Wednesday, December 26, 2007

HYPATIA, Ipazia una martire pagana

HYPATIA

"infatti che cosa c'è di più anticristiano e opposto atto spirito della nostra religione, che esprìmere un giudizio di condanna su un'intera età e tutti quelli che le appartengono, e additarli ad un deciso disprezzo?".

Ernst Curtius

Hypatia nacque ad Alessandria, della sua breve vita non abbiamo che poche notizie frammentarie, tramandateci da qualche storico desideroso, più che altro, di darci un quadro, il più completo possibile, della vita culturale ed intellettuale della città di Alessandria intorno al V secolo d.C.

Ciò che sappiamo di lei non basta a chiarirci le idee sulla personalità di questa donna colta, intelligente e raffinata, l'oblio del tempo e l’esecrazione dei suoi contemporanei hanno gettato su Hypatia un ambiguo velo di silenzio e di indifferenza.

Era figlia di Teone, il commentatore delle matematiche, e molto presto si interessò, forse sotto la guida del padre, di matematica e di astronomia. Più tardi ebbe contatti con la scuola neoplatonica alessandrina e ben presto ne divenne la maggiore e più sensibile rappresentante. La sua casa si aprì a numerosi discepoli, tra questi vi era Sinesio di Cirene, uomo di forte ingegno e di varia cultura, che più tardi dopo la morte di Hypatia, tentò di fondere le dottrine gnostiche a quelle neoplatoniche, senza tuttavia perdere mai di vista la fondamentale concezione platonica alla quale si attenne da vicino in due opuscoli uno "degli Egizi", dove espose in forma allegorica le condizioni della corte di Costantinopoli, l'altro "i Sogni" in cui sostenne la possibilità di servirsi del sogno a scopo divinatorio.

Ma quali erano i discorsi che fiorivano nella bella casa di Hypatia in quel lontano 400 d.C.? Possiano soltanto immaginarli, facendo riferimento a tutta la dottrina neoplatonica, poiché dei suoi scritti nulla è rimasto. Distrutti, forse bruciati di essi non è restato neppure il ricordo.

Volendo rifarci alla bibliografìa classica sappiamo che "neoplatonico" è il periodo della filosofia antica che, estendendosi all'incirca dalla metà del II secolo d.C. fino alla metà del VI e in Alessandria anche alla metà del VII, è universalmente caratterizzato dalla tendenza a rinnovare le concezioni del platonismo e a integrarle poi felicemente con tutto il tesoro di verità che appare ricavabile da ogni altro sistema di filosofia greca e con le molteplici esperienze religiose venutesi accumulando nella cultura ellenica, in modo da costituire con tale sistemazione il fronte unico del pensiero classico per opporlo alla vittoriosa avanzata del pensiero cristiano.

Inteso in questo senso più propriamente storico, il neoplatonismo appare rappresentato da varie correnti, le quali vengono designate in funzione delle loro caratteristiche ideali e delle sedi in cui si svolse la loro attività. In generale si distinguono tre correnti, prevalentemente orientate l'una verso la speculazione metafisica, l'altra verso la religione e la teurgia, e la terza verso l'erudizione.

Alla prima appartiene la più antica e importante scuola neoplatonica, fondata secondo la tradizione da Ammonio Sacca e rappresentata dai suoi scolari Erennio, Longino, e Plotino, maggiore fra tutti , quest'ultimo, e principale elaboratore delle dottrine del sistema neoplatonico, noto a noi soprattutto attraverso le sue "Enneadi". Discepoli di Piotino sono Amelio e Porfirio, appartenenti alla stessa scuola, la quale è d'altronde idealmente continuata dalla scuola di Siria a capo della quale è Giamblico. In questa scuola la tipica articolazione triadica dell'emanatismo plotiniano si complica e si moltiplica, le fìgure della teologia contribuiscono ad accrescere il numero dei gradi della gerarchia cosmica, l'interpretazione delle dottrine platoniche assume così un carattere sistematico che si rivela determinante per l'ulteriore attività dei neoplatonici in questo campo.

