sul di libro di Roberto Calasso intitolato "La follia che viene dalle Ninfe",
adelphi editore,
su tematiche mitologiche calasso aveva scirtto anche
"Le nozze di Cadmo e armonia" ed altri titoli. gli
scritti di calasso sono sempre ricchi di spunti, il
suo interesse per la
mitologia ci porta sempre nuove visioni e prospettive.
la sensibilta' per il mondo traspare anche in questa
sua opera.
sappiamo quanto le ninfe siano il nostro continuo
richiamo alla divinita' del mondo.
quando veniamo "rapiti" dall'incanto del mondo, e' una ninfa che agisce nel nostro animo.
le ninfe sono anche un richiamo estetico alla bellezza del mondo.
"Nella mitologia classica, le Ninfe stavano a metà
tra gli dei e gli uomini, come i demoni, a cui
assomigliavano tanto. Non salivano sull' Olimpo. Non
avevano templi, ma soltanto altari. Non erano
immortali; e Esiodo ci assicura che la loro vita non
superava "la durata di dieci vite di palma". Nelle
loro figure sorridenti e graziose, che coprivano di
danze la superficie del mondo, si raccoglieva tutta la
vita acquatica della natura: loro erano i ruscelli, le
fonti, i fiumi, i torrenti, i laghi, le paludi, le
grotte montane grondanti d'acqua. Attratti dalla loro
grazia, molti uomini entravano nel loro regno, accanto
ai Sileni e ai Satiri. Era un rischio tremendo. Chi
vedeva le ninfe: chi riceveva dalle ninfe il dono
della ispirazione e della chiaroveggenza: chi amava le
ninfe, spesso sprofondava nella follia e perdeva sé
stesso. (Pietro Citati)"
nel libro "la letteratura e gli Dei" l'autore aveva
scritto: "Le Ninfe sono gli araldi di una forma della
conoscenza, forse la più antica, certo la più
rischiosa: la possessione", trovo giusto sottolineare
il termine conoscenza.
i "soliti critici" hanno scritto del libro che
rappresenta " La riscossa del neopaganesimo gnostico
passa attraverso la diffusione capillare e pacata di
idee apparentemente convincenti come queste (...)".
non e' passato molto tempo da quando qualcuno scriveva di un "neopaganesimo bestiale ma elegantemente travestito".
non ho ancora letto il libro, ma che un detratorre
scrive che queste idee sono "apparentemente
convicenti>> ci permette di capire come le ninfe
abbiamo agito anche su questo critico.
le ninfe non chiedono fede, non chiedono rinuncia.
le ninfe non hanno profezie o verita' da ennuciare,
le loro apparenze ci chiedono di osservare il mondo,
non ci vogliono convincere, ma ci ricordano che
tramite le forme del mondo noi possiamo comprendere la
realta'.
la bellezza e' una delle caratteristiche delle ninfe,
la loro forma e l'estetica ci forniscono una via per
il mondo.
rispondendo alla domanda "" "E le immagini che il
cattolicesimo ha prodotto?" ",roberto calasso ha
detto: " "E le immagini che il cattolicesimo ha
prodotto?"" Risposta: " Le immagini che la
cristianità ha sviluppato nel ventesimo secolo non
reggono, quasi senza eccezione, alla prova
estetica.".
per quanto le religioni rivelate abbiamo cercato di
cancellare l'immagine della ninfe, le loro forme sono
sempre riuscite a superare ogni censura: "non hanno
mai cessato di occhieggiare da fontane, caminetti,
soffitti, colonne, balconi, edicole e balaustre
(r.calasso", e questa loro presenza mai potra' essere
cancellata in quanto sono
l'anima del mondo.
francesco scanagatta
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da "la repubblica" del 25 giugno 2005, intervista a
roberto calasso:
"
d. Come fa un'immagine a possederci?
r .È il potere che hanno i simulacri, anche quando
vengono disconosciuti.
d.Platone nella Repubblica li condanna.
r. È vero. Ma in altre opere Platone si riconosce nel
simulacro. Nel Fedro soprattutto, dove sembra quasi
voler chiedere scusa alla mitologia.
d. E lei sta dalla parte della Repubblica o del Fedro?
r. Dalla parte del Fedro. I simulacri sono la via
regale alla conoscenza. Una delle debolezze
fondamentali di tutto quello che accade da qualche
secolo (o millennio?) a questa parte risiede nel
tentativo di arginare, deprezzare, disprezzare le
immagini. Non riconoscendo la potenza che hanno. Oggi
viviamo in un'epoca dove la profusione delle immagini
esterne ostacola e spesso blocca la percezione delle
immagini che ci accompagnano in ogni momento: le
immagini mentali.
d. Lei sostiene che per i greci la possessione fu
innanzitutto una forma primaria della conoscenza. Cosa
intende dire?
r. I greci riconoscevano che la nostra vita mentale è
abitata da potenze che la sovrastano e sfuggono a ogni
controllo.
(...)
"
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da
http://www.giornaledibrescia.it/giornale/2003/12/17/31,CULTURA/T2.html
"Alle Ninfe bisogna accostarsi con cautela, dice
Roberto Calasso: possono anche essere «terribili»,
terribilmente ambigue. E racconta un episodio
mitologico nel quale una Ninfa, all’apparire di un
giovane presso uno stagno, irresistibilmente presa da
lui, gli si avvicina e lo abbraccia per carpirgli un
bacio; ma l’abbraccio è insieme un gesto d’amore e una
spinta per farlo precipitare nello stagno e annegare.
(...)
Calasso prende le mosse da Apollo alla ricerca di un
luogo in cui fondare il suo culto: il primo essere con
cui il dio parla è una Ninfa, e la Ninfa lo inganna.
Telfusa vuole infatti allontanarlo e lo consiglia di
cercare altrove; Apollo va allora a Delfi, ma qui per
insediarsi deve uccidere una draghessa, un pitone che,
secondo l’inno omerico che racconta l’episodio, è un
essere femminile. Apollo si vendica di Telfusa
provocando una frana sul luogo in cui lei vive. Nasce
da questo conflitto con le Ninfe il potere oracolare
di Apollo: il dio vuole deprezzare questi esseri
femminili che appaiono portatori di un sapere a lui
precedente; rivendica a se solo la conoscenza del
pensiero di Zeus. Dunque siamo di fronte alla storia
di un potere che viene spodestato. Ma anche Apollo
mente, perché la capacità oracolare era già prima di
lui (Zeus spartì tra Apollo e Dioniso la sua eredità).
Da questo episodio iniziale, Calasso conduce una lunga
cavalcata tra i miti alla ricerca del segreto delle
Ninfe, della natura della possessione che da esse
promana. Per i Greci la possessione è una forma di
conoscenza primaria. Tra le tante tappe del suo
itinerario Calasso si sofferma in particolare sul
Quattrocento fiorentino interpretato da Aby Warburg.
Il noto studioso, attorno al 1890, avverte in alcune
figure femminili dipinte da Botticelli la presenza di
un’antichità pagana; anche in un affresco del
Ghirlandaio in Santa Maria Novella Warburg trova una
fanciulla fremente come una Ninfa: un essere che ha
attraversato indenne i secoli, una tempesta pagana nei
quieti interni fiorentini. Suggestioni, quelle
suggerite, che aprono ad orizzonti preziosi, (...)"