ancora su Melusine
(...)
Quando una fiaba sconfina nel dominio degli strati sociali superiori e della cultura dotta, quando passa in nuovi quadri spaziali e temporali, quando è ghermita dalla storia più incalzante delle società e delle classi sociali "calde", diventa leggenda. È quel che sembra essere accaduto alla nostra storia. Alla fine del XII secolo la fiaba dell'uomo sposato a una donna-serpente circola in diverse regioni: in Normandia, in Provenza, nel paese di Langres... I discendenti di uomini come Henno, Raimondino... cercano di far propria la fiaba, di farne la loro leggenda. Quelli che ci riescono sono i Lusignano. Quando, come, perchè? È difficile saperlo (...). Ciò che è verosimile è che il nome di Melusina sia legato al successo dei Lusignano. Comunque la ricerca dell'etimologia ci sembra deludente. Essa non spiegherà l'essenziale: perchè quest'interesse, a partire dalla fine del XII secolo, di certi personaggi e di certi ambienti (cavalieri, chierici, popolo) per le «Melusine»?
Da dove è partita la leggenda di Melusina? Dal momento in cui abbiamo dei testi constatiamo l'esistenza, in diverse regioni, di forme vicine d'una leggenda identica senza che si possa individuare un centro originario comune. In seguito la casa di Lusignano e poi le case di Berry e Bar sono all'origine di un movimento di diffusione della leggenda generalmente legato a membri della famiglia dei Lusignano. (...). Se guardiamo, non alla discendenza delle Melusine medievali ma alle loro prefigurazioni e alle loro omologhe in altre culture, si apre di fronte a noi il vasto campo del mito. (...) La leggenda di Melusina risulta in particolare molto prossima: 1) per quanto concerne l'antichità europea, ai miti greci di Eros e Psiche e di Zeus e di Semele, e alla leggenda romana di Numa e di Egeria; 2) sul versante dell'India antica, a diversi miti, tra cui quello di Urvaçi sarebbe la versione ariana più antica; 3) a tutt'una serie di miti e leggende in diverse culture, dai celti agli amerindi. (...) Senza dubbio, se ne avessimo la competenza e la voglia potremmo condurre sulle differenti versioni della leggenda di Melusina una analisi strutturalista secondo gli schemi di Propp. Per esempio: /uno dei membri della famiglia si allontana da casa/ all'eroe è imposto un divieto (Melusina non sposa l'eroe se non a condizione che rispetti un tabù)/ il divieto è infranto. Se introduciamo in queste categorie le realtà medievali ci troviamo di fronte i seguenti problemi:
1) Qual è l'importanza della trasgressione del tabù? Essa resta essenziale in quanto rimane il nodo della storia e, nell'atmosfera cristiana del racconto medievale, sorge una nuova domanda: l'infedeltà dello sposo alla sua promessa non è forse meno colpevole proprio a causa del carattere diabolico della compagna?
2) Mentre nelle religioni pagane la divinità può perfettamente incarnarsi in animali e l'unione di un mortale con un animale soprannaturale è gloriosa, il cristianesimo, che ha fatto dell'uomo l'immagine incarnata esclusiva di Dio, non rende automaticamente degradante l'unione di un uomo con un mezzo animale? Per Claude Levi-Strauss "il totemismo è la proiezione... di atteggiamenti mentali incompatibili coll'esigenza di quella discontinuità tra l'uomo e la natura che il pensiero cristiano riteneva essenziale" (Le totémisme aujourd'hui, Paris, 1969)
3) A proposito delle "donne meravigliose", come si opera la distinzione tra magia bianca e magia nera, tra fate e streghe? Il cristianesimo offre a Melusina una possibilità di salvezza o la condanna inevitabilmente?
