Thursday, January 24, 2008

Laggiù in Mesopotamia, terra degli angeli

corriere della sera, domenica , 25 novembre 2001

Laggiù in Mesopotamia, terra degli angeli

Il culto dei messaggeri di Dio, buoni o cattivi, risale al III millennio prima di Cristo In realtà, avendo essi lo stesso principio, era soltanto la loro relazione con il mondo umano a rendere questi esseri di volta in volta positivi o negativi, benefici o malefici
Pettinato Giovanni

SCOPERTE Un' imponente mole di documenti prova come nella Fertile Mezzaluna gli esseri a metà fra divino e umano già partecipassero alle vicende terrene Laggiù in Mesopotamia, terra degli angeli Il culto dei messaggeri di Dio, buoni o cattivi, risale al III millennio prima di Cristo Le genti della Mesopotamia erano pienamente convinte che la loro vita sulla terra assomigliasse a un percorso irto di difficoltà tali da renderlo quasi un' impresa disperata. I sovrani, gli esseri privilegiati per ec cellenza, facevano ricorso alle maledizioni più sofisticate per rendere se stessi e le loro opere immuni da qualsivoglia attacco esterno. Altrettanto succedeva nella vita di tutti i giorni ai loro concittadini e sudditi, esposti più di loro alla catt iva sorte, come stanno a dimostrare le serie di scongiuri ed esorcismi pervenutici, i rituali di purificazione eseguiti, le preghiere struggenti rivolte agli dei perché li proteggessero in ogni momento del giorno e della notte, come pure tutti gli am uleti e le statuette apotropaiche rinvenute a centinaia negli scavi. Scorrendo l' immensa mole di documenti cuneiformi di qualsiasi genere e tipo, restiamo impressionati di quanto il cielo e la terra della Fertile Mezzaluna fossero affollati, sopratt utto di divinità e ovviamente di uomini, ma anche e soprattutto di esseri a metà strada tra il divino e l' umano che interagivano nelle vicende umane. Così giungiamo a quelle entità che potremmo definire nel nostro linguaggio «angeliche» e «demoniach e», onnipresenti in qualsiasi evento umano, e che si manifestavano nei modi più impensati o addirittura grotteschi. Una vera sorpresa è l' indagine sull' angelologia mesopotamica, che sola può darci le coordinate per comprendere la demonologia. Alla domanda spontanea del lettore sulla natura delle entità che stanno a metà strada tra mondo divino e mondo umano, dobbiamo subito rispondere che le civiltà mesopotamiche, essendo prive del doppio principio di bene e male, debbono far ricorso allo stes so unico principio divino come artefice di ogni creazione e creatura, quindi, per restare fedeli alla nostra terminologia, «angeli» e «demoni» devono aver avuto lo stesso principio. Così la natura di tali entità dev' essere metafisicamente indistinta e univoca. È solo la relazione di tali esseri con il mondo umano a renderli positivi e negativi, o, se vogliamo, buoni o cattivi, a seconda che agiscano bene o male rispetto alla creatura umana. Perciò non ci meravigliamo se i termini edu e lamassu, principio maschile e femminile, da tradurre con «spirito» o «fantasma», sono di per sé ambivalenti e abbisognano di una qualificazione per caratterizzarne la natura, quindi edu-damqum o edu-lemnum, «spirito buono» o «spirito cattivo», e lamassu-dami qtum e lamassu-lemuttum «fantasma buono» e «fantasma cattivo». Inoltre i popoli mesopotamici sono stati i primi a rivelarci con i loro scritti e i loro reperti archeologici di essere credenti in un mondo superiore, da loro caratterizzato come «divino », di cui essi erano creature e servi più o meno attenti. Il pantheon era composto da divinità celesti gerarchicamente organizzate da cui dipendeva la terra e tutte le sue creature, tra cui quelle umane, il cui compito era quello di assicurare agli d ei l' approvvigionamento quotidiano di cibo e bevande. L' uomo dal canto suo ottemperava volentieri a tale