Alla seconda grande corrente, soprattutto improntata di spirito religioso e teurgico, del neoplatonismo, appartiene la scuola di Pergamo fondata da Edesio, scolaro di Giamblico. Quell'interesse per la sfera religiosa che dapprima si accompagnava al più generale orientamento per la considerazione metafisica dell'universo, qui diventa predominante: la religiosità assume l'aspetto più completo della teurgia e la preoccupazione di giustificare le credenze religiose tradizionali si traduce in una decisiva e vigorosa difesa del politeismo antico.

la scuola di Alessandria appartiene, stando alle fonti classiche, all’ultima grande corrente del neoplatonismo. Fiorì tra la prima metà del V e la prima metà del VII secolo. La tendenza erudita, che aveva man mano acquistato rilevanza nelle scuole che la precedettero, diventa qui prevalente respingendo in secondo piano la speculazione prettamente metafisica. Il disinteresse per la costruzione della gerarchia emanatistica che era stata concepita nei suoi tre momenti della permanenza in sé, dell'uscita da sé e del ritorno in sé, conduce all'abbandono di quel politeismo classico che in tale gerarchla era stato inquadrato, soprattutto ad opera della scuola siriaca, da qui ne deriva un minore scontro rispetto al cristianesimo e anzi la possibilità di un'influenza reciproca, vista anche la presenza, in Alessandria, della scuola dei catecheti cristiani.

Al venir meno dell'interesse metafìsico corrisponde d'altra parte un'accentuazione della curiosità in stretto senso scientifico, ed è proprio qui che possiamo riconoscere l'attività peculiare di quella Hypatia matematica ed astronoma, oltre che Filosofa, che riesce a provocare una nuova Fioritura delle indagini scientifiche e naturistiche. Hypatia è l'interprete intelligente, versatile e sensibile della scuola alessandrina, il fascino e il magnetismo di questa donna non hanno presa soltanto su Sinesio, il devoto scolaro e amico, o su lerocle che impegna le sue energie nella stesura dell'imponente trattato sulla provvidenza, o su Erennia, Ammonio e Asclepio, che commentano con Hypatia gli scritti platonici ed aristotelici ma sullo stesso Oreste, prefetto d'Alessandria. neppure Hypatia può sapere quanto le sarà fatale questa amicizia con Oreste, che adesso ascolta attento le sue parole.

nelle calde giornate d'Alessandria, ricca di colori e di voci, Hypatia commenta Apollo-nio, Tolomeo e Diofanto, seducendo il cuore e gli animi dei suoi ascoltatori. Ma qual'è dunque la filosofia che diventa viva sulle labbra di Hypatia. che cosa ella va insegnando con rigore ed amore in quei diffìcili e tormentati anni, in Alessandria? Proviamo a farne una sintesi per chiarirci le idee.

La concezione neoplatonica è contraddistinta da un fondamentale sincretismo, ed infatti, pur mirando (specialmente nella fase plotiniana) ad una restaurazione e alla continuazione dell'insegnamento platonico, tende a conciliare e ad integrare questo insegnamento, come già abbiamo accennato, con quello che può trarsi dalle altre principali filosofie dell'antichità, in modo tale che riesce a costruire il primo vero e proprio sistema del pensiero classico. Cosi, nella considerazione dell'Uno come prima ipostasi e sommo principio dell'Universo, rivivono concezioni neopitagoriche risalenti a loro volta a Posidonio e al tardo platonismo e formalmente influenzate dall'eleatismo zenoniano; la sovrapposizione dell'intelletto come seconda ipostasi, all'anima quale terza ipostasi risale da un lato alla concezione psicologica di Artistotele, poi passata anche nel medio platonismo e nella media Stoa, e dall'altro alla teologia aristotelica che attribuisce alla divinità la vonois vonoewc.

La concezione dell'anima quale psiche cosmica e quale tratto d'unione tra il mondo ideale della ipostasi e quello materiale delle realtà empiriche si unisce definitivamente alla concezione platonica dell'anima come realtà intermediaria tra il divino e il terreno. Se si tiene conto poi dell'altra idea che pure caratterizza tipicamente il neoplatonismo e cioè quella della conoscenza soprarazionale ed estatica necessaria per attingere quel primo principio che supera ogni normale facoltà intellettiva, si scorge come il massimo iniziatore della teologia mistica e negativa del neoplatonismo sia Filone d'Alessandria, intento a recare negli schemi della logica greca, quella concezione non ellenica di dio che essa poteva contenere soltanto per via negationis.