(...) La fiaba meravigliosa si snoda intorno a un eroe. Chi è l'eroe della fiaba di Melusine? Certamente lo sposo. Ma mentre la sua compagna dovrebbe, nella logica del racconto, essere la cattiva, logica rafforzata dalla ideologia dell'epoca che ne fa un diavolo (simbolismo cristiano del serpente e del drago), Melusina è un personaggio se non simpatico almeno toccante. Essa appare alla fine del racconto come la vittima del tradimento del suo sposo. Diventa una pretendente al posto di eroe. Così come Soriano ha scoperto in La Fontaine un lupo-vittima e compassionevole accanto a un lupo-aggressore e detestato, Melusina è un serpente-vittima e commovente. La notazione finale che la riconduce, nella sua invisibilità notturna e gemente, accanto ai suoi figlioletti, arricchisce, nel registro psicologico, la rappresentazione commovente di questa pseudo-eroina. Perchè questa commozione su una donna demoniaca? Una delle caratteristiche del racconto meraviglioso è l'happy end. Melusine finisce male. Certamente si tratta piuttosto di una leggenda che di una fiaba: la fiaba meravigliosa inizia a evolversi verso il poema eroico, il cui accento è spesso tragico. Perchè questo slittamento verso un genere che implica il fallimento e la morte dell'eroe?
Gli autori medievali hanno dato una spiegazione molto chiara di ciò che era per loro Melusine. Per tutti è un demonio succube, una strega assimilata agli angeli decaduti. Essa è mezza donna e mezzo animale e dai suoi accoppiamenti con un mortale nascono dei figli eccezionali, dotati di attributi fisici (bellezza le figlie, forza i maschi), ma tarati o infelici. Alcuni spiegano anche le ragioni di questi matrimoni. La donna-serpente, condannata per una colpa a soffrire eternamente nel corpo di un serpente, ricerca l'unione con un uomo, la sola che la può strappare dalla sua eternità infelice e le può permettere di morire e di godere quindi della vita eterna felice. Questo rivestimento cristiano non ha nulla di sorprendente se si pensa all'inquadramento cristiano di tutta la vita culturale medievale e al fatto che alla fine del XII secolo il cristianesimo si impegnava sul terreno delle spiegazioni razionali, anche se le sue ragioni si applicavano a dati di base assolutamente irrazionali. Notiamo però che, anche se la leggenda è inquadrata in una spiegazione cristiana, ci sono pochi elementi cristiani nella storia medesima. Nella storia di Henno e nella leggenda della Dama di Esperver è il suo cattivo comportamento di cristiana (non assistere alla messa integrale) che scatena i sospetti e sono gli esorcismi cristiani che la smascherano, ma nell'avventura di Raimondino non c'è nessun elemento cristiano. Il romanzo di Jean d'Arras è immerso in un clima cristiano, ma nessun elemento cristiano ha un ruolo importante nello svolgimento della storia... Melusine ha origini più antiche del cristianesimo. Se gli usi e costumi dei demoni succubi spiegano, agli occhi dei chierici medievali, la natura e la storia di Melusine, questo non può valere per noi.
Qual è dunque la posta della storia? La dote di Melusine è per Raimondo la prosperità. Tradita Melusine si ritrova con un palmo di naso. Il corno dell'abbondanza è finito. Così si rivela la vera natura di Melusine, attraverso la sua funzione nella leggenda: Melusine porta la prosperità. Che si ricolleghi concretamente e storicamente (forse non lo sapremo mai) a una dea di fecondità celtica o autoctona, a uno spirito fertilizzatore, a una eroina culturale di origine indiana (o più verosimilmente e più vagamente indoeuropea), che sia di origine ctonia, acquatica o uranica (essa è di volta in volta e nello stesso tempo serpente, pesce, sirena, drago e c'è sempre un bagno che fa riferimento alla sua natura acquatica...), in ogni caso appare come la trasformazione medievale di una dea-madre, come una fata della fecondità. Quale fecondità? Essa assicura al suo sposo forza e salute. Ma lo colma soprattutto in tre campi, inegualmente.
Anzitutto quello della prosperità rurale (...). In Jean d'Arras l'attività dissodatrice di Melusina è considerevole. Le radure si aprono sotto i suoi passi, le foreste si trasformano in campi. Il Forez deve a lei il passaggio da una natura incolta alla coltivazione.
