Wednesday, December 26, 2007

Donne del mito

http://www.dweb.repubblica.it/archivio_d/1997/03/25/attualita/emozioni/148don43148.html

Donne del mito
Voci che ci parlano da una immensa distanza. Sapremo ascoltarle ancora e rinnovare un incantesimo che non ha tempo?
di Beatrice Bianchini

Quali cose "sono sempre ma non avvengono mai"? La citazione, da Sallustio, non è un indovinello, e potrebbe sembrare un enigma, ma la Sfinge non sarà così crudele da non svelarci l'arcano. Stiamo parlando del Mito, non di un mito. Che senso ha riscoprire il Mito nel nostro orizzonte ipertecnologico e tardomoderno? Che funzione ha? Perché è oggetto della nostra attenzione? Il Mito insegna, diceva Esopo: ma cosa insegna? Sembra che certi fatti degli Dèi si riferissero a qualcosa che agli uomini doveva essere insegnato. Non solo. Il Mito insegna dimostrando, spiegando attraverso l'esposizione "esemplare" di un fatto. I modi di comportarsi dei personaggi mitici, i loro amori, le loro violenze, i tradimenti hanno a che fare con la natura umana, sono immersi nella quotidianità. Nel fatto mitico ognuno di noi può riconoscere qualcosa che è sempre attuale perché è al di là del tempo. Il Mito è come il sogno, che dice ciò che la coscienza non riesce a dire. È sempre paradossale, altrimenti non sarebbe esemplare, non rifletterebbe al di là di ogni ragionevolezza le "maniere umane dell'esistere", sempre problematiche e mai del tutto riconducibili a ragione. Se è sempre stata la meraviglia ciò che ha portato l'umanità a investigare, fu anche il meravigliarsi di ciò che sognava che portò l'uomo di tutti i tempi a indagare in proposito. È questo il senso del Mito nel nostro orizzonte: quello di farci individuare, come nel sogno, la struttura di una problematica dell'essere umano. Non c'è ragione di non credere che un problema personale, in certi casi, non debba arrivare a coincidere con un problema collettivo. Ogni sogno è, tutto sommato, l'elaborazione di un interrogativo individuale che, a ben guardare, potrebbe ogni volta risultare comune a tutti gli esseri umani. L'invito, allora, è quello di farsi trascinare dal Mito, come incantati in un magico sogno... Arianna, la Vita Arianna fa sentire ancora la sua voce, la voce che riecheggia da quel mito lontano. Che cos'è il mito? È la nostra storia che da sempre si racconta, è la leggenda che ci legge nell'anima, è la nostra vita che si fa leggenda per parlarci. La storia di Arianna suscita sempre molta simpatia, ma non solo, ci lega a lei un sentimento, una sensibilità particolare per lo più inspiegabile. C'era una volta la figlia di un re, il suo nome era Arianna. Arianna aveva un fratellastro che la madre Pasifae aveva concepito non con il re Minosse, ma... con un toro di cui si era invaghita. Questo mostro "transgenico" fu chiamato Minotauro e rinchiuso in un labirinto. Arianna si innamorò di un eroe, Teseo. Costui, per liberare la sua città dal sanguinario tributo impostole dal re cretese Minosse - sette giovinetti e sette fanciulle destinati ad essere divorati dal Minotauro - si era proposto di uccidere il mostro. Ma egli certo non avrebbe trovato la via per uscire dal labirinto, costruito da Dedalo, se Arianna non gli avesse dato un gomitolo di filo da dipanare lungo il tortuoso cammino. Ucciso con un colpo di mazza il mostro, Teseo poté così uscire illeso ed imbarcarsi con lei, per far ritorno, vittorioso, ad Atene. Sospinto da una tempesta, trovò rifugio nell'isola di Nasso, ove sbarcò la sua donna bisognosa di riposo con la promessa di tornare a riprenderla. Mentre ella dormiva, Teseo riprese il largo e, giunto in patria, ebbro di trionfi, la dimenticò... Non rattristatevi! La storia di Arianna non finisce qui. Pare che Dioniso, il grande dio della passione del vino, della vita e delle donne, la prese con sé e la fece diventare sua sposa, quindi non più umana ma divina. Arianna racchiude in sé il mondo femminile, è intrisa di impulso e razionalità. Lei è la "Signora del Labirinto", lo sa padroneggiare con discrezione e con rispetto, lei sa che esso racchiude in sé il senso della