altri
Boncinelli: ecco quando nasce la vita
Un processo di selezione e tagli. Dopo 14 giorni le cellule cominciano a diversificarsi
di Sandro Modeo
Lo sviluppo
Le sequenze che legano la formazione dell'individuo dall'oggettività del percorso fisiologico e biochimico fino all'emersione soggettiva dell'identità e del linguaggio
Nel volume Le forme della vita (ultima edizione Einaudi 2006), Edoardo Boncinelli ricostruiva l'origine e l'evoluzione della vita sulla terra, dagli esseri monocellulari di quattro miliardi di anni fa all'uomo. Oltre alla teoria darwiniana nell'insieme, spiegava in modo esemplare il processo-chiave della selezione naturale e la sua conferma più spettacolare, la replicazione genetica.
Il nuovo lavoro dello scienziato ( L'etica della vita. Siamo uomini o embrioni?, Rizzoli, pagine 190, e 12) è una lineare prosecuzione di quel racconto. Descrivendo infatti per dettagli spesso emozionanti e spiazzanti le sequenze che legano il formarsi dell'individuo dall'oggettività del percorso fisiologico e biochimico innescato dai gameti (la cellula-uovo e lo spermatozoo) fino all'emersione soggettiva del Sé e del linguaggio nel bambino, Boncinelli dimostra come ogni passaggio obbedisca in larga misura proprio alla selezione naturale e all'attivazione dei geni. L'elemento di profonda continuità — in questo viaggio dalla «terza» alla «prima» persona — è l'idea controintuitiva che il progressivo plasmarsi (la vera e propria «scultura») di un uomo o di una donna dipendano da un processo incessante e simultaneo di costruzione e distruzione (o, in certi frangenti, di eliminazione). Il che vale sia all'interno del ventre materno (nelle varie fasi dell'embrione e del feto) sia all'esterno, nelle fasi di apprendimento dopo la nascita.
All'interno del ventre materno, la cellula fecondata si articola in embrione proprio grazie all'attivarsi dei geni (ciascuno pronto a «rispondere » a situazioni contestuali specifiche, così come ogni anticorpo col «proprio» virus) e al loro funzionamento gerarchico. I geni «architetti », infatti (simili a quelli che Boncinelli ha studiato nel moscerino della frutta, responsabili della diversificazione tra testa, ala e addome) attivano certi geni «esecutori» e ne inibiscono altri, secondo un sincronismo di spazi e tempi attento a ogni dettaglio. Le cellule cominciano così a dividersi e moltiplicarsi (prima due, poi quattro, poi le otto della «morula », simile appunto a una mora), quindi a diversificarsi e specializzarsi (cellule del cuore, del cervello, della pelle), soprattutto a partire dalla «gastrulazione», cioè dopo il 14˚giorno, quando i vincoli biologici si concentrano su un solo embrione (eliminando la possibilità di uno sviluppo gemellare) e ne orientano la triplice simmetria (davanti/dietro, sopra/ sotto, destra/sinistra). Che la scultura proceda anche «per via di levare» lo si vede nell'esempio delle piccole mani: a un certo punto (a differenza che nei palmipedi, come le oche), nell'embrione umano le cellule della membrana palmare ricevono l'ordine di suicidarsi per «apoptòsi» (che in greco significa «caduta delle foglie») cesellando così la forma delle dita. È un esempio, per inciso, che evidenzia bene anche l'operare dell'evoluzione e della selezione.
Dopo aver descritto lo scremarsi progressivo di tutti gli elementi anatomici dell'embrione e del feto, con ulteriori saldature sia rispetto all'evoluzione (gli archi faringei come derivazione del sistema branchiale dei pesci), sia rispetto alla genetica (il gene regolatore OTX2 che incide sia sullo sviluppo della testa che nell'abbozzo cardiaco), Boncinelli si concentra sull'impatto dell'ambiente sul neonato e sul bambino, ovvero sul punto in cui la biologia vira in biografia. Anche qui sono molti i passaggi sorprendenti, come quello sul riconoscimento del viso della madre attraverso una messa a fuoco che passa per il «contorno » e l'attaccatura dei capelli. Ma su tutti (tornando di nuovo allo schema costruzione-eliminazione) impressiona l'acquisizione del linguaggio, perché il bambino procede per i primi 5 mesi a un ascolto indifferenziato del «flusso ininterrotto» di suoni circostanti (potenzialmente ricettivo, quindi, di qualsiasi idioma della terra) e poi discrimina, in rapporto al contesto e in particolare alla modulazione vocale della madre, precise aree fonetiche, scartando tutte le altre. L'approdo finale è una specifica «competenza prosodica» che gli permette di passare dalla lallazione («da da da, ba ba ba») alle prime unità semantiche e sintattiche.
Solo dopo averci accompagnato in questo viaggio — cioè dopo averci dato tutti gli elementi per ragionare senza filtri ideologici o emotivi — Boncinelli affronta da par suo i principali snodi di bioetica. Da un lato, con cautela e misura, prende posizione su tutto: tra le quattro opzioni sul «momento» che sancirebbe l'inizio di un individuo (il concepimento, la «gastrulazione», l'elettroencefalogramma attivo alla 23a settimana, la nascita), mostra per esempio di propendere per la seconda, peraltro sottoscritta dall'autorevole Commissione Warnock. Di conseguenza, non vede obiezioni né alla diagnosi pre-impianto né alla ricerca su cellule staminali embrionali (quali gli otto blastomeri della morula), cogliendo oltretutto una forte contraddizione negli oppositori, dato che l'efficacia terapeutica di tali cellule (nel rigenerare il pancreas di un diabetico, il fegato di un malato di cirrosi, il cuore di un infartuato, il sistema nervoso di un soggetto colpito da sindrome degenerativa) dipende dal loro carattere a-specifico, costitutivo di un «progetto» di embrione, non di un embrione.
Dall'altro lato, cerca di comprendere le ragioni degli oppositori stessi, esaminando le prospettive al di sopra di ogni possibile riserva etico-religiosa (come le staminali adulte, le totipotenti del liquido amniotico, l'impiego di un solo blastomero lasciando gli altri sette allo sviluppo), e sottoponendole, beninteso, allo stesso vaglio di quelle più discutibili e discusse.
Alieno anni-luce da ogni radicalismo (e dal diffuso anticlericalismo vuotamente sarcastico), Boncinelli sembra avere dei sussulti di insofferenza solo su certi pregiudizi, a cominciare da quelli sulla prosaicità del riduzionismo e sull'arroganza della scienza. Sono proprio libri come i suoi, del resto — e quest'ultimo in particolare — a mostrare quanto quei pregiudizi penalizzino soprattutto chi li nutre.