Ma un'altra attività creatrice è in primo piano: la costruzione. Ancor più che dissodatrice è una costruttrice. Semina sulla sua strada, nei suoi numerosi spostamenti, roccaforti e città che costruisce spesso con le sue stesse mani... Per quanto si possa essere prevenuti contro lo storicismo, è certamente una rinuncia alla verità rifiutarsi di vedere qui il volto storico di Melusina legato a una congiuntura economica: dissodamenti e costruzioni; dissodamento e poi costruzione. Melusina è la fata del decollo economico medievale.
Ma c'è un altro campo in cui la fecondità di Melusina è ancora più clamorosa: quello demografico. Ciò che soprattutto Melusina dà a Raimondo sono dei figli. Anche quando non sono dieci, come in Jean d'Arras, essi rappresentano ciò che sopravvive alla scomparsa della fata-madre e alla rovina del padre. Scomparsa Melusina, se ancora la si sente è quando compie la sua funzione essenziale, quella di madre e nutrice. Rapita alla luce essa resta una genitrice notturna. Chi resisterebbe qui ad evocare la famiglia feudale, il lignaggio, la cellula della società feudale? Melusina è il ventre da cui nasce una nobile stirpe.
(...) Ma la fiaba è un tutto. Se è legittimo isolarne il motivo centrale, quello della prosperità, per ritrovarvi l'appello fatto da una classe sociale a una dea-madre, bisogna soprattutto cercare la "morale" della fiaba nella sua conclusione. Già lo si è detto, Melusine va a finire male. Per Jan De Vries "dietro l'ottimismo apparente della fiaba può benissimo celarsi la sensazione di un fallimento inevitabile". Sarebbe un'impresa al di sopra delle nostre possibilità ricercare come e perchè questa ricerca della prosperità, in particolare della prosperità familiare, finisca con una constatazione di fallimento o semifallimento. Notiamo il fatto. (...) Ma i narratori medievali di Melusina strappano all'involarsi della fata verso il suo inferno, dei figlioletti tramite i quali tutto continua. O piuttosto l'essenziale è la continuità medesima. Adhuc extat progenies.
Jacques Le Goff - "Melusina materna e dissodatrice"
dalla raccolta "Tempo della Chiesa e tempo del mercante" (1977)
(saggio comparso per la prima volta in «Annales ESC», 1971)
(...)
Quando una fiaba sconfina nel dominio degli strati sociali superiori e della cultura dotta, quando passa in nuovi quadri spaziali e temporali, quando è ghermita dalla storia più incalzante delle società e delle classi sociali "calde", diventa leggenda. È quel che sembra essere accaduto alla nostra storia. Alla fine del XII secolo la fiaba dell'uomo sposato a una donna-serpente circola in diverse regioni: in Normandia, in Provenza, nel paese di Langres... I discendenti di uomini come Henno, Raimondino... cercano di far propria la fiaba, di farne la loro leggenda. Quelli che ci riescono sono i Lusignano. Quando, come, perchè? È difficile saperlo (...). Ciò che è verosimile è che il nome di Melusina sia legato al successo dei Lusignano. Comunque la ricerca dell'etimologia ci sembra deludente. Essa non spiegherà l'essenziale: perchè quest'interesse, a partire dalla fine del XII secolo, di certi personaggi e di certi ambienti (cavalieri, chierici, popolo) per le «Melusine»?
Da dove è partita la leggenda di Melusina? Dal momento in cui abbiamo dei testi constatiamo l'esistenza, in diverse regioni, di forme vicine d'una leggenda identica senza che si possa individuare un centro originario comune. In seguito la casa di Lusignano e poi le case di Berry e Bar sono all'origine di un movimento di diffusione della leggenda generalmente legato a membri della famiglia dei Lusignano. (...). Se guardiamo, non alla discendenza delle Melusine medievali ma alle loro prefigurazioni e alle loro omologhe in altre culture, si apre di fronte a noi il vasto campo del mito. (...) La leggenda di Melusina risulta in particolare molto prossima: 1) per quanto concerne l'antichità europea, ai miti greci di Eros e Psiche e di Zeus e di Semele, e alla leggenda romana di Numa e di Egeria; 2) sul versante dell'India antica, a diversi miti, tra cui quello di Urvaçi sarebbe la versione ariana più antica; 3) a tutt'una serie di miti e leggende in diverse culture, dai celti agli amerindi. (...) Senza dubbio, se ne avessimo la competenza e la voglia potremmo condurre sulle differenti versioni della leggenda di Melusina una analisi strutturalista secondo gli schemi di Propp. Per esempio: /uno dei membri della famiglia si allontana da casa/ all'eroe è imposto un divieto (Melusina non sposa l'eroe se non a condizione che rispetti un tabù)/ il divieto è infranto. Se introduciamo in queste categorie le realtà medievali ci troviamo di fronte i seguenti problemi:
1) Qual è l'importanza della trasgressione del tabù? Essa resta essenziale in quanto rimane il nodo della storia e, nell'atmosfera cristiana del racconto medievale, sorge una nuova domanda: l'infedeltà dello sposo alla sua promessa non è forse meno colpevole proprio a causa del carattere diabolico della compagna?
