Corpo Divino
Da dove nasce la passione occidentale per la concezione hindù della sessualità?
di e. Ghiaia
Voi volete occuparvi di tutto quello che noi vogliamo distruggere", disse un irritatissimo Nehru ad Alain Danielou, quando seppe che a Parigi, nei 1960, era uscito il saggio L''erotismo divinizzato - Architettura e scultura dei tempio indù (Red Edizioni). Danielou, singolarissimo studioso, onorato e ricordato dalla Fondazione Cini di Venezia che gli dedica una sala, non si considerava uno scienziato, ma un testimone: convertitosi a 40 anni allo shivaismo, conosceva il sanscrito e l'hindi e studiava la musica indiana. Ed è principalmente grazie a lui che l'occidente ha conosciuto e continua a coltivare un interesse sempre maggiore per la straordinaria visione hindù della sessualità. "Era desolato per l'atteggiamento prude dell'India moderna nei confronti della sessualità, emerso a poco a poco dopo le dominazioni musulmane e inglesi. E con passione diffondeva le sue conoscenze sullo shivaismo, convinto che proprio la sua visione della sessualità e la sua filosofia ecologica fossero la risposta a tanti problemi delle società moderne" racconta Jacques Cloarec. Suo collaboratore per 32 anni e dopo la sua morte, che è avvenuta 6 anni fa, curatore delle sue opere. Il culto di Shiva, nato nel 6000 a.C., ha conosciuto una tradizione ininterrotta ed è oggi praticato da circa 600 milioni di persone, soprattutto nelle caste popolari del Sud dell'India, ma anche in alcune zone montane del Nord. "Gli aspetti fondamentali di questa religione sono il culto del fallo - fonte di vita - e dell'unione dei contrari nell'atto sessuale. Immagine del principio creatore e divinizzazione del godimento erotico quale riflesso di beatitudine divina" scrive Danielou. "Secondo le profezie shivaite, l'unica speranza di sopravvivenza dell'umanità risiede nell'attuale sforzo per liberare la sessualità. Soltanto la venerazione del principio vitale e del suo simbolo, il fallo, potrebbe attirare la benedizione divina sugli uomini, minacciati dai fulmini celesti a causa di una civiltà la cui morale non persegue la felicità, la gioia e il piacere bensì le guerre, la repressione sessuale, l'ipocrisia, la persecuzione dell'amore". Molti templi shivaiti furono distrutti dai musulmani, ma quelli in siti abbandonati o protetti dalle foreste sono in parte sopravvissuti: i più importanti sono Bhuvaneshvar e Konarak nell'Orissa e Khajuraho nell'india centrale. Sono ricoperti di sculture che raffigurano atti erotici, dai più semplici (come baci e mani che scivolano sotto i vestiti) ai più complessi. E coinvolgono uomini, donne, bambini, animali. Il principio, ricorda Danielou, è che la sessualità non va evitata, bensì rispettata e onorata sino ai giorno in cui non ne avremo più bisogno, e potremo quindi trascenderla. Info : www.cini.ii/fondazione/05.fondi/fondi/ danielou.htmi.
Da "D-la repubblica delle donne" del 14/03/2000.
Da dove nasce la passione occidentale per la concezione hindù della sessualità?
di e. Ghiaia
Voi volete occuparvi di tutto quello che noi vogliamo distruggere", disse un irritatissimo Nehru ad Alain Danielou, quando seppe che a Parigi, nei 1960, era uscito il saggio L''erotismo divinizzato - Architettura e scultura dei tempio indù (Red Edizioni). Danielou, singolarissimo studioso, onorato e ricordato dalla Fondazione Cini di Venezia che gli dedica una sala, non si considerava uno scienziato, ma un testimone: convertitosi a 40 anni allo shivaismo, conosceva il sanscrito e l'hindi e studiava la musica indiana. Ed è principalmente grazie a lui che l'occidente ha conosciuto e continua a coltivare un interesse sempre maggiore per la straordinaria visione hindù della sessualità. "Era desolato per l'atteggiamento prude dell'India moderna nei confronti della sessualità, emerso a poco a poco dopo le dominazioni musulmane e inglesi. E con passione diffondeva le sue conoscenze sullo shivaismo, convinto che proprio la sua visione della sessualità e la sua filosofia ecologica fossero la risposta a tanti problemi delle società moderne" racconta Jacques Cloarec. Suo collaboratore per 32 anni e dopo la sua morte, che è avvenuta 6 anni fa, curatore delle sue opere. Il culto di Shiva, nato nel 6000 a.C., ha conosciuto una tradizione ininterrotta ed è oggi praticato da circa 600 milioni di persone, soprattutto nelle caste popolari del Sud dell'India, ma anche in alcune zone montane del Nord. "Gli aspetti fondamentali di questa religione sono il culto del fallo - fonte di vita - e dell'unione dei contrari nell'atto sessuale. Immagine del principio creatore e divinizzazione del godimento erotico quale riflesso di beatitudine divina" scrive Danielou. "Secondo le profezie shivaite, l'unica speranza di sopravvivenza dell'umanità risiede nell'attuale sforzo per liberare la sessualità. Soltanto la venerazione del principio vitale e del suo simbolo, il fallo, potrebbe attirare la benedizione divina sugli uomini, minacciati dai fulmini celesti a causa di una civiltà la cui morale non persegue la felicità, la gioia e il piacere bensì le guerre, la repressione sessuale, l'ipocrisia, la persecuzione dell'amore". Molti templi shivaiti furono distrutti dai musulmani, ma quelli in siti abbandonati o protetti dalle foreste sono in parte sopravvissuti: i più importanti sono Bhuvaneshvar e Konarak nell'Orissa e Khajuraho nell'india centrale. Sono ricoperti di sculture che raffigurano atti erotici, dai più semplici (come baci e mani che scivolano sotto i vestiti) ai più complessi. E coinvolgono uomini, donne, bambini, animali. Il principio, ricorda Danielou, è che la sessualità non va evitata, bensì rispettata e onorata sino ai giorno in cui non ne avremo più bisogno, e potremo quindi trascenderla. Info : www.cini.ii/fondazione/05.fondi/fondi/ danielou.htmi.
Da "D-la repubblica delle donne" del 14/03/2000.