compito gravoso, sicuro e speranzoso che gli dei rendessero la sua vita meno penosa e difficile. I re sono i primi a dare l' esempio al loro po polo, elevando sfarzose costruzioni templari in onore degli dei, a cominciare dalla divinità poliade della città, che essi elencano minuziosamente nelle loro iscrizioni, di cui ricordiamo soltanto i due Cilindri di Gudea, principe di Laga attorno al 2100 a. C., redatti in occasione della costruzione del tempio Eninnu nella capitale del suo regno. Gli dei però assicuravano agli uomini la loro protezione non soltanto con la propria benedizione, ma anche affidando la vita di ognuno di essi a uno «s pirito», che se ne prendeva cura fino alla morte. In tal modo sovrani e sudditi erano ben protetti nel loro arduo viaggio terreno. Gli spiriti protettivi possono assumere le sembianze più strane, anzi, considerando la loro intima natura, non andiamo errati quando li assimiliamo a veri e propri demoni. Gli dei sono gli unici artefici del creato, quindi sia gli esseri benefici o protettivi sia gli esseri malefici a causa delle disgrazie umane provengono da quell' unico principio che è lo stesso mo ndo divino che ha creato ogni cosa. Non ci meravigliamo quindi nel leggere che anche i demoni sono di origine divina, anche se ciò può disturbare le nostre menti senz' altro abituate a fare una cesura più netta tra bene e male. Di demoni ci parlano i vari documenti della vasta letteratura cuneiforme, ma soprattutto le diverse serie di scongiuri redatti ad hoc, laddove quella intitolata Udug-hul-a-me , «Essi sono gli spiriti cattivi», forte di ben 16 tavole, è certo la più importante. In essa son o raccolti gli scongiuri contro gli «spiriti cattivi» che affliggono l' uomo, con delle indicazioni utilissime anche sulla loro origine e sulla loro attività febbrile nel procurare guai. Il loro carattere divino è evidenziato dall' affermazione ricor rente che essi sono «seme di An» e partoriti dalla madre «terra». Gli stessi documenti descrivono poi la loro natura di esseri «impalpabili» e «insensibili», in quanto «spiriti» sempre all' opera per rendere impossibile la vita agli uomini: «Quando f reddo e gelo si spandevano sopra ogni cosa,/ lo spirito cattivo fu generato dal buon seme di An./... Essi sono liberi di muoversi,/ essi schiamazzano sopra, essi rumoreggiano sotto./... Sugli alti tetti e sulle ampie terrazze essi turbinano come una tempesta;/ essi non sono impediti né dalle porte né dai chiavistelli,/ essi sgusciano attraverso le porte come i serpenti./ Essi portano via la moglie dal seno del marito,/ essi rimuovono il bambino dalle ginocchia del padre;/ essi portano via il fid anzato dalla casa del suocero;/ essi sono il silenzio e lo stupore che perseguita l' uomo da dietro!». Giovanni Pettinato LA NUOVA RICERCA Un' idea ereditata dagli ebrei e dai cristiani Martedì prossimo, 27 novembre, sarà in libreria l' ultimo saggio di Giovanni Pettinato: «Angeli e demoni a Babilonia» (Mondadori, pp. 338, lire 35.000, 18,08). Pettinato, studioso della «civiltà di Ebla», professore di assiriologia a Roma e di «eblaitologia» ad Heidelberg, affronta qui mito e magia nelle antiche civiltà mesopotamiche. Nelle sue pagine veggenti, aruspici, esorcisti, maliarde, stregoni, divinità inesorabili si mescolano alla gente comune per restituirci aspetti poco noti di una civiltà che portò la magia all' altezza della scienza. Una civiltà che «inventò» (è questa una delle novità del libro) angeli e demoni, quegli stessi che la tradizione giudaico-cristiana ha ereditato e trasformato in quelle creature tanto familiari e tanto rappresentate, invocate nelle preghiere e nelle avversità ( angeli), oppure temute e cacciate (demoni). Dal libro lo stesso Pettinato ha scelto i passi sull' argomento e li ha trasformati in un articolo che qui pubblichiamo.