Ma torniamo ancora ad Hypatia, mentre ella insegna e studia, Cirillo, nipote del Patriarca Teofilo, sale sul trono episcopale dì Alessandria. Siamo nell'anno 412 d.C. Cirillo subito si distingue per il suo zelo contro i novaziani e i giudei che, causa di frequenti disordini, fa cacciare in una sommossa popolare dalla città. Il prefetto Oreste, non riesce a perdonare a Cirillo questa espulsione e il dissidio tra i due diventa di giorno in giorno più grave.

Nel frattempo la chiesa d'Alessandria, benché non potesse vantare una fondazione apostolica (come quella di Antiochia), aveva acquistato gradatamente una grande autorità dottrinale fino ad ottenere il primato in tutto l'Oriente.

Vari scritti del cristianesimo primitivo, quali l'Epistola agli Ebrei quella attribuita a Barnaba, la Didachè, secondo molti storici proverebbero che in Alessandria c'era una spiccata tendenza della stessa chiesa ufficiale verso lo gnosticismo.

A questo male aveva cercato di porre rimedio la scuola catechetica, ma la difesa non era stata condotta senza far gravi concessioni all'avversario, ammettendo, oltre all'interpretazione allegorica delle scritture, l'esistenza di una gnosi ortodossa, che rendeva perfetto chi la possedeva e l’innalzava al di sopra del semplice fedele.

Cirillo si trova nella difficile situazione di porre un argine alla scuola catechetica che intreccia rapporti sempre più stretti con i rappresentanti neoplatonici alessandrini e la necessità di dettare la formula della retta fede in Oriente, in virtù di quella tradizione dottrinale che gli derivava da Demetrio.

Quale soluzione migliore per liquidare anche la questione con i Catecheti che trovare un capro espiatorio su cui far ricadere la colpa del conflitto tra potere ecclesiastico e potere esecutivo? Chi ha suggerito per primo il nome di Hypatia? Forse lo stesso Cirillo o forse qualcuno che voleva fargli cosa gradita.

È un giorno di fine marzo del 415 d.C. la tiepida aria primaverile invita ad uscire di casa e a passeggiare, godendosi il colore dei mercati, le voci confuse della gente, il sapore della vita che si risveglia al nuovo giorno. Hypatia è per strada e respira quell'aria sottile e magica, pervasa d'incensi e di profumi, quand'ecco la turba inferocita dei fanatici capeggiata dal lettore Pietro che l'assale gridando e la trascina fin dentro una chiesa; forse Hypatia non conosce il motivo di tanto odio, ma la sua voce, la voce dell'intelletto e della ragione, non riesce ad infrangere quella barriera di corpi e di menti ottuse che cercano una giustificazione di sacralità al gesto efferato che stanno per compiere. Tra gli affreschi di angeli e santi di un vestibolo, sotto gli occhi di una statua di Cristo più simile ad Horus che all'Emmanuele, il delitto si consuma. Hypatia è massacrata a colpi di pietra ed il suo corpo, ridotto in pezzi, viene poi bruciato. Distrutta la casa, date alle fiamme le sue opere, dunque ridotta al silenzio eterno, la barbara follia del fanatismo religioso ha cancellato tutto quanto ci parlava di lei, spietatamente sopravvive ai secoli soltanto la cruda cronaca di quell'antico delitto rimasto impunito.

Pina Marcella Varriale


Bibliografia:


Q. Bigoni "Ipazia alessandrina" in Atti Istituto Veneto K. Prachter "Filosofia dei greci"

J. Simon "Histoire de l'école d'Alexandrie"

E. Vacherot "Histoire critique de l'école d'Alexandrie" C. Elsee "neoplatonism in relation to Christiamty"

Largent "Histoire ancienne de l'Eglise"

G. Kruger "Le siège apostolique"

C. Kingsiey "Hypatia" C. Kmgsiey "Hypatia and Sinesium"


Da " Il Teurgo" settembre-ottobre 1985