2) Mentre nelle religioni pagane la divinità può perfettamente incarnarsi in animali e l'unione di un mortale con un animale soprannaturale è gloriosa, il cristianesimo, che ha fatto dell'uomo l'immagine incarnata esclusiva di Dio, non rende automaticamente degradante l'unione di un uomo con un mezzo animale? Per Claude Levi-Strauss "il totemismo è la proiezione... di atteggiamenti mentali incompatibili coll'esigenza di quella discontinuità tra l'uomo e la natura che il pensiero cristiano riteneva essenziale" (Le totémisme aujourd'hui, Paris, 1969)
3) A proposito delle "donne meravigliose", come si opera la distinzione tra magia bianca e magia nera, tra fate e streghe? Il cristianesimo offre a Melusina una possibilità di salvezza o la condanna inevitabilmente?
(...) La fiaba meravigliosa si snoda intorno a un eroe. Chi è l'eroe della fiaba di Melusine? Certamente lo sposo. Ma mentre la sua compagna dovrebbe, nella logica del racconto, essere la cattiva, logica rafforzata dalla ideologia dell'epoca che ne fa un diavolo (simbolismo cristiano del serpente e del drago), Melusina è un personaggio se non simpatico almeno toccante. Essa appare alla fine del racconto come la vittima del tradimento del suo sposo. Diventa una pretendente al posto di eroe. Così come Soriano ha scoperto in La Fontaine un lupo-vittima e compassionevole accanto a un lupo-aggressore e detestato, Melusina è un serpente-vittima e commovente. La notazione finale che la riconduce, nella sua invisibilità notturna e gemente, accanto ai suoi figlioletti, arricchisce, nel registro psicologico, la rappresentazione commovente di questa pseudo-eroina. Perchè questa commozione su una donna demoniaca? Una delle caratteristiche del racconto meraviglioso è l'happy end. Melusine finisce male. Certamente si tratta piuttosto di una leggenda che di una fiaba: la fiaba meravigliosa inizia a evolversi verso il poema eroico, il cui accento è spesso tragico. Perchè questo slittamento verso un genere che implica il fallimento e la morte dell'eroe?
Gli autori medievali hanno dato una spiegazione molto chiara di ciò che era per loro Melusine. Per tutti è un demonio succube, una strega assimilata agli angeli decaduti. Essa è mezza donna e mezzo animale e dai suoi accoppiamenti con un mortale nascono dei figli eccezionali, dotati di attributi fisici (bellezza le figlie, forza i maschi), ma tarati o infelici. Alcuni spiegano anche le ragioni di questi matrimoni. La donna-serpente, condannata per una colpa a soffrire eternamente nel corpo di un serpente, ricerca l'unione con un uomo, la sola che la può strappare dalla sua eternità infelice e le può permettere di morire e di godere quindi della vita eterna felice. Questo rivestimento cristiano non ha nulla di sorprendente se si pensa all'inquadramento cristiano di tutta la vita culturale medievale e al fatto che alla fine del XII secolo il cristianesimo si impegnava sul terreno delle spiegazioni razionali, anche se le sue ragioni si applicavano a dati di base assolutamente irrazionali. Notiamo però che, anche se la leggenda è inquadrata in una spiegazione cristiana, ci sono pochi elementi cristiani nella storia medesima. Nella storia di Henno e nella leggenda della Dama di Esperver è il suo cattivo comportamento di cristiana (non assistere alla messa integrale) che scatena i sospetti e sono gli esorcismi cristiani che la smascherano, ma nell'avventura di Raimondino non c'è nessun elemento cristiano. Il romanzo di Jean d'Arras è immerso in un clima cristiano, ma nessun elemento cristiano ha un ruolo importante nello svolgimento della storia... Melusine ha origini più antiche del cristianesimo. Se gli usi e costumi dei demoni succubi spiegano, agli occhi dei chierici medievali, la natura e la storia di Melusine, questo non può valere per noi.
Qual è dunque la posta della storia? La dote di Melusine è per Raimondo la prosperità. Tradita Melusine si ritrova con un palmo di naso. Il corno dell'abbondanza è finito. Così si rivela la vera natura di Melusine, attraverso la sua funzione nella leggenda: Melusine porta la prosperità. Che si ricolleghi concretamente e storicamente (forse non lo sapremo mai) a una dea di fecondità celtica o autoctona, a uno spirito fertilizzatore, a una eroina culturale di origine indiana (o più verosimilmente e più vagamente indoeuropea), che sia di origine ctonia, acquatica o uranica (essa è di volta in volta e nello stesso tempo serpente, pesce, sirena, drago e c'è sempre un bagno che fa riferimento alla sua natura acquatica...), in ogni caso appare come la trasformazione medievale di una dea-madre, come una fata della fecondità. Quale fecondità? Essa assicura al suo sposo forza e salute. Ma lo colma soprattutto in tre campi, inegualmente.
Anzitutto quello della prosperità rurale (...). In Jean d'Arras l'attività dissodatrice di Melusina è considerevole. Le radure si aprono sotto i suoi passi, le foreste si trasformano in campi. Il Forez deve a lei il passaggio da una natura incolta alla coltivazione.
Ma un'altra attività creatrice è in primo piano: la costruzione. Ancor più che dissodatrice è una costruttrice. Semina sulla sua strada, nei suoi numerosi spostamenti, roccaforti e città che costruisce spesso con le sue stesse mani... Per quanto si possa essere prevenuti contro lo storicismo, è certamente una rinuncia alla verità rifiutarsi di vedere qui il volto storico di Melusina legato a una congiuntura economica: dissodamenti e costruzioni; dissodamento e poi costruzione. Melusina è la fata del decollo economico medievale.
Ma c'è un altro campo in cui la fecondità di Melusina è ancora più clamorosa: quello demografico. Ciò che soprattutto Melusina dà a Raimondo sono dei figli. Anche quando non sono dieci, come in Jean d'Arras, essi rappresentano ciò che sopravvive alla scomparsa della fata-madre e alla rovina del padre. Scomparsa Melusina, se ancora la si sente è quando compie la sua funzione essenziale, quella di madre e nutrice. Rapita alla luce essa resta una genitrice notturna. Chi resisterebbe qui ad evocare la famiglia feudale, il lignaggio, la cellula della società feudale? Melusina è il ventre da cui nasce una nobile stirpe.
(...) Ma la fiaba è un tutto. Se è legittimo isolarne il motivo centrale, quello della prosperità, per ritrovarvi l'appello fatto da una classe sociale a una dea-madre, bisogna soprattutto cercare la "morale" della fiaba nella sua conclusione. Già lo si è detto, Melusine va a finire male. Per Jan De Vries "dietro l'ottimismo apparente della fiaba può benissimo celarsi la sensazione di un fallimento inevitabile". Sarebbe un'impresa al di sopra delle nostre possibilità ricercare come e perchè questa ricerca della prosperità, in particolare della prosperità familiare, finisca con una constatazione di fallimento o semifallimento. Notiamo il fatto. (...) Ma i narratori medievali di Melusina strappano all'involarsi della fata verso il suo inferno, dei figlioletti tramite i quali tutto continua. O piuttosto l'essenziale è la continuità medesima. Adhuc extat progenies.
Jacques Le Goff - "Melusina materna e dissodatrice"
dalla raccolta "Tempo della Chiesa e tempo del mercante" (1977)
(saggio comparso per la prima volta in «Annales ESC», 1971)