vita. Cosa meglio del Labirinto può rappresentare la metafora dell'esistenza, così piena di asimmetrie, di ritorti corridoi come di ripide scalinate, così irregolare nelle linee nei tempi e negli spazi, così incerta e sensuale, così amara e misteriosa, così apparentemente banale ma piena di esaltazione e di disperazione. Così può essere descritto sia un labirinto che la nostra esistenza e di essi Arianna è la "Signora", non perché ne possiede la verità, né tanto meno la completa conoscenza, ma perché Arianna è donna prima di essere qualsiasi altra cosa e pur conoscendo il senso tragico dell'esistenza come le contraddizioni della realtà, riesce a viverli perché li sente come facenti parte di sé. Forse ogni donna potrebbe ritrovarsi in questa descrizione che ci rende tutte un po' Arianna, perché tutte siamo signore del labirinto a nostro modo, e siamo tali perché cerchiamo di rispettarlo, di percorrerlo con il gomitolo, con il filo che si piega al cammino senza che si pieghi la nostra volontà. La flessibilità e l'adattamento alla durezza del labirinto non indica rinuncia né tanto meno passività, ma la capacità di una intelligenza altra, la nostra, che sia finalmente determinata ad essere diversa nel rispetto ormai della nostra più intima vocazione. Arianna tutto questo ci dice: e molto di più, se sappiamo ascoltarla. Atena, la Ragione L'avreste mai creduto? Un giorno Zeus, il più potente degli dèi, colui che poteva possedere qualunque dea o donna che fosse, colui che impersonava l'essenza stessa del potere e che ostentava il piacere di esercitarlo (soggetto solo al Fato), si invaghì, desiderò, amò... Metis, la Ragione, la Misura, la Saggezza. Questo amore, almeno come lo concepivano i Greci, possibile fra gli dèi, era così passionale, così possessivo, così esigente che Zeus ingoiò Metis (ti desidero tanto che ti mangerei). Metis portava nel suo ventre il frutto fecondato da Zeus e al momento del parto, in tutto il suo splendore, già adulta e perfettamente compiuta, dal capo del padre nacque d'un balzo, armata e urlante lei: Atena. La nascita, tanto prodigiosa quanto eclatante, sorprese e atterrì gli stessi altri dèi dell'Olimpo, e sì che ne avevano ben visti di effetti speciali, quanto poi alla terra e ai mari... Efesto, dio dei vulcani, del fuoco, delle fusioni e della ingegnosità del fare, avanzò subito la propria richiesta a Zeus per avere la dea dell'intelletto come sposa, e Zeus, considerate le caratteristiche della figliola ed il prestigio di Efesto, diede il suo consenso. Fu tuttavia un matrimonio breve, ratus sed non confectus: Atena non ritenne di doversi giacere con il dio ingegnoso ma non colto, vecchio e storpio, lei che amava l'armonia che è nella ragione e la pulizia e l'eleganza che sono nei prodotti dell'intelletto. Si dedicò ai suoi prediletti, che amava di un affetto sororale, li guidava, li consigliava e il suo affetto si compiaceva là dove emergevano carattere e intelligenza. Da molti è conosciuta come la Minerva latina: chi è dunque costei? Non suscita grande simpatia, sembra superba e inavvicinabile ma, mentre riconosce in Ulisse il migliore fra i mortali, per saggezza dice di sé soltanto di essere famosa fra gli dèi. La sua è una figura maestosa che incarna il senno e la ragione. Atena è frutto di riflessione: la difficoltà del parto e la doppia gestazione sembrano voler sottolineare quanto sia ardua la nascita della ragione. È ferma di carattere, ha forte dominio sulla città e sugli eserciti ed è sempre presente dove sia da compiere un'opera grande. Il senso della realtà è tra le sue caratteristiche. Il suo è un agire chiaro che mira al successo e vive il presente senza mire, ad ideali lontani se non all'azione, immediata ma sempre ben ponderata. Ci piace Atena, ci ritroviamo in essa? Forse sì o forse no, o non completamente. Ci sembra lontana dai sentimenti, troppo virile e prudente. Comunque in ognuna di noi l'aspirazione a qualche aspetto del suo carattere sicuramente non manca. Non suscita, forse, ammirazione una donna di successo, determinata, saggia, assennata, con uno spiccato senso