S'addice alla natura degli Dei
di Wàlter Friedrich Otto
La danza, nel suo arcaico significato culturale, è la verità e al tempo stesso la giustificazione dell'essere stesso del mondo, la più inconfutabile ed eterna di tutte le teodicee. Non insegna nulla, non discute nulla • incede maestosamente, e con questo incedere maestoso porta alla luce il fondamento di ogni cosa: non volontà e potenza, non angoscia e pena, non tutto ciò : che vuole imporsi all'esistenza, ma ciò che è eternamente signore di sé e divino. La danza è la verità di ciò che è, ma, nel modo più immediato, la verità di ciò che vive.
Non appena è interamente se stessa, liberata dai ceppi di ciò che è momentaneo e
da tutto ciò che è dettato dal bisogno e al servizio di uno scopo, la vita viene
afferrata dal ritmo e dall'armonia, dalla matematica divina nelle sue origini,
che. regna nel fondo delle cose, e diviene nuovamente visibile nella perfezione
della figura. Qui gioia e tristezza non sono più tragici contrasti, ma l'una e l'altra sono' unite e illuminate dalla sacralità di ciò che è originariamente essenziale.
Questo è l'attimo in cui l'essere-vivente si affranca dalla quotidianità e
trapassa nei movimenti originari, lenti o veloci, trattenuti o agitati, ma, in
ogni caso, grandiosi e solenni. E ciò significa che si è diventati una cosa sola
con la vita tutta, che non si è più un individuo o una persona, ma l'uomo come
figura originaria, che non si erge più contro mutevoli, illusorie parvenze, ma
al cospetto del tutto del mondo. Ancor più: l'uomo non è più, nella danza, .
semplicemente contro qualcosa, nel dialogo e nella risposta, ma egli è in lui, è
quella figura originaria. L'essere con la sua verità parla a partire da una figura, da un gesto, un movimento.
Se l'arte, come ben sanno coloro che pensano profondamente, ha questo significato fondamentale, la danza è ancor più degna di considerazione ed è la più originaria di tutte le sue forme. L'uomo infatti nella danza non produce qualcosa con una figura tratta dalla materia, ma è egli stesso la risposta, la figura, la verità.
I greci, l'umanità più illuminata, le hanno già apprese e pensate a partire
dalla loro stupefacente vicinanza con gli dei. Pindaro, nel suo ben noto Inno a
Zeus, ha raccontato come. il dio supremo, nel momento in cui portò a compimento
l'ordine del mondo, chiese agli dei, che tacevano per la meraviglia, se mancasse
ancora qualcosa alla perfezione. Gli risposero che qualcosa mancava ancora e che
doveva creare spiriti divini per annunciare e venerare con parole e con suoni
quelle opere superiori e l'intero ordine cosmico.
E ciò significa che il fondamento stesso del mondo doveva prendere coscienza
della sua verità, mercé il miracolo della parola, del suono, del gesto. I nuovi
spiriti che Zeus creò a coronamento dell'intera creazione furono le Muse, che in
ciclo cantano perpetuamente gli inni dell'eterno e sulla terra danno voce alla
verità e alla magnificenza.
Ma il cantare e il parlare sono solo la metà di ciò che è proprio delle Muse. Le
Muse danzano. La loro figura corporea, in gesti e movimenti, è lo specchio, la
risposta, l'automanifestazione del tutto, della sua verità e della sua signoria.
Quanto le parole poetiche e i pensieri sublimi cercano di cogliere, viene
innanzitutto espresso in modo immediato dal corpo in movimento.
E tuttavia il cosmo stesso, l'ordine sublime dei movimenti celesti, è una danza.
Secondo l'intuizione dei più antichi seguaci di Pitagora, i divini corpi
celesti, il sole, la luna, la nostra terra e i pianeti, ruotano intorno al
centro del tutto. Per questo l'uomo li venera, rispondendo loro con la danza,
facendosi, grazie ad essa, simile a loro. Questo è il significato originario
delle danze cultuali greche e di tutti gli antichi popoli religiosi.
Così, volendo dire che le cose in forma sintetica e una volta per tutte, la
danza, nella sua originaria forma cultuale e nel suo significato, che, sempre di
nuovo, nonostante il mutare dei tempi, continuano a vivere, è la risposta
dell'uomo al tutto, alle sue figure e ai suoi movimenti. E questa risposta è
altrettanto vera, quanto quella, per molti versi affine, dei suoni musicali e
delle parole. Infatti è anch'essa un linguaggio, il più antico e il più degno di
venerazione, quello che non tramonterà mai, eternamente apprezzato.
Colpita e animata da questo spirito, Isadora Duncan ha osato liberare la danza
dalle convenzioni sociali e riportarla- dalle luci della ribalta nella libera
natura e sotto il ciclo aperto. [...]. Si potrebbe ora aggiungere con qualche
perplessità: se il significato di tutto ciò è così sublime, se lo scopo è tanto
elevato, come può qualcuno, che non sia un genio, essere tentato di mettersi su
questa via?
La risposta risulta da quanto si è detto. La danza ha il grande vantaggio,
rispetto ad ogni altra disciplina artistica, di lavorare con un materiale, il
corpo umano vivente, che è esso stesso, come già affermavano i greci, un
microcosmo, che, in quanto insegna e
guida chi crea immagini - se questi sa prestare attenzione alla sua innata
genialità -, è, a sua volta, bisognoso di educazione e di formazione, proprio in
ragione della sua innata nobiltà. Così il maestro può imparare dai bambini che
ancora non hanno ricevuto alcuna formazione. E così, diversamente da tutte le
altre arti. nella danza ogni giovane ben consigliato è chiamato a percorrere
questa via, cioè a diventare nel vero senso della parola quel, microcosmo che è
per natura; anche se nessuno può raggiungere la perfezione.
Questa vocazione ha avuto Elisabeth Duncan, e nel suo spirito ha fondato scuole
e le ha guidate per lunghi anni, come luoghi di formazione di umanità nobile e
bella, come scuole instancabilmente tese verso il futuro, cui il suo spirito si
rivolgeva con le parole di Hòlderlin:
"Amati fratelli! la nostra arte presto sarà matura,
giacché simile a un adolescente, a lungo ha fermentato,
presto nella quiete della bellezza;
soltanto siate devoti, come lo furono i Greci!
Amate gli dei e con amicizia pensate ai mortali!
Odiate l'ebrezza al pari del gelo!, Non insegnate, non descrivete!
Se il maestro vi tormenta
chiedete consiglio alla grande Natura".
da conferenza sul significato della danza che Walter Friedrich Otto tenne a
Tubinga il 4 maggio 1949. Era dedicata a Elisabeth Duncan.
fa parte del volume "Fi* losofìa della danza" - il Melangolo.