Wednesday, December 12, 2007

Le Ninfe

le ninfe hanno sempre rappresentato, all'interno delle visioni religiose non-monoteistiche, una possibilita' di contatto con il divino.
le ninfe sono il divino del mondo.
non esiste spazio o luogo in cui non si possa percepire la loro presenza.
anche se fingiamo di averle dimenticate, loro son presenti. esercitano ancora il loro fascino e la lora seduzione.
la recente pubblicazione del libro "la follia che viene dalle ninfe" ha riporato attenzione su di esse, vi invio una recensione del libro.
francesco scanagatta

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http://www.lastampa.it/_settimanali/ttl/estrattore/Tutto_Libri/art6.asp
Roberto Calasso

La follia che viene dalle Ninfe

Adelphi, pp. 132, e7


OSSESSIONE? No, grazie. Da più di un secolo ne abbiamo
un'immagine semplificata e volgarotta, tra il
primitivo e il trash. Pensiamo che sia un fenomeno
estremo, da paesi sottosviluppati, da Sud arretrato.
Ci sfugge completamente l'origine nobile del fenomeno,
quando nei Greci dell'età di Omero rappresentava una
fonte primaria di conoscenza, prima che nascesse la
filosofia, la quale comincia ad occuparsene quando
ormai è in declino. Così ci spiega Roberto Calasso in
questo suo libro di saggi albergati sotto la cifra
araldica delle Ninfe, messaggere di una «divina
follia» che alle origini del percorso umano ha
alimentato il pensiero, la divinazione, il sentire
poetico. Queste Ninfe, ufficiali di collegamento tra
il divino e l'umano, sono esseri di lunga vita ma non
eterni. Si manifestano come acque di sorgente
perennemente mutevoli, mobile tessuto di simulacri, e
sono capaci di tenere in scacco perfino Apollo. Lo
specchio della fonte sacra può assumere le parvenze di
un occhio capace di pre-vedere al di là dei limitati
strumenti della visione umana. Capire di quali
incantamenti siano capaci le Ninfe significa
riconoscere che la nostra vita mentale è abitata da
potenze che sfuggono al controllo razionale, ma
possono avere nomi, forme e profili, e soprattutto
riescono ad arrivare là dove fallisce la nostra
presunzione ordinatrice. Lo spiega Socrate a Fedro:
attraverso un «giusto delirare» si può giungere alla
liberazione dei mali. Per Aristotele i posseduti
possono arrivare all'eudaimonìa, alla felicità; e per
Platone la possessione suprema è quella erotica, la
mania erotiké. Il libro potrebbe anche intitolarsi
«L'occhio assoluto», visto che il mobile gioco di
queste apparizioni cangianti è applicabile, come fa
Calasso, all'arte, al cinema, alla fotografia.
Navigando con elegante maestria e la nonchalance di
chi ha già capito tutto fra ardue etimologie, antichi
inni, opere d'arte del Rinascimento, bibliografie e
classici dello schermo, Calasso tenta a sua volta la
possessione del lettore offrendogli un campionario
imprevedibile di simulacri. Così i capelli
scompigliati delle figure femminili di Botticelli (in
cui Aby Warburg ravvedeva il soffio magico degli
antichi dèi), le allucinazioni collettive del cinema
(il guanto di Rita Hayworth in Gilda, certi capolavori
di Hitchcock come La finestra sul cortile, che si
prestano addirittura ad una lettura vedantica),
l'esattezza infallibile del taglio delle foto di
Chatwin in Patagonia o gli «scatti» mentali di Kafka
che scompone le immagini di un campo di naturisti o il
volto di un'attrice che recita in una sgangherata
compagnia di teatro yiddish. O ancora le passioni di
Canetti per i «presentimenti» di popoli primitivi come
i Boscimani, gli Aranda, i Fuegini. Una parte speciale
ha poi lo scandaloso e letteratissimo Nabokov, il
quale per il tramite della sua Lolita, la «ninfetta»
(neologismo suo) per eccellenza, ci ha rivelato che questi esseri perturbanti, confinati nella storia dell'arte e nel saggismo dei classicisti, possono ricomparire sotto specie di una ragazzina americana con i calzini bianchi. Corre esplicitamente in questi saggi l'invito a sgomberare la mente dalle macerie dei luoghi comuni, delle pigrizie e delle presunzioni intellettuali, delle mode culturalmente corrette.
Occorre piuttosto creare un vuoto dove accogliere immagini, simboli, suoni, emozioni che ci giungono da fuori, dalle provocazioni di John Cage come culture da lontanissime e non autorizzate. Mai come oggi che crede d'aver capito tutto, l'uomo occidentale non sa di aver capito pochissimo, Polifemo insensibile alle vere Ninfe, accecato da se medesimo.