della realtà? Forse non la vorremmo come madre, né come amante, ma forse come amica, come consigliera, come punto di riferimento, come esempio per dimostrare che anche e soprattutto una donna può incarnare lo spirito della razionalità se lo vuole e se lo sceglie. Disciplina alla collaborazione e stimola gli spiriti liberi; invita alla libertà non all'ubbidienza, al senso del giudizio e del gusto. Atena è una vera amica perché ama la dignità e la consapevolezza delle scelte altrui, non sa che cosa sia la gelosia perché nutre in sé un profondo senso di rispetto. Atena si nasconde in ognuna di noi, ma dobbiamo sapere che c'è, sentire se arde questa presenza e se urge esprimerla. È la vera grande amica che c'è in ognuna di noi e se la troviamo sapremo essere più amiche tra noi. Afrodite, la Passione Aphor in greco è la schiuma del mare dalla quale sarebbe nata Afrodite, ma come? C'era una volta la dea primigenia della Terra, Gea, che da sola generò Urano, "il cielo", e poi si accoppiò con lui. Ne nacquero i Titani, gli dèi preolimpici, i Ciclopi e i giganti dalle cento braccia. Urano li temeva e per questo li rinchiuse nel Tartaro scatenando così il risentimento di Gea. Costei, infatti, offesa, incitò gli altri figli alla rivolta contro il padre. Crono, uno dei figli, non vedeva l'ora di detronizzare il genitore e così, nascostosi con in mano una falce, lo sorprese e gli tagliò i genitali. Il membro così separato dal possessore fu per lungo tempo spinto qua e là dalle onde finché si trasformò in bianca spuma. Da questa una figlia nacque, una fanciulla bellissima e divina: era lei, Afrodite. Avreste mai pensato ad una nascita più spumeggiante? O vi sembra una premessa sado-maso ad un racconto erotico? Nuotò e in tutto il suo splendore la dea uscì dall'acqua e fu subito accompagnata da Eros presso gli dèi, ai quali si unì immediatamente. Costoro non appena la videro la baciarono e la desiderarono in moglie. Giove le comandò di sposare Vulcano, il dio deforme del fuoco, ma oltre a Giove numerosi altri amanti furono attribuiti ad Afrodite. La sua prima e grande passione fu per Adone, un giovane bellissimo che verrà ucciso da Marte per gelosia. Afrodite aveva un grande trasporto per gli uomini in genere, mentre per il sesso femminile non nutriva soverchie simpatie. Suoi erano il cicaleccio della fanciulla, l'inganno e la dolce voluttà, l'amplesso e la carezza, diceva Esiodo. E sì, Afrodite è proprio come gli uomini vorrebbero che fossero le donne. È per lo più un portafortuna per gli uomini, ma per le donne è fonte di inganno; le libera da una vita dimessa per farne delle vittime infelici che si danno ciecamente e in nome di una presunta libertà. Per Omero è una dea vile e vigliacca, e nessuno poteva opporsi alla sua volontà, quella di ingannare i cuori anche dei saggi. Per amore fa delinquere Medea, fa morire Fedra, fa tradire Pasifae, rende infelice Elena, e dall'elenco non manca Narciso, al quale tende l'insidiosa trappola, quella di farlo inconsciamente innamorare di se stesso. La sua natura tutta voluttà e sorrisi attrae prede alla sua prepotenza. È insensibile mentre ghermisce la preda che diviene fragile a causa del potere afrodisiaco. La libertà nell'essere padroni di sé è proprio quello che dà maggiormente fastidio ad Afrodite. Costei infatti detesta coloro che non cedono ai suoi voleri, che sono le passioni che essa impartisce, passioni per lo più travolgenti e autodistruttive. Afrodite incarna, come tutte le divinità, l'arbitrio che non accetta smentite e per questo si allea con quel potere che non contempla la dignità e il rispetto per l'altro. Ma Afrodite è solo questo? È solo una forza distruttiva? Essa incarna la forza primordiale dell'eros che incute timore perché crea il disagio, e tabù come quello della sessualità, ma che è l'energia che muove il mondo. Il suo arbitrio sembra più crudele proprio perché è il potere dell'eros. Insomma donne, che fare? Chiudiamo gli occhi e apriamo le braccia ad Afrodite? Oppure impariamo a conoscerla aprendo un occhio ai nostri cuori e poi le braccia ai nostri amori?