I ritrovamenti in un sito sudafricano testimoniano l'adattamento all'ambiente costiero e la comparsa di capacità cognitive complesse molto prima di quanto si pensasse
Conchiglie, pigmenti e strumenti da taglio compositi provano che Homo sapiens aveva scoperto il mare come fonte di cibo già 164 mila anni fa. E che aveva capacità simboliche e tecnologiche complesse ben 70 mila anni prima di quanto le evidenze finora disponibili autorizzassero a credere. È quel che ha rivelato Pinnacle Point, un sito del Pleistocene Medio in Sud Africa analizzato da un team internazionale di ricercatori. Lo studio, pubblicato su Nature, retrodata di 40 mila anni l’adattamento di Homo sapiens a un ambiente costiero. Circostanza che, suggeriscono gli studiosi, potrebbe essere stata cruciale per la sopravvivenza dei primi umani durante la glaciazione avvenuta tra 25 mila e 195 mila anni fa, quando gran parte dell’Africa era ridotta a un deserto, e che potrebbe aver favorito i graduali spostamenti “Out of Africa”.
Dopo anni di dibattito, è ormai opinione condivisa che Homo sapiens si sia evoluto in Africa tra i 100 mila e i 200 mila anni fa ma, considerata la scarsità di testimonianze materiali, non si sa in quale momento e in quale parte del continente si siano sviluppate le capacità tecnologiche e cognitive dell’uomo moderno. I siti riferibili a questa fase sono rarissimi, ma i dati paleoambientali indicano che all’epoca c’erano solo cinque o sei posti in tutta l’Africa dove gli umani avrebbero potuto trovare condizioni favorevoli. Tra questi, sulla base di valutazioni geoclimatiche, i ricercatori hanno individuato Pinnacle Point, in Sud Africa. Una scelta fortunata che li ha portati a scoprire le più antiche testimonianze non solo della nuova dieta ma anche di particolari capacità cognitive quali l’uso di strumenti complessi: “Abbiamo trovato piccole lame in pietra che potevano essere fissate a un asta, punte di frecce o lance”, riferisce il paleoantropologo Curtis Marean della Arizona State University (Usa). Non solo: tra i reperti anche tracce di un uso rituale di pigmenti, in particolare, di ocra rossa. Due comportamenti, dicono gli esperti, che fanno presupporre anche capacità linguistiche affini alle nostre. (m.b.)
Fonte: www.galileonet.it del